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Chiede il permesso per assistere la suocera ma va in villeggiatura al mare, senza la suocera

Gravissima violazione che legittima il licenziamento immediato

Un lavoratore presta la sua attività lavorativa alle dipendenze della De Vizia Transfer S.p.A; ha chiesto al datore di lavoro di poter usufruire di una giornata di permesso ai sensi della legge n. 104/1992 per assistere la suocera che risiede nella sua stessa abitazione. L'azienda le concede, come per legge, il permesso richiesto ma il lavoratore anziché assistere la suocera, quel giorno si è recato in una località di villeggiatura e di  mare in Calabria, lontano da Pozzuoli suo luogo di residenza. La suocera, quel giorno, si trovava normalmente nella sua abitazione di Pozzuoli e non era pacificamente assistita dal genero.

Questi fatti sono emersi da un accertamento eseguito da un'agenzia investigativa incaricata dal datore di lavoro; l'accertamento era corredato da materiale fotografico e da dichiarazioni testimoniali.

 Il datore di lavoro dopo aver contestato al lavoratore il fatto di rilevanza disciplinare lo ha licenziato immediatamente. Il tribunale, in un primo tempo, ha dichiarato illegittimo il licenziamento ma la corte di appello, riformando quella sentenza, invertendo la valutazione dei fatti, ha dato pienamente ragione al datore di lavoro. Il lavoratore ha fatto ricorso in Cassazione; la Cassazione, però, ha confermato la sentenza sulla legittimità del licenziamento così come statuito dalla corte di appello.

Il lavoratore davanti ai giudici della Cassazione si è lamentato di aver impugnato il licenziamento anche sotto il profilo della proporzione sostenendo che la sanzione del licenziamento era eccessiva poiché si trattava della sua prima violazione. Ma la Cassazione, rispondendo a questa eccezione difensiva, ha affermato che questa circostanza della prima volta era del tutto inconferente "essendo sufficiente ai fini della configurabilità dell'abuso la sola presenza del ricorrente in altro luogo" diverso da quello dove avrebbe dovuto essere. Il vincolo di fiducia è stato prodotto in modo irreversibile. Corte di Cassazione, sez. VI Civile - Lavoro ordinanza n. 2743/19; depositata il 30 gennaio.

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La professione di avvocato incide nel campo della libertà, della sicurezza, della giustizia e, in modo più ampio, sulla protezione dello Stato di diritto. Essa si esercita con autonomia e indipendenza, dignità ed onore, segretezza professionale e lealtà, al fine di tutelare i diritti e gli interessi della persona nei confronti tanto dei privati quanto dei pubblici poteri, contribuendo così alla applicazione delle leggi ed alla corretta amministrazione della giustizia. In una società democratica l’Avvocatura rappresenta un baluardo normativo nella difesa dell’interesse pubblico al perseguimento della giustizia. L’avvocato, dunque, non è mero prestatore di servizi, in un’ottica di puro mercato; il suo é un impegno professionale e sociale, perché al di là del singolo caso concreto, che vede protagonisti le parti del processo, vi sono regole e principi generali che compongo l’ordinamento giuridico, sul cui rispetto è fondata la pacifica convivenza di tutti. Come scriveva l’illustre giurista, e Costituente, Piero Calamandrei: “Molte professioni possono farsi col cervello e non col cuore. Ma l’avvocato no. (…) L’avvocato deve essere prima di tutto un cuore: un altruista, uno che sappia comprendere gli altri uomini e farli vivere in sé, assumere i loro dolori e sentire come sue le loro ambasce. L’avvocatura è una professione di comprensione, di dedizione e di caritàPer questo amiamo la toga: per questo vorremmo che, quando il giorno verrà, sulla nostra bara sia posto questo cencio nero: al quale siamo affezionati perché sappiamo che esso ha servito a riasciugare qualche lacrima, a risollevare qualche fronte, a reprimere qualche sopruso: e soprattutto a ravvivare nei cuori umani la fede, senza la quale la vita non merita di essere vissuta, nella vincente giustizia”. L’avvocato è strumento stesso della giustizia, nella misura in cui avvicina chi ha subito un torto al giudice, che è chiamato a fornire il giusto rimedio di legge. Avv. Paolo Gallo