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Se le mansioni sono semplici o di elevato contenuto, l’indagine va sui criteri accessori

Cassazione ordinanza sezione lavoro n. 7587 pubblicata il 27 marzo 2018

Il Tribunale, prima, e la Corte di Appello ,dopo, hanno dichiarato la nullità del contratto di somministrazione accertando la sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato direttamente in capo alla società, con condanna della società utilizzatrice alla assunzione del lavoratore e al risarcimento del danno. Il contratto di somministrazione di manodopera è stato dichiarato nullo perché in precedenza il rapporto di lavoro, senza soluzione di continuità, era già in capo alla società che poi nel contratto di somministrazione sarebbe diventata la società utilizzatrice.

Tra le parti si discuteva sulla qualificazione del rapporto di lavoro nel periodo antecedente al contratto di somministrazione. Con riferimento a questo periodo, per affermare la natura subordinata della prestazione, la Cassazione ha affermato che “ nel caso in cui la prestazione dedotta in contratto sia estremamente elementare, ripetitiva e predeterminata nelle sue modalità di esecuzione, oppure, all'opposto, nel caso di prestazioni lavorative dotate di notevole elevatezza e di contenuto intellettuale e creativo, al fine della distinzione tra rapporto di lavoro autonomo e subordinato, il criterio rappresentato dall'assoggettamento del prestatore all'esercizio del potere direttivo, organizzativo e disciplinare può non risultare, in quel particolare contesto, significativo per la qualificazione del rapporto di lavoro, ed occorre allora far ricorso a criteri distintivi sussidiari, quali la continuità e la durata del rapporto, le modalità di erogazione del compenso, la regolamentazione dell'orario di lavoro, la presenza di una pur minima organizzazione imprenditoriale e la sussistenza di un effettivo potere di autoorganizzazione in capo al prestatore (vedi Cass. 21/1/2009 n.1536, Cass. 15/6/2009 n.13858, Cass.16/8/2013 n.19568). “

Cassazione ordinanza sezione lavoro n. 7587 pubblicata il 27 marzo 2018

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La professione di avvocato incide nel campo della libertà, della sicurezza, della giustizia e, in modo più ampio, sulla protezione dello Stato di diritto. Essa si esercita con autonomia e indipendenza, dignità ed onore, segretezza professionale e lealtà, al fine di tutelare i diritti e gli interessi della persona nei confronti tanto dei privati quanto dei pubblici poteri, contribuendo così alla applicazione delle leggi ed alla corretta amministrazione della giustizia. In una società democratica l’Avvocatura rappresenta un baluardo normativo nella difesa dell’interesse pubblico al perseguimento della giustizia. L’avvocato, dunque, non è mero prestatore di servizi, in un’ottica di puro mercato; il suo é un impegno professionale e sociale, perché al di là del singolo caso concreto, che vede protagonisti le parti del processo, vi sono regole e principi generali che compongo l’ordinamento giuridico, sul cui rispetto è fondata la pacifica convivenza di tutti. Come scriveva l’illustre giurista, e Costituente, Piero Calamandrei: “Molte professioni possono farsi col cervello e non col cuore. Ma l’avvocato no. (…) L’avvocato deve essere prima di tutto un cuore: un altruista, uno che sappia comprendere gli altri uomini e farli vivere in sé, assumere i loro dolori e sentire come sue le loro ambasce. L’avvocatura è una professione di comprensione, di dedizione e di caritàPer questo amiamo la toga: per questo vorremmo che, quando il giorno verrà, sulla nostra bara sia posto questo cencio nero: al quale siamo affezionati perché sappiamo che esso ha servito a riasciugare qualche lacrima, a risollevare qualche fronte, a reprimere qualche sopruso: e soprattutto a ravvivare nei cuori umani la fede, senza la quale la vita non merita di essere vissuta, nella vincente giustizia”. L’avvocato è strumento stesso della giustizia, nella misura in cui avvicina chi ha subito un torto al giudice, che è chiamato a fornire il giusto rimedio di legge. Avv. Paolo Gallo