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Una lavoratrice canadese licenziata perché si rifiuta di portare il reggiseno.

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05/09/2018

Può un datore di lavoro imporre alle sue dipendenti di presentarsi al lavoro con il reggiseno?

Può un datore di lavoro imporre alle sue dipendenti di presentarsi al lavoro con il reggiseno? Questa è la questione alla quale deve rispondere il Tribunale dei diritti della persona del Canada. Il giudice è stato adito da una lavoratrice di 25 anni che afferma di essere stata licenziata dal suo posto di lavoro come cameriera di un club di golf per non aver rispettato le norme sul vestiario. Il suo datore di Lavoro le contesta di aver rifiutato di andare a lavorare indossando il reggiseno. Assunta nel mese di maggio, la cameriera riceve le disposizioni aziendali sulla vestizione che prescrive che “Le donne devono portare sia una canottiera sia un reggipetto sotto la loro camicia da lavoro“. Trovando il reggipetto poco confortevole la cameriera, ormai era da due anni che non lo portava, ha rifiutato. Il direttore del golf le ha spiegato che questa regola era dovuta alla necessità di proteggere le donne sul luogo di lavoro perché si trovavano a contatto con clienti avvezzi a fare consumo di alcool. Ma la cameriera rifiuta ugualmente di osservare la disposizione. La lavoratrice è stata licenziata ma impugna Il licenziamento affermando che quella disposizione aziendale è basata sul genere e che si tratta di una violazione di diritti umani. “Ho le mammelle, come tutti gli uomini“. In Canada già nel 2016 il Tribunale dei diritti della persona ha affermato che le disposizioni che obbligano le donne a portare sul luogo di lavoro gonne corte e scarpe con tacchi a spillo erano illegali.

 

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La professione di avvocato incide nel campo della libertà, della sicurezza, della giustizia e, in modo più ampio, sulla protezione dello Stato di diritto. Essa si esercita con autonomia e indipendenza, dignità ed onore, segretezza professionale e lealtà, al fine di tutelare i diritti e gli interessi della persona nei confronti tanto dei privati quanto dei pubblici poteri, contribuendo così alla applicazione delle leggi ed alla corretta amministrazione della giustizia. In una società democratica l’Avvocatura rappresenta un baluardo normativo nella difesa dell’interesse pubblico al perseguimento della giustizia. L’avvocato, dunque, non è mero prestatore di servizi, in un’ottica di puro mercato; il suo é un impegno professionale e sociale, perché al di là del singolo caso concreto, che vede protagonisti le parti del processo, vi sono regole e principi generali che compongo l’ordinamento giuridico, sul cui rispetto è fondata la pacifica convivenza di tutti. Come scriveva l’illustre giurista, e Costituente, Piero Calamandrei: “Molte professioni possono farsi col cervello e non col cuore. Ma l’avvocato no. (…) L’avvocato deve essere prima di tutto un cuore: un altruista, uno che sappia comprendere gli altri uomini e farli vivere in sé, assumere i loro dolori e sentire come sue le loro ambasce. L’avvocatura è una professione di comprensione, di dedizione e di caritàPer questo amiamo la toga: per questo vorremmo che, quando il giorno verrà, sulla nostra bara sia posto questo cencio nero: al quale siamo affezionati perché sappiamo che esso ha servito a riasciugare qualche lacrima, a risollevare qualche fronte, a reprimere qualche sopruso: e soprattutto a ravvivare nei cuori umani la fede, senza la quale la vita non merita di essere vissuta, nella vincente giustizia”. L’avvocato è strumento stesso della giustizia, nella misura in cui avvicina chi ha subito un torto al giudice, che è chiamato a fornire il giusto rimedio di legge. Avv. Paolo Gallo