13/02/2023
Tre clienti si presentano in un supermercato e riempiono i loro carrelli di prodotti; arrivati alla cassa, oltrepassano la barriera lasciando i prodotti nei carrelli ed indicando a voce alla cassiera i prodotti che doveva considerare nel calcolare l'importo dovuto.
Le loro indicazioni, anche visivamente, erano omissive perché segnalavano a voce un numero inferiore di prodotti rispetto a quelli realmente caricati sui carrelli. La cassiera ha invitato i clienti a depositare la merce sul nastro trasportatore, come prescritto dal regolamento aziendale, per poter eseguire un controllo diretto. Ma ogni tentativo è stato inutile.
La cassiera, non riuscendo a controllare il comportamento dei tre clienti, ha chiesto l'intervento del responsabile del supermercato e della vigilanza.
L'addetto alla vigilanza ha chiesto l'intervento dei carabinieri che, arrivati sul posto, provvedevano a identificare i clienti malavitosi mentre stavano caricando la merce su un furgone parcheggiato nei pressi del centro commerciale. Dall'esito di questo esame, è emerso che i clienti avevano prelevato merce per un valore complessivo di euro 1672 ma avevano indicato merce per euro 998.
L'azienda ha licenziato la lavoratrice perché le ha contestato di aver operato con negligenza.
Il tribunale ha rigettato il ricorso della cassiera avente ad oggetto l’impugnazione del licenziamento ma la Corte di Appello lo ha pienamente accolto, ordinando la reintegrazione nel posto di lavoro, con il risarcimento del danno subito per insussistenza del fatto di rilevanza disciplinare.
I giudici della Corte d'Appello "hanno ritenuto che la cassiera fosse stata lasciata sola, per un periodo significativo, a fronteggiare tre persone dalla stessa individuate come sospette e che avevano assunto un atteggiamento univocamente intimidatorio, come vi evince dal numero delle persone (tre), dalla pretesa di indicare essi stessi la merce da pagare senza passarla sul nastro trasportatore e di oltrepassare la cassa con carrelli ricolmi di merce, all'evidenza in quantità ben superiore a quella indicata; che la guardia giurata, sebbene richiesta dalla cassiera, non era intervenuta preferendo attendere l'arrivo dei carabinieri; che nessun supporto era stato dato alla cassiera dalla caporeparto, pure interpellata, che l'aveva invitata a continuare da sola e con regolarità il lavoro, ignorandone lo stato di agitazione; che in tale contesto la cassiera non poteva escludere che, ove avesse ordinato ai clienti di posizionare la merce sul nastro, gli stessi non avrebbero reagito mettendo a repentaglio la sua incolumità; che il datore di lavoro, tenuto a proteggere i dipendenti, non poteva pretendere che la cassiera si ponesse da sola in contrasto con quei clienti, quando la stessa caporeparto e la guardia giurata avevano deciso di non intervenire e di attendere i carabinieri, il cui intervento avrebbe consentito, come poi avvenuto, di recuperare la merce non pagata."
Sulla base di questi presupposti, la Corte di Appello ha ritenuto che la condotta contestata alla cassiera dall'azienda, sebbene esistente, non fosse meritevole di alcuna sanzione espulsiva in quanto priva del carattere di illiceità e non rilevante dal punto di vista disciplinare.
L'azienda ha proposto ricorso per Cassazione.
I giudici di Cassazione hanno rigettato il ricorso dell’azienda perché hanno ritenuto che il datore di lavoro, nell'occasione dei fatti descritti, è venuto meno "in quello specifico frangente, all'obbligo di protezione della dipendente rispetto ai comportamenti minacciosi da parte dei tre clienti, o, comunque, così percepiti dalla cassiera secondo un atteggiamento di buona fede (tanto da avere indotto la stessa a chiedere l'intervento della guardia giurata) e come tali idonei ad esporre la stessa a pericolo per la propria incolumità; con la conseguenza che l'inadempimento posto in essere dalla dipendente, non come rifiuto di svolgere la prestazione bensì come esecuzione della stessa in maniera non conforme alle modalità prescritte dalla società (obbligo dei clienti di riporre tutta la merce sul nastro trasportatore), dovesse giudicarsi legittimo e giustificato, nella prospettiva del citato art. 1460 c.c., comma 2".
Questo articolo prevede che non è dovuto l’adempimento contrattuale al soggetto che, a sua volta, non ha provveduto ad adempiere le sue obbligazioni.
Nel caso in esame, l'azienda non ha correttamente adempiuto la previsione dell'articolo 2087 del Codice civile che impone al datore di lavoro " l'apprestamento di adeguati mezzi di tutela dell'integrità fisiopsichica dei lavoratori nei confronti dell'attività criminosa di terzi nei casi in cui la prevedibilità del verificarsi di episodi di aggressione a scopo di lucro sia insita nella tipologia dell'attività esercitata".
Nell'occasione la cassiera si è comportata senza violare i suoi obblighi contrattuali, perché l’azienda non ha idoneamente approntato le misure necessarie di sicurezza a tutela della incolumità fisica della dipendente.
Cassazione civile sez. lav., n.770 depositata il 12/01/2023.
02 febbraio 2023