03/01/2020
Un lavoratore ha posto in essere un atto di autotutela astenendosi dal prestare la sua attività lavorativa perché era stato ingiustamente adibito dal datore di lavoro a mansioni inferiori. Il suo rifiuto a prestare l'attività lavorativa dequalificante è avvenuto dopo due mesi dall'adibizione alle mansioni inferiori e dopo che aveva chiesto inutilmente al datore di lavoro di essere adibito alle mansioni precedentemente svolte. Il datore di lavoro ha contestato al lavoratore la sua assenza ingiustificata dal lavoro; al momento della contestazione il lavoratore risultava essere stato assente dal lavoro per oltre quattro giorni consecutivi. Il tribunale e la corte di appello hanno dichiarato la illegittimità del licenziamento perché ingiustificato avendo giudicato il rifiuto a prestare l'attività lavorativa direttamente collegato alla ingiusta dequalificazione professionale perpetrata dall'azienda.
La cassazione, chiamata a pronunciarsi, ha capovolto la decisione dei giudici di merito ed ha dichiarato legittimo il licenziamento. La cassazione ha motivato la sua decisione affermando che "...il lavoratore non può rendersi totalmente inadempiente alla prestazione sospendendo ogni attività lavorativa, ove il datore di lavoro assolva a tutti gli altri propri obblighi (pagamento della retribuzione, copertura previdenziale e assicurativa, assicurazione del posto di lavoro, potendo-una parte-rendersi totalmente inadempiente e invocare l'articolo 1460 codice civile soltanto se totalmente inadempiente l'altra parte. L'adibizione a mansioni corrispondenti alla qualifica rivestita può, infatti, consentire al lavoratore di richiedere giudizialmente la riconduzione della prestazione nell'ambito della qualifica di appartenenza, ma non lo autorizza a rifiutarsi aprioristicamente, e senza eventuale avallo giudiziario che, peraltro, può essergli urgentemente accordato in via cautelare, di eseguire la prestazione lavorativa richiestagli, in quanto egli è tenuto ad osservare le disposizioni per l'esecuzione del lavoro impartite dall'imprenditore ai sensi dell'articolo 2087 e 2104 codice civile, da applicarsi alla stregua del principio sancito dall'articolo 41 della costituzione…"
Per la cassazione l'inadempimento del datore di lavoro non può consistere in una semplice dequalificazione professionale del prestatore d'opera ma occorre qualche cosa di più grave e cioè un inadempimento datoriale molto più complesso e rilevante. Cassazione sezione lavoro, sentenza numero 836/2018, depositata il 16 gennaio.