07/03/2021
Con citazione gli eredi, i suoi genitori e i fratelli, convennero dinanzi al Tribunale la compagnia di Assicurazioni chiedendone la condanna in solido al risarcimento dei danni, iure proprio e iure hereditatis, derivati dalla morte del loro congiunto, quasi subito dopo lo scontro tra autovetture. Il Tribunale, attribuita la corresponsabilità dell’incidente mortale in pari misura, condannò gli eredi di quegli e la sua assicurazione a risarcire, in proporzione della loro responsabilità, i danni subiti dagli eredi riconoscendo il danno da morte dei due conducenti deceduti durante il tragitto in ospedale, trasmesso iure haereditatis. lL Corte di appello, nel confermare il pari concorso di responsabilità della condotta nella determinazione del sinistro, ha riformato la sentenza di primo grado escludendo il danno da morte in favore degli eredi dei defunti ovvero un danno biologico per il brevissimo tempo di sopravvivenza di essi. Avverso detta sentenza hanno proposto separati ricorsi gli interessati. La Corte di cassazione chiamata a pronunciarsi ha statuito che “ le Sezioni Unite di questa Corte, con sentenza n. 15350 del 2015, emessa in sede istituzionale di risoluzione di contrasto, dopo aver esaminato tutte le questioni rappresentate in ricorso, hanno affermato il seguente principio di diritto: "In materia di danno non patrimoniale, in caso di morte cagionata da un illecito, il pregiudizio conseguente costituito dalla perdita della vita, bene giuridico autonomo rispetto alla salute, fruibile solo in natura dal titolare e insuscettibile di essere reintegrato per equivalente, sicché, ove il decesso si verifichi immediatamente o dopo brevissimo tempo dalle lesioni personali, deve escludersi la risarcibilità "iure hereditatis" di tale pregiudizio, in ragione - nel primo caso - dell’assenza del soggetto al quale sia collegabile la perdita del bene e nel cui patrimonio possa essere acquisito il relativo credito risarcitorio, ovvero - nel secondo - della mancanza di utilità di uno spazio di vita brevissimo". A questo principio, risalente a costante orientamento di legittimità - ribadito anche nella sentenza a Sezioni Unite del 2008 n. 26972 - non in contrasto con la Costituzione (Corte Costit. n. 372 del 1994), si è conformata la sentenza impugnata, e pertanto il ricorso va rigettato.” Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 16 ottobre 2015 – 23 marzo 2016, n. 5684
La donna nella Grecia classica e dintorni
Da Ippocrate in poi, molte teorie venivano formulate dalla medicina greca a proposito della capacità riproduttiva della donna, ed alcune erano estremamente fantasiose.
Si pensava infatti che l’utero “vagasse” per il corpo femminile se la donna non aveva rapporti e che quindi l’unico rimedio fosse il matrimonio.
Nel frattempo, alcuni medici consigliavano di legare la donna su una scala a testa in giù e scuoterla finché l’utero non fosse ritornato nella sua sede naturale; oppure, se era arrivato al cervello, si cercava di farlo scendere facendo annusare alla malcapitata sostanze maleodoranti. E così via.
La donna nubile era considerata con malevolenza all’interno della famiglia, in cui non aveva un ruolo preciso; solo sposandosi, acquisiva uno status sociale consono.
Anche il pensiero filosofico non era da meno riguardo alla differenza di genere: lo stesso Platone (considerato impropriamente paladino della parità tra maschio e femmina) riteneva che, per la teoria della reincarnazione, se un essere di sesso maschile operava male nella vita si sarebbe ritrovato dopo la morte ingabbiato in un corpo femminile.
Ad Atene, pur essendo il matrimonio monogamico, l’uomo poteva avere ben tre donne: la moglie, che gli assicurava la legittimità dei figli, una concubina ed una etera, che lo accompagnava nei banchetti pubblici ed era in grado di conversare di svariati argomenti. La moglie, anche se non era relegata in casa, non aveva occasione di intessere relazioni sociali, ma era isolata nell’ambito della famiglia, priva di una vera educazione e di possibilità reali di socializzazione.
Anche ai giorni nostri, le donne devono fronteggiare sul lavoro il mobbing e la discriminazione di genere. Non è difficile comprendere perché ciò possa avvenire, considerati anche questi precedenti storici dei nostri antenati scientifici, letterari e filosofici che, pur nella loro cultura, hanno sempre attribuito alla donna un ruolo marginale e di sottomissione.
Nella foto: vaso greco che raffigura la nascita di Bacco dalla coscia di Zeus; aspirazione all'autosufficienza maschile. Opera esposta nel museo nazionale archeologico di Taranto.