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Il datore di lavoro deve versare i contributi previdenziali sulle ferie non godute entro 18 mesi dalla loro maturazione

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28/12/2020

L'obbligo contributivo è autonomo e distinto dal rapporto contrattuale tra lavoratore e datore di lavoro

13 dipendenti non godono le ferie maturate nonostante che siano già decorsi 18 mesi. L'Inps con verbale di ispezione ha chiesto l'immediato pagamento della contribuzione sugli importi dell'indennità sostitutiva delle ferie non godute anche se non ancora pagate . La corte di appello ha accolto il ricorso dell'azienda sostenendo il divieto di monetizzare il loro mancato pagamento se non quando il rapporto di lavoro sia effettivamente cessato. Da questo ne consegue l'inesistenza del relativo obbligo contributivo richiedendosi per la sua esistenza il presupposto di fatto della cessazione del rapporto di lavoro per l'insorgere di questo diritto.
La corte di cassazione è stata di contrario avviso perché nel nostro ordinamento "il rapporto assicurativo e l'obbligo contributivo ad esso connesso sorgono con l'instaurarsi del rapporto di lavoro, ma sono del tutto autonomi e distinti".
Per la cassazione costituisce base contributiva imponibile l'importo corrispondente alla indennità per le ferie non godute nell'ipotesi in cui sia decorso il termine previsto dei 18 mesi dalla loro maturazione a prescindere dalla cessazione del rapporto di lavoro.
Cassazione civile sez. lav., 17/11/2020, (ud. 22/09/2020, dep. 17/11/2020), n.26160.

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La professione di avvocato incide nel campo della libertà, della sicurezza, della giustizia e, in modo più ampio, sulla protezione dello Stato di diritto. Essa si esercita con autonomia e indipendenza, dignità ed onore, segretezza professionale e lealtà, al fine di tutelare i diritti e gli interessi della persona nei confronti tanto dei privati quanto dei pubblici poteri, contribuendo così alla applicazione delle leggi ed alla corretta amministrazione della giustizia. In una società democratica l’Avvocatura rappresenta un baluardo normativo nella difesa dell’interesse pubblico al perseguimento della giustizia. L’avvocato, dunque, non è mero prestatore di servizi, in un’ottica di puro mercato; il suo é un impegno professionale e sociale, perché al di là del singolo caso concreto, che vede protagonisti le parti del processo, vi sono regole e principi generali che compongo l’ordinamento giuridico, sul cui rispetto è fondata la pacifica convivenza di tutti. Come scriveva l’illustre giurista, e Costituente, Piero Calamandrei: “Molte professioni possono farsi col cervello e non col cuore. Ma l’avvocato no. (…) L’avvocato deve essere prima di tutto un cuore: un altruista, uno che sappia comprendere gli altri uomini e farli vivere in sé, assumere i loro dolori e sentire come sue le loro ambasce. L’avvocatura è una professione di comprensione, di dedizione e di caritàPer questo amiamo la toga: per questo vorremmo che, quando il giorno verrà, sulla nostra bara sia posto questo cencio nero: al quale siamo affezionati perché sappiamo che esso ha servito a riasciugare qualche lacrima, a risollevare qualche fronte, a reprimere qualche sopruso: e soprattutto a ravvivare nei cuori umani la fede, senza la quale la vita non merita di essere vissuta, nella vincente giustizia”. L’avvocato è strumento stesso della giustizia, nella misura in cui avvicina chi ha subito un torto al giudice, che è chiamato a fornire il giusto rimedio di legge. Avv. Paolo Gallo