A- A A+

Il reato è stato commesso al fuori dell’orario di lavoro e dello svolgimento delle mansioni

tag  News  licenziamento  sostanze  stupefacenti  detenzione  di  gli 

03/01/2020

Ma la detenzione di sostanze stupefacenti lede il rapporto di fiducia e giustifica il licenziamento

La Corte di appello di Campobasso confermava la sentenza del Giudice del lavoro del Tribunale di Isernia con cui era stata respinta l'impugnativa del licenziamento senza preavviso intimato da Poste Italiane s.p.a. ad un suo portalettere.

Il portalettere era stato sottoposto ad un procedimento penale per il possesso di sostanze stupefacenti, conclusosi con una sentenza di patteggiamento alla pena di quattro mesi di reclusione ed euro 800,00 di multa, con la concessione dei benefici della sospensione condizionale della pena e della non menzione della condanna nel certificato del casellario giudiziale. La società Poste italiane, all'esito della procedura disciplinare, con la quale  contestava al lavoratore i fatti e lo ha sentito a sua difesa, gli aveva intimato il licenziamento per giusta causa ai sensi dell'art. 54, quarto comma, del CCNL per essere i fatti di gravita tale da ledere irreversibilmente il rapporto di fiducia tra le parti.

La Corte di Appello, nel respingere l'appello proposto dal porta lettere contro la sentenza di primo grado, osservava che il CCNL del settore prevede espressamente l'irrogazione della sanzione disciplinare del licenziamento senza preavviso allorché il lavoratore sia condannato con sentenza passata in giudicato - alla quale è da equiparare, ai fini del procedimento disciplinare, la sentenza di patteggiamento ex art. 444 cod. proc. pen. - per condotta commessa non in connessione con lo svolgimento del rapporto di lavoro, quando i fatti costituenti reato possano comunque assumere rilievo ai fini della lesione del vincolo fiduciario: nel caso di specie, il lavoratore aveva detenuto un ragguardevole quantitativo - circa 60 gr. - di sostante stupefacenti di diverse tipologie, come descritto nella contestazione di addebito, condotta da ritenere "conforme a quella astratta prevista dal reato di cui all'art. 73, del d.p.r. n. 309/90" e per la quale gli era stata applicata la pena di cui alla sentenza di patteggiamento.

La Corte di Appello valutava tale comportamento come contrario agli "essenziali principi del vivere civile", dovendosi pure tenere conto delle mansioni di portalettere espletate dal lavoratore "implicanti diretto contatto con il pubblico", come pure "i negativi risvolti nel ristretto ambiente sociale ove la detta prestazione lavorativa è stata espletata".

La Cassazione, intervenendo nella controversia su ricorso del lavoratore, ha confermato la legittimità del licenziamento. Ha motivato la sua decisione ribadendo, tra l’altro, che “ questa Corte ha già in diverse occasioni affermato che la detenzione, in ambito extralavorativo, di un significativo quantitativo di sostanze stupefacenti è idonea ad integrare la giusta causa di licenziamento, poiché il lavoratore è tenuto non solo a fornire la prestazione richiesta ma anche a non porre in essere, fuori dall'ambito lavorativo, comportamenti tali da ledere gli interessi morali e materiali del datore di lavoro o da comprometterne il rapporto fiduciario”.

Sentenza Cassazione Sez. Lavoro Num. 31531 Data pubblicazione: 03/12/2019. .

 

Comunicazione della cessazione del rapporto di lavoro agli enti amministrativi

Entro 5 giorni dalla data risoluzione del rapporto di lavoro, il datore di lavoro è tenuto ad informare il Centro per l’impiego competente della cessazione del rapporto di lavoro (art. 21, comma 1, Legge n. 264/1949).

 La comunicazione di cessazione deve essere eseguita anche in presenza di un rapporto di lavoro a termine, allorché avvenga in data antecedente alla data di fine rapporto comunicata al momento della sua instaurazione, proroga o trasformazione. Va comunicata inoltre anche la risoluzione posticipata nel caso del contratto a tempo determinato che si prolunghi per prosecuzione di fatto.

 L’omessa comunicazione è punita con una sanzione amministrativa da € 100 a € 500, per ciascun lavoratore interessato (art. 19, comma 3, D.lgs.276/2003). 

ARTICOLO 2119 codice civile. Recesso per giusta causa. Il datore di lavoro o il lavoratore  possono recedere dal contratto prima della scadenza del termine, se il contratto è a tempo determinato, o senza preavviso, se il contratto è a tempo indeterminato, qualora si verifichi una causa che non consenta la prosecuzione, anche provvisoria, del rapporto. Se il contratto è a tempo indeterminato, al prestatore di lavoro che recede per giusta causa compete l'indennità sostituiva del preavviso.

ART. 18 dello statuto dei lavoratori. Tutela del lavoratore in caso di licenziamento disciplinare illegittimo. Il giudice, nelle ipotesi in cui accerta che non ricorrono gli estremi del giustificato motivo soggettivo o della giusta causa addotti dal datore di lavoro, per insussistenza del fatto contestato ovvero perche' il fatto rientra tra le condotte punibili con una sanzione conservativa sulla base delle previsioni dei contratti collettivi ovvero dei codici disciplinari applicabili, annulla il licenziamento e condanna il datore di lavoro alla reintegrazione nel posto di lavoro e al pagamento di un'indennita' risarcitoria commisurata all'ultima retribuzione globale di fatto dal giorno del licenziamento sino a quello dell'effettiva reintegrazione, Il datore di lavoro e' condannato, altresi', al versamento dei contributi previdenziali e assistenziali dal giorno del licenziamento fino a quello della effettiva reintegrazione.

ARTICOLO 2118 codice civile. Recesso dal contratto a tempo indeterminato. Ciascuno dei contraenti può recedere dal contratto di lavoro a tempo indeterminato, dando il preavviso nel termine e nei modi stabiliti, dagli usi o secondo equità.

In mancanza di preavviso, il recedente è tenuto verso l'altra parte a un'indennità equivalente all'importo della retribuzione che sarebbe spettata per il periodo di preavviso.

 

Art. 18 dello statuto dei lavoratori : licenziamento illegittimo ma con il solo diritto ad una indennità risarcitoria, senza reintegrazione nel posto di lavoro. Il giudice, nelle altre  ipotesi (il fatto sussiste ed è stato commesso dal lavoratore) ma in cui accerta che non ricorrono comunque gli estremi del giustificato motivo soggettivo o della giusta causa addotti dal datore di lavoro, dichiara risolto il rapporto di lavoro con effetto dalla data del licenziamento e condanna il datore di lavoro al pagamento di un'indennita' risarcitoria onnicomprensiva determinata tra un minimo di dodici e un massimo di ventiquattro mensilita' dell'ultima retribuzione globale di fatto, in relazione all'anzianita' del lavoratore e tenuto conto del numero dei dipendenti occupati, delle dimensioni dell'attivita' economica, del comportamento e delle condizioni delle parti, con onere di specifica motivazione a tale riguardo.