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Per la Corte di Giustizia, Grande sezione, con l’obbligo di reperibilità il lavoratore ha diritto alla retribuzione

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13/03/2021

Si tratta di orario di lavoro reso a favore dell'azienda

E’ sorta una controversia fra un lavoratore subordinato e la Stadt Offenbach am Main (città di Offenbach sul Meno, Germania), sul diritto alla retribuzione reclamata dal lavoratore per i servizi di pronto intervento in regime di reperibilità che doveva garantire a favore dell’azienda.

Il lavoratore è un funzionario e svolge il suo servizio come vigile del fuoco, con la qualifica di direttore e vicedirigente presso il servizio estinzione incendi e soccorso pubblico di Offenbach am Main. Oltre al proprio tempo di servizio ordinario, egli, in conformità alle disposizioni del servizio estinzione incendi e soccorso pubblico della sua città, deve svolgere regolarmente il servizio di pronto intervento in regime di reperibilità ma senza obbligo di permanenza sul proprio luogo di lavoro.

Durante questo servizio il lavoratore deve essere sempre reperibile e avere preparata e disponibile la tenuta da intervento nonché un automezzo di pronto intervento, messo a disposizione dal datore di lavoro. Egli è tenuto a rispondere alle chiamate che riceve e con le quali viene informato del verificarsi di eventi rispetto ai quali è tenuto ad intervenire e assumere decisioni. Talvolta, egli è costretto a doversi recare sul luogo dell’intervento o alla propria sede di servizio. Quando effettua il pronto intervento in regime di reperibilità, il lavoratore deve scegliere il luogo in cui essere fisicamente presente in modo tale da poter raggiungere, in caso di allerta, il luogo dell’intervento richiesto, vestendo la tenuta da intervento e con l’automezzo aziendale, avvalendosi dei suoi privilegi in deroga al codice della strada e dei diritti di precedenza, entro 20 minuti.

Durante la settimana, questo servizio di reperibilità viene espletato fra le ore 17:00 e le ore 7:00 del giorno seguente. Nel fine settimana, si svolge a partire dalle ore 17:00 del venerdì, fino alle ore 7:00 del lunedì. Una settimana di 42 ore di lavoro può essere seguita dall’espletamento del servizio di reperibilità nel fine settimana. In media, il lavoratore effettua il servizio di reperibilità nel fine settimana dalle 10 alle 15 volte l’anno. Nel periodo dal 1° gennaio 2013 al 31 dicembre 2015, egli ha garantito 126 volte il servizio di reperibilità, e ha dovuto rispondere ad allerte o effettuare un intervento venti volte con una media annua di 6,6 volte.

Il lavoratore ha chiesto il riconoscimento del servizio di reperibilità  come tempo di lavoro con il conseguente diritto di vedersi corrispondere la relativa retribuzione. Il suo datore di lavoro ha respinto questa domanda.

Il lavoratore si è  rivolto al suo giudice tedesco che, a sua volta, si è rivolto alla Corte di Giustizia europea Corte di Giustizia Europea, Grande Sezione, chiedendo una pronuncia che stabilisse se nulla ostava a che, secondo le direttive europee  potessero essere “considerati come orario di lavoro i servizi di pronto intervento in regime di reperibilità, ossia quelli durante i quali il lavoratore, senza essere tenuto a restare in un luogo stabilito dal datore di lavoro, è soggetto a significative limitazioni nella libera scelta del luogo in cui essere presente e nell’organizzazione del proprio tempo libero”.

Ponendo questo quesito, il giudice tedesco del rinvio faceva presente alla Corte europea che la Corte fino a quel momento aveva già considerato che un periodo di guardia può essere assimilato a orario di lavoro solamente se il lavoratore fosse stato obbligato a essere fisicamente presente in un luogo stabilito dal datore di lavoro e a tenersi ivi a disposizione del medesimo per poter immediatamente fornire le opportune prestazioni in caso di bisogno e che i servizi di guardia svolti da un lavoratore presso il proprio domicilio dovevano, anch’essi, essere ritenuti come orario di lavoro, basandosi, da un lato, sull’obbligo per il lavoratore di permanere in un luogo stabilito dal datore di lavoro e, dall’altro, sulla limitazione della facoltà, per suddetto lavoratore, di dedicarsi ai propri interessi personali e sociali derivante dalla necessità di raggiungere il posto di lavoro entro il termine di otto minuti. Il nuovo caso sottoposto all’esame della corte europea è diverso dai precedenti per le sue peculiarità specifiche.

Per il giudice tedesco del rinvio, le precedenti pronunce della Corte di Giustizia non ostano a che siano parimenti considerati come orario di lavoro i servizi di pronto intervento in regime di reperibilità, ossia quelli durante i quali il lavoratore, senza essere tenuto a restare in un luogo stabilito dal datore di lavoro, è soggetto a significative limitazioni nella libera scelta del luogo in cui essere presente e nell’organizzazione del proprio tempo libero.

La  Corte di Giustizia, Grande Sezione, ha dato risposta positiva alla questione sottoposta al suo esame riconoscendo il diritto del lavoratore, con il dispositivo della decisione che riportiamo: “

Dal complesso delle suesposte considerazioni risulta che occorre rispondere alle questioni poste dichiarando che l’articolo 2, punto 1, della direttiva 2003/88 deve essere interpretato nel senso che un servizio di pronto intervento in regime di reperibilità, durante il quale un lavoratore deve poter raggiungere i confini della città ove si trova la sua sede di servizio entro un termine pari a 20 minuti, con la sua tenuta da intervento e il veicolo di servizio messo a disposizione dal datore di lavoro, avvalendosi dei diritti in deroga al codice della strada e dei diritti di precedenza connessi a suddetto veicolo, costituisce, nella sua integralità, «orario di lavoro», ai sensi della menzionata disposizione, soltanto se da una valutazione globale del complesso delle circostanze della fattispecie, in particolare delle conseguenze di un tale termine e, eventualmente, della frequenza media di intervento nel corso del servizio in parola, risulta che i vincoli imposti a detto lavoratore durante il servizio in discussione sono tali da incidere in modo oggettivo e molto significativo sulla facoltà per quest’ultimo di gestire liberamente, nel corso del medesimo servizio, il tempo durante il quale i suoi servizi professionali non sono richiesti e di dedicare detto tempo ai suoi interessi.” Corte di Giustizia, Grande Sezione, sentenza 9 marzo 2021, causa C-344/19.

Questi principi affermati dalla Corte di Giustizia hanno applicazione anche nel nostro ordinamento interno costituendo interpretazione delle direttive europee in materia di lavoro che l’Italia deve recepire e applicare.

 

 

 

 

 

 

 

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