16/01/2020
English version Il tribunale di Brescia ha condannato il datore di lavoro al risarcimento dei danni subiti dalla dipendente liquidato in euro 11.329. La dipendente era stata dichiarata inidonea all'insegnamento ed era stata assegnata alla segreteria della scuola; dopo questa assegnazione è sorta tensione con la dirigenza scolastica allorquando la lavoratrice aveva rappresentato che occorreva ulteriore personale per l'espletamento dei servizi amministrativi. A queste richieste il dirigente scolastico aveva reagito sottraendole gli strumenti di lavoro, attribuendole mansioni didattiche, sia pur in compresenza con altri docenti, nonostante l'accertata inidoneità; il dirigente scolastico ha infine privato la lavoratrice di ogni mansione lasciando la totalmente inattiva. Il tribunale ha qualificato la condotta del datore di lavoro non mobbizzante ma caratterizzata da straining ossia da stress forzato deliberatamente inflitto alla vittima dal superiore gerarchico con un obiettivo discriminatorio. Il tribunale all'epoca ha ammesso la consulenza medica che ha concluso la sua indagine riconoscendo che la lavoratrice aveva subito dei danni di natura psico-fisica. Nella causa è stato provato il nesso causale tra la condotta del datore di lavoro ed il danno biologico subito dalla lavoratrice. La corte di appello di Brescia ha confermato la sentenza. Il datore di lavoro ha fatto ricorso in cassazione. La cassazione, però, ha riconfermato la sentenza di condanna affermando che "la nozione medico-legale dello straining anziché quella del mobbing" corrisponde ai canoni di legge perché lo Straining "altro non è se non una forma attenuata di mobbing nella quale non si riscontra il carattere della continuità delle azioni vessatorie". Se queste azioni producono danno all'integrità psicofisica del lavoratore, si giustifica la pretesa risarcitoria fondata sull'articolo 2087 codice civile. La corte di cassazione afferma di aver sempre e costantemente accolto il principio secondo il quale l'articolo 2087 del codice civile deve essere interpretato in modo estensivo "costituzionalmente orientato al rispetto dei beni essenziali e primari quali sono il diritto alla salute, la dignità umana e i diritti inviolabili della persona, tutelati dagli articolo 32, 41 e 2 della costituzione". Le azioni ostili del datore di lavoro; puntualmente allegate e provate nella causa avanti il tribunale, consistenti nella privazione ingiustificata degli strumenti di lavoro e nell'assegnazione di mansioni non compatibili con lo stato di salute ed infine la riduzione in una condizione umiliante di totale inoperosità, giustificano pienamente la condanna al risarcimento dei danni. Cassazione sez. Lavoro ordinanza n. 3977, 2018 depositata il 19 febbraio.