03/01/2020
Un lavoratore ha prestato la sua attività lavorativa alle dipendenze di più imprenditori che si erano succeduti nel tempo nella titolarità di un contratto di appalto. Cambiava l’impresa appaltatrice che eseguiva i lavori ma il suo rapporto di lavoro continuava con l’impresa che assumeva il nuovo appalto. Nell’ultimo cambio di appalto, però, la nuova impresa appaltatrice subentrante ritiene di doverlo assumere ma apponendo al contratto di lavoro il patto di prova. All’esito della prova che non ritiene superato, l’impresa intimava a quel lavoratore il licenziamento per mancato superamento della prova.
Il lavoratore ha impugnato il licenziamento sostenendo la nullità del patto di prova. il tribunale ha respinto il ricorso assumendo che i precedenti rapporti di lavoro si erano svolti alle dipendenze di soggetti diversi dalla nuova impresa appaltatrice; questa diversità soggettiva, anche se le mansioni sono rimaste le medesime, rende valido il patto di prova. La corte di appello ha condiviso la sentenza del tribunale e ha confermato la decisione. Il lavoratore ha fatto ricorso in cassazione.
La cassazione, però, ha riconfermato la decisione dei giudici di merito con la seguente motivazione.
“Questa corte ha avuto occasione di chiarire che "Nel lavoro subordinato, il patto di prova tutela l'interesse di entrambe le parti a sperimentarne la convenienza, sicchè è illegittimamente stipulato ove la suddetta verifica sia già intervenuta, con esito positivo, per le stesse mansioni e per un congruo lasso di tempo. Ne consegue che la ripetizione c del patto di prova in successivi contratti di lavoro tra le medesime parti è ammissibile solo se, in base all'apprezzamento del giudice di merito, vi sia la necessità per il datore di lavoro di verificare, oltre alle qualità professionali, anche il comportamento e la personalità del lavoratore in relazione all'adempimento della prestazione, trattandosi di elementi suscettibili di modificarsi nel tempo per molteplici fattori, attinenti alle abitudini di vita o a problemi di salute ( Cass. n. 15059/015).
Il principio in questione, se pur riferito ad una fattispecie, quale quella in esame, in cui il patto di prova riguardi una prestazione con mansioni di eguale contenuto resa in successione in favore di differenti datori di lavoro nell'appalto, deve comunque confrontarsi con l'eguale necessità che vi sia la possibilità per il datore di lavoro di verificare, oltre alle qualità professionali, anche il comportamento e la personalità del lavoratore in relazione all'adempimento della prestazione, trattandosi di elementi suscettibili di modificarsi nel tempo per molteplici fattori, attinenti alle abitudini di vita o a problemi di salute ( Cass. n. 15059/015).
In ragione del contemperamento delle diverse esigenze ed interessi sottesi al risultato della prova, risulta quindi coerente la valutazione della Corte territoriale relativa alla legittimità del patto di prova inserito in un contratto di nuova stipulazione che , se pur operante nel contesto dell'appalto, lasci inalterata la necessità di valutazione del permanere degli elementi di qualificazione della prestazione lavorativa ivi compreso il vincolo fiduciario, soprattutto in presenza di differenti datori di lavoro.
In conseguenza di quanto detto deve quindi ritenersi che "il licenziamento intimato nel corso o al termine del periodo di prova, avendo natura discrezionale, non deve essere motivato, neppure in ordine alla valutazione della capacità e del comportamento professionale del lavoratore stesso; incombe, pertanto, sul lavoratore licenziato, che deduca in sede giurisdizionale la nullità di tale recesso, l'onere di provare, secondo la regola generale di cui all'art. 2697 c.c., sia il positivo superamento del periodo di prova, sia che il recesso è stato determinato da motivo illecito e quindi, estraneo alla funzione del patto di prova"( Cass. n.1180/2017).“
Cassazione Ord. Sez. Lavoro Num. 18268 / 2018 pubblicata il 11/07/2018