16/12/2020
Una cooperativa, accreditata come agenzia del lavoro per l'esercizio dell'attività di intermediazione, ha come oggetto sociale la prestazione di servizi socio-assistenziali. La cooperativa è presente sul territorio nazionale ed ha solo dipendenti con mansioni di carattere amministrativo.
La sua attività è quella di “selezionare lavoratori disponibili a prestare assistenza domiciliare alle famiglie, ponendo come condizione per l’avviamento il possesso di una partita IVA”.
L'Inps esegue un'ispezione presso la cooperativa per delle prestazioni rese dall’01/09/2014 al 31/05/2015; a seguito di questa ispezione ritiene che tra la cooperativa e le operatrici sussista un rapporto di lavoro di natura subordinata, per la prestazione di servizi socio-assistenziali.
I testimoni sentiti dal giudice hanno descritto il meccanismo contrattuale che si svolgeva tra i tre soggetti coinvolti: collaboratrice, famiglia, cooperativa.
La cooperativa raccoglieva la richiesta contrattuale che le perveniva dalla famiglia interessata; dopo aver individuato la potenziale persona che corrispondeva alle caratteristiche soggettive richieste dalla famiglia, la proponeva per il servizio da rendere. La famiglia e la collaboratrice prendevano direttamente ogni accordo accordi per l’inizio e per la gestione del rapporto. “ I pagamenti dei servizi avvenivano a cadenza mensile, la famiglia veniva contattata dagli operatori per avere conferma sulle ore svolte, sulla base delle ore svolte veniva preparato un conteggio e poi veniva messo in pagamento. La fattura era emessa dalla collaboratrice tramite il proprio commercialista e se in fase di colloquio avesse comunicato di non avere commercialista sarebbero state indirizzate ad uno studio esterno alla cooperativa che se ne occupava gratuitamente. Le collaboratrici comunicavano direttamente all’operatore di riferimento della cooperativa se a fine mese si fossero assentante e ciò in fase di conteggio delle competenze. Se c’era necessità di sostituzioni era la famiglia che contattava l’operatore disponibile alla sostituzione. Alla cooperativa non era richiesto alcun permesso perché veniva coinvolta solo nei casi in cui dovesse fornire la copertura del servizio mediante sostituzione oppure per la questione compensi. Il periodo nel quale la collaboratrice si assentava non era riconosciuto ai fini del compenso, non era retribuita anche se dovuto a ferie o a malattia; l'operatrice si poteva assentare e se si assentava si assentava per il tempo che voleva e non era pagata”.
Il tribunale ha accertato che le lavoratrici avviate al lavoro rendevano la loro prestazione presso le famiglie, anche per lunghi periodi godendo generalmente di vitto e alloggio senza la presenza o il controllo di esponenti della Cooperativa sul luogo di lavoro. Le indicazioni della Cooperativa erano di massima quelle specificate nella convenzione relativamente alla puntualità e regolarità della prestazione, alla non sottrazione di oggetti neppure di modico valore e alla non introduzione di persone estranee nell'abitazione del cliente. Si trattava di direttive generali e programmatiche finalizzate a garantire la serietà e professionalità dei collaboratori.
Nel corso della prestazione, i contatti con la Cooperativa avevano ad oggetto la comunicazione delle assenze o le richieste di permesso che, però, venivano previamente comunicate alle famiglie che chiedevano la sostituzione alla cooperativa.
L’accordo sulle mansioni da svolgere, sulle modalità del lavoro e sugli orari era preso direttamente tra le lavoratrici e le singole famiglie, anche se a seguito dell’individuazione delle esigenze generali rappresentate dalle famiglie alla Cooperativa.
Sia la prestazione che la durata della giornata lavorativa erano parametrati alle esigenze della famiglia, con la quale la lavoratrice definiva le modalità concrete di organizzazione del lavoro.
Il tribunale di Milano, sulla base degli elementi di prova acquisiti con l’esame dei testimoni, ha accolto l'opposizione della cooperativa contro il verbale di accertamento dell’Inps "in quanto le risultanze istruttorie, nonché il contenuto degli elementi acquisiti in sede di accesso ispettivo, non consentono di ritenere che l’Inps abbia assolto all’onere, che all’ente previdenziale incombeva, di dimostrare la fondatezza della pretesa impositiva e, nel caso, la natura subordinata rispetto alla Cooperativa della prestazione resa dalle lavoratrici in questione. "
Tribunale di Milano sezione lavoro sentenza n. 1921/2020 pubbl. il 19/11/2020 giudice Dott.ssa Paola Ghinoy
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