16/03/2019
La moglie intrattiene una relazione extraconiugale sul luogo di lavoro con un suo collega che l'avrebbe favorita anche avanzando in carriera. Il marito tradito, scoperta la relazione, confessata dalla stessa moglie, ha proposto azione risarcitoria in tribunale contro la moglie infedele e contro la società datore di lavoro. Il marito tradito ha sostenuto che il datore di lavoro avesse l'obbligo di vigilare che i suoi dipendenti non ponessero in essere comportamenti che si configurassero come violazione dei loro doveri di fedeltà coniugale. Questa vigilanza datoriale nell'occasione era mancata. Da questa omissione l'obbligo di risarcimento a favore del marito ignaro.
Il tribunale e la corte di appello hanno rigettato la domanda di risarcimento proposta dal marito tradito.
La cassazione, intervenendo sulla controversia promossa dal marito, ha posto fine alla diatriba e ha affermato che "non è configurabile, in ogni caso, una responsabilità (concorrente con quella del danneggiante principale) della società datrice di lavoro per non aver sorvegliato e evitato che tra i dipendenti si instaurassero relazioni personali lesive del diritto alla fedeltà coniugale; e ciò anche nel più limitato ambito della rilevanza solo indiretta della violazione di tali doveri, qualora la violazione di essi abbia dato causa alla violazione del rispetto alla dignità personale dell’altro coniuge. L’ingerenza del datore di lavoro nelle scelte di vita personali dei dipendenti integrerebbe di per sé, al contrario, la violazione di altri diritti costituzionalmente protetti, quali il diritto alla privacy nel luogo di lavoro."Corte di Cassazione, sez. III Civile, ordinanza n. 6598/19; depositata il 7 marzo.
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La professione di avvocato incide nel campo della libertà, della sicurezza, della giustizia e, in modo più ampio, sulla protezione dello Stato di diritto. Essa si esercita con autonomia e indipendenza, dignità ed onore, segretezza professionale e lealtà, al fine di tutelare i diritti e gli interessi della persona nei confronti tanto dei privati quanto dei pubblici poteri, contribuendo così alla applicazione delle leggi ed alla corretta amministrazione della giustizia. In una società democratica l’Avvocatura rappresenta un baluardo normativo nella difesa dell’interesse pubblico al perseguimento della giustizia. L’avvocato, dunque, non è mero prestatore di servizi, in un’ottica di puro mercato; il suo é un impegno professionale e sociale, perché al di là del singolo caso concreto, che vede protagonisti le parti del processo, vi sono regole e principi generali che compongo l’ordinamento giuridico, sul cui rispetto è fondata la pacifica convivenza di tutti. Come scriveva l’illustre giurista, e Costituente, Piero Calamandrei: “Molte professioni possono farsi col cervello e non col cuore. Ma l’avvocato no. (…) L’avvocato deve essere prima di tutto un cuore: un altruista, uno che sappia comprendere gli altri uomini e farli vivere in sé, assumere i loro dolori e sentire come sue le loro ambasce. L’avvocatura è una professione di comprensione, di dedizione e di carità. Per questo amiamo la toga: per questo vorremmo che, quando il giorno verrà, sulla nostra bara sia posto questo cencio nero: al quale siamo affezionati perché sappiamo che esso ha servito a riasciugare qualche lacrima, a risollevare qualche fronte, a reprimere qualche sopruso: e soprattutto a ravvivare nei cuori umani la fede, senza la quale la vita non merita di essere vissuta, nella vincente giustizia”. L’avvocato è strumento stesso della giustizia, nella misura in cui avvicina chi ha subito un torto al giudice, che è chiamato a fornire il giusto rimedio di legge. Avv. Paolo Gallo