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litigare in pubblico può costare il licenziamento

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18/05/2018

Cassazione, sez. Lavoro, ordinanza n. 12102/18; depositata il 17 maggio

La casa di cura RERIF s.r.l ha intimato il licenziamento disciplinare ad un medico che si era reso autore di un fatto di inadempienza che i giudici hanno così definitivamente ricostruito: "alla presenza di dipendenti della casa di cura nonché di utenti e loro familiari presenti negli uffici per il disbrigo di pratiche amministrative" il Di Pa. gridò nel corridoio degli uffici amministrativi quindi, spalancata la porta della Direzione, aggredito verbalmente il titolare che era a colloquio con altre persone, proferiva le seguenti parole: "ma tu non hai un c.o da fare. . . cresci una buona volta"; quindi di essere uscito da quella stanza sbattendo la porta e di essere rientrato nell'ufficio amministrativo ove erano ancora presenti gli utenti e le impiegate D’Ad., Mo. e Ma. - e di essersi rivolto all'addetta al personale dicendo con aria minacciosa "vi denuncio tutti alla Procura della Repubblica". Il tribunale ha ritenuto legittimo il licenziamento mentre la corte di appello lo ha dichiarato illegittimo ordinando la reintegrazione nel posto di lavoro, con il risarcimento del danno, riconoscendo al medico lavoratore una tutela piena. La cassazione, chiamata a pronunciarsi ha ritenuto errata la pronuncia della corte d'appello rilevando che il comportamento del medico " non può certamente ritenersi privo del carattere di antigiuridicità" perché quel "comportamento risulta indubbiamente esistente e per di più avvenuto in presenza del personale dell'azienda e degli utenti di essa, nei confronti del dirigente e del personale dell'azienda, e dunque, teoricamente, di particolare gravità." La causa è stata rinviata ad altra corte di appello perché riesamini il caso e lo adegui alle previsioni di legge e del contratto collettivo, secondo i principi giuridici così come ricostruiti dalla corte stessa. Corte di Cassazione, sez. Lavoro, ordinanza n. 12102/18; depositata il 17 maggio.

Comunicazione della cessazione del rapporto di lavoro agli enti amministrativi

Entro 5 giorni dalla data risoluzione del rapporto di lavoro, il datore di lavoro è tenuto ad informare il Centro per l’impiego competente della cessazione del rapporto di lavoro (art. 21, comma 1, Legge n. 264/1949).

 La comunicazione di cessazione deve essere eseguita anche in presenza di un rapporto di lavoro a termine, allorché avvenga in data antecedente alla data di fine rapporto comunicata al momento della sua instaurazione, proroga o trasformazione. Va comunicata inoltre anche la risoluzione posticipata nel caso del contratto a tempo determinato che si prolunghi per prosecuzione di fatto.

 L’omessa comunicazione è punita con una sanzione amministrativa da € 100 a € 500, per ciascun lavoratore interessato (art. 19, comma 3, D.lgs.276/2003). 

ARTICOLO 2119 codice civile. Recesso per giusta causa. Il datore di lavoro o il lavoratore  possono recedere dal contratto prima della scadenza del termine, se il contratto è a tempo determinato, o senza preavviso, se il contratto è a tempo indeterminato, qualora si verifichi una causa che non consenta la prosecuzione, anche provvisoria, del rapporto. Se il contratto è a tempo indeterminato, al prestatore di lavoro che recede per giusta causa compete l'indennità sostituiva del preavviso.

ART. 18 dello statuto dei lavoratori. Tutela del lavoratore in caso di licenziamento disciplinare illegittimo. Il giudice, nelle ipotesi in cui accerta che non ricorrono gli estremi del giustificato motivo soggettivo o della giusta causa addotti dal datore di lavoro, per insussistenza del fatto contestato ovvero perche' il fatto rientra tra le condotte punibili con una sanzione conservativa sulla base delle previsioni dei contratti collettivi ovvero dei codici disciplinari applicabili, annulla il licenziamento e condanna il datore di lavoro alla reintegrazione nel posto di lavoro e al pagamento di un'indennita' risarcitoria commisurata all'ultima retribuzione globale di fatto dal giorno del licenziamento sino a quello dell'effettiva reintegrazione, Il datore di lavoro e' condannato, altresi', al versamento dei contributi previdenziali e assistenziali dal giorno del licenziamento fino a quello della effettiva reintegrazione.

ARTICOLO 2118 codice civile. Recesso dal contratto a tempo indeterminato. Ciascuno dei contraenti può recedere dal contratto di lavoro a tempo indeterminato, dando il preavviso nel termine e nei modi stabiliti, dagli usi o secondo equità.

In mancanza di preavviso, il recedente è tenuto verso l'altra parte a un'indennità equivalente all'importo della retribuzione che sarebbe spettata per il periodo di preavviso.

 

Art. 18 dello statuto dei lavoratori : licenziamento illegittimo ma con il solo diritto ad una indennità risarcitoria, senza reintegrazione nel posto di lavoro. Il giudice, nelle altre  ipotesi (il fatto sussiste ed è stato commesso dal lavoratore) ma in cui accerta che non ricorrono comunque gli estremi del giustificato motivo soggettivo o della giusta causa addotti dal datore di lavoro, dichiara risolto il rapporto di lavoro con effetto dalla data del licenziamento e condanna il datore di lavoro al pagamento di un'indennita' risarcitoria onnicomprensiva determinata tra un minimo di dodici e un massimo di ventiquattro mensilita' dell'ultima retribuzione globale di fatto, in relazione all'anzianita' del lavoratore e tenuto conto del numero dei dipendenti occupati, delle dimensioni dell'attivita' economica, del comportamento e delle condizioni delle parti, con onere di specifica motivazione a tale riguardo.