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Nel calcolo del trattamento di fine rapporto occorre inserire tutti gli importi percepiti durante il rapporto di lavoro

Possono essere esclusi solo i rimborsi spese sostenuti da giustificativi di spesa

La banca Intesa S. Paolo manda un dirigente a prestare la sua attività lavorativa all’estero; in relazione a questo trasferimento gli corrisponde un incremento della retribuzione, che ha lo scopo di adeguare la retribuzione stessa al costo della vita nel paese estero. Nell’occasione al dirigente è corrisposta anche l’indennità di trasferimento prevista dal contratto collettivo. Cessato definitivamente il rapporto di lavoro, è sorta la disputa se queste voci contrattuali dovessero essere utilmente conteggiate nel calcolo del trattamento di fine rapporto. Il tribunale e la Corte di Appello di Milano hanno risposto negativamente. La cassazione, invece, ribaltando la sentenza, ha dato una lettura diversa sia della norma del codice civile che del contratto collettivo che disciplina il rapporto di lavoro. L’interrogativo giuridico al quale bisognava rispondere per dirimere la controversia era quello di stabilire se quelle somme corrisposte al lavoratore avessero natura di retribuzione ovvero di rimborso spese. Nel caso in cui avessero natura di retribuzione dovevano essere conteggiate utilmente nel calcolo del trattamento di fine rapporto, in caso negativo, trattandosi di rimborso spese, quelle somme non dovevano avere incidenza sull’istituto.

Per la cassazione al fine di identificare se i due istituti in discussione abbiano o meno natura di retribuzione occorre indirizzare l’analisi su alcuni caratteri sintomatici che caratterizzano la retribuzione. Questi caratteri sintomatici per attribuire la natura di retribuzione sono stati così Individuati dalla cassazione: “a) la continuità, periodicità ed obbligatorietà della somma corrisposta o del beneficio riconosciuto, b) l’assenza di giustificativi di spesa, c) la natura compensativa del disagio o della penosità della prestazione resa, d) il rapporto di necessaria funzionalità con la prestazione lavorativa, e) la funzione di salvaguardia del livello retributivo e di adeguamento ai maggiori oneri derivanti dal nuovo ambiente di lavoro, assumendo significato, quale ulteriore indice sintomatico della natura retributiva, il prelievo contributivo effettuato, la cui mancanza non può, tuttavia, deporre nel senso della connotazione quale esborso della indennità riconosciuta e della esclusione della natura retributiva”.

Per la cassazione, la corte di appello di Milano con la sua pronuncia ha errato perchè non ha adottato nella sua indagine e conseguente decisione gli indici sopra individuati. Occorre, adesso, che quella sentenza sia rimeditata e pronunciata secondo questi principi. Cassazione sezione lavoro sentenza numero 24.594 del 5 ottobre 2018.

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