26/12/2020
Durante un'assemblea sindacale scoppia un violento litigio tra un lavoratore e un componente della rsu. Il lavoratore aveva sollevato delle problematiche sulle quali componente della rsu non era d'accordo. Da qui nasce un violento diverbio tra i due durante il quale il lavoratore minaccia di morte il suo interlocutore. L'azienda licenzia il lavoratore per giusta causa. La controversia finisce davanti ai giudici.
Il tribunale, per ricostruire il fatto, provvede a sentire i testimoni e conclude affermando che il lavoratore non aveva seriamente minacciato di morte il rappresentante sindacale perché il suo comportamento era da inquadrare piuttosto nella abitudine del medesimo ad assumere atteggiamenti inurbani con un linguaggio scurrile. Nell'occasione dello scontro tra i due protagonisti non vi era stato nulla di penalmente rilevante. Conseguentemente il tribunale ha dichiarato illegittimo il licenziamento ed ha reintegrato il lavoratore nell'azienda.
La Corte di Cassazione ha definitivamente dato ragione al lavoratore perché il contratto collettivo del settore metalmeccanico prevede, per la tipologia del fatto contestato, la sola applicazione di una sanzione conservativa del posto di lavoro (multa o sospensione dal lavoro fino a 10 giorni). Il fatto materiale contestato sussiste ma il contratto collettivo per quel fatto non prevede il licenziamento ma una sanzione inferiore. Conseguentemente, per la tipologia dell'infrazione commessa, il lavoratore ha diritto alla reintegrazione nel posto di lavoro e non semplicemente al solo risarcimento del danno, senza il ripristino del rapporto contrattuale.
Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza n. 28630/20; depositata il 15 dicembre 2020.
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La professione di avvocato incide nel campo della libertà, della sicurezza, della giustizia e, in modo più ampio, sulla protezione dello Stato di diritto. Essa si esercita con autonomia e indipendenza, dignità ed onore, segretezza professionale e lealtà, al fine di tutelare i diritti e gli interessi della persona nei confronti tanto dei privati quanto dei pubblici poteri, contribuendo così alla applicazione delle leggi ed alla corretta amministrazione della giustizia. In una società democratica l’Avvocatura rappresenta un baluardo normativo nella difesa dell’interesse pubblico al perseguimento della giustizia. L’avvocato, dunque, non è mero prestatore di servizi, in un’ottica di puro mercato; il suo é un impegno professionale e sociale, perché al di là del singolo caso concreto, che vede protagonisti le parti del processo, vi sono regole e principi generali che compongo l’ordinamento giuridico, sul cui rispetto è fondata la pacifica convivenza di tutti. Come scriveva l’illustre giurista, e Costituente, Piero Calamandrei: “Molte professioni possono farsi col cervello e non col cuore. Ma l’avvocato no. (…) L’avvocato deve essere prima di tutto un cuore: un altruista, uno che sappia comprendere gli altri uomini e farli vivere in sé, assumere i loro dolori e sentire come sue le loro ambasce. L’avvocatura è una professione di comprensione, di dedizione e di carità. Per questo amiamo la toga: per questo vorremmo che, quando il giorno verrà, sulla nostra bara sia posto questo cencio nero: al quale siamo affezionati perché sappiamo che esso ha servito a riasciugare qualche lacrima, a risollevare qualche fronte, a reprimere qualche sopruso: e soprattutto a ravvivare nei cuori umani la fede, senza la quale la vita non merita di essere vissuta, nella vincente giustizia”. L’avvocato è strumento stesso della giustizia, nella misura in cui avvicina chi ha subito un torto al giudice, che è chiamato a fornire il giusto rimedio di legge. Avv. Paolo Gallo