06/04/2024
Alcuni lavoratori operai turnisti, alle dipendenze di un’azienda del settore delle ceramiche, si sono rivolti al giudice del lavoro chiedendo il pagamento di differenze retributive, poiché l’azienda aveva calcolato in modo errato il valore della paga oraria utilizzato per detrarre dal compenso mensile dovuto le ore di lavoro non prestate e non retribuibili.
Il contratto collettivo, ai fini della quantificazione della retribuzione, prevedeva il criterio della mensilizzazione, stabilendo che per il calcolo della retribuzione oraria si dovesse applicare il divisore 173.
Secondo il contratto collettivo del settore ceramiche, la retribuzione viene determinata con il criterio della mensilizzazione, il quale implica che la retribuzione mensile rimanga invariata, indipendentemente dalle variazioni dell’orario di lavoro nel corso dei mesi. In base a tale criterio, ciascun lavoratore percepisce una retribuzione mensile fissa, definita dalle tabelle contrattuali, a prescindere dal numero di giorni lavorativi effettivi. Tuttavia, la previsione di una retribuzione mensile in misura fissa rende necessario stabilire il valore della retribuzione oraria per l’applicazione di determinati istituti. Per questo motivo, le parti collettive hanno adottato un parametro convenzionale che, nel caso in esame e per lo specifico contratto collettivo, è rappresentato dal divisore 173. La retribuzione oraria si calcola, quindi, dividendo la retribuzione mensilizzata fissa per 173.
Tuttavia, secondo l’azienda, il contratto collettivo prevede l’applicazione del divisore 173 solo per i lavoratori con un orario contrattuale di quaranta ore settimanali, che rappresenta il regime normale di orario di lavoro. Per le tipologie di lavoratori con un orario inferiore (turnisti, lavoratori a doppio turno, ecc.), sarebbe invece necessario riproporzionare il meccanismo di calcolo della retribuzione oraria in funzione del minor numero di ore contrattualmente previste, che per i turnisti come i ricorrenti in causa è pari a 144 ore mensili.
Per comprendere meglio la controversia, secondo l’interpretazione dell’azienda, assumendo una retribuzione mensilizzata di 1.500 euro per un lavoratore con orario mensile di 144 ore, se questi fosse stato assente per 40 ore, per determinare la retribuzione oraria e calcolare l’importo da detrarre, si sarebbe dovuta applicare la formula:
Se invece si fosse applicato il divisore 173, come sostenuto dai lavoratori, la detrazione sarebbe stata inferiore:
L’azienda, dunque, contestava che il calcolo delle trattenute sulle ore di assenza dovesse essere effettuato con il divisore 173, sostenendo che per i turnisti il corretto divisore fosse 144, in proporzione al loro orario ridotto.
La Cassazione, ritenendo infondata la tesi aziendale, ha respinto il ricorso contro la sentenza dei giudici di merito, che avevano riconosciuto il diritto dei lavoratori turnisti all’applicazione del divisore 173. La Corte ha confermato che il contratto collettivo prevede il criterio della mensilizzazione della retribuzione per tutte le categorie di lavoratori, indipendentemente dall’orario settimanale contrattuale. Inoltre, il contratto collettivo stabilisce in modo generale l’applicabilità del divisore 173 per la determinazione della retribuzione oraria, senza distinguere tra le varie categorie in base all’orario contrattuale.
Con questa previsione, le parti collettive hanno scelto di riservare un trattamento più favorevole ai lavoratori turnisti, i quali hanno un orario settimanale inferiore alle 40 ore. Tale scelta, secondo la sentenza impugnata, trova giustificazione nell’esigenza di compensare la maggiore gravosità e penosità del lavoro a turni, che comporta una continua variabilità di orario e un impatto significativo sulla vita del lavoratore. Inoltre, la Corte ha evidenziato come l’organizzazione del lavoro a turni risponda a un preciso interesse dell’azienda, ovvero la massima saturazione nell’utilizzo dei macchinari, in particolare dei forni.
La sentenza ha inoltre rilevato che, per compensare il minor numero di ore lavorate dai turnisti, le parti sociali avevano concordato di integrare l’orario mensile fino a 173 ore, includendo le r.o.l. (riduzioni orario di lavoro) e altri diritti previsti dalla contrattazione collettiva nazionale e aziendale in materia di orario di lavoro.
Infine, la Cassazione ha respinto l’argomento dell’azienda secondo cui la previsione contrattuale sarebbe stata "abnorme", chiarendo che:
“Tale argomento trascura di considerare che le conseguenze di tale pretesa ‘abnormità’ sono direttamente riconducibili alla comune volontà delle parti collettive, le quali hanno evidentemente operato una valutazione complessiva e globale delle caratteristiche della prestazione resa dai lavoratori con orario inferiore alle quaranta ore settimanali e su questa base proceduto alla determinazione del relativo trattamento economico-normativo.”
Cassazione civile, sezione lavoro, sentenza n. 28320, pubblicata il 10 ottobre 2023.