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La dequalificazione giustifica le dimissioni per giusta causa

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12/01/2019

assolutamente ininfluente la circostanza che il lavoratore abbia trovato altra e immediata utile occupazione

Un lavoratore era adibito a mansioni di responsabile vendite in due regioni; nello svolgimento di queste mansioni, egli aveva il coordinamento e la direzione del personale addetto alle vendite, effettuava le nuove assunzioni, disponeva i piani ferie, programmava gli orari di apertura e chiusura dei punti vendita, realizzava congressi con i venditori e il personale dei punti vendita. Dopo un periodo di inoperosità per volontà aziendale, il lavoratore è stato adibito a mansioni di semplice venditore consistenti nel "prendere appuntamenti con gli addetti agli acquisti di società o enti per tenere pubbliche relazioni, oppure per sollecitare le vendite nell'ambito di un accordo quadro con prezzi già prestabiliti".
A fronte di questo mutamento delle mansioni, il lavoratore ha presentato immediatamente le dimissioni per giusta causa. I giudici di merito hanno riconosciuto la correttezza delle dimissioni per giusta causa attribuendo al lavoratore il diritto al pagamento dell'indennità sostitutiva del preavviso e dell'indennità supplementare di risarcimento, trattandosi di un dirigente.
L'azienda ha fatto ricorso in Cassazione, lamentando tra l'altro, la erroneità della decisione per non essere stata considerata la circostanza che il lavoratore fosse stato assunto, solo dopo una settimana, da un'altra azienda trovando valida occupazione
La Cassazione ha confermato definitivamente la decisione dei primi giudici ritenendo del tutto ininfluente, sui diritti riconosciuti dalla sentenza al lavoratore dimissionario, la circostanza che egli avesse trovato tempestivamente altra e idonea occupazione.
Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza n. 175/19; depositata l’8 gennaio.

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Lo studio è ubicato nel centro storico di Milano, di fronte alla Rotonda della Besana, ed è adiacente al palazzo di giustizia.
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L'AVVOCATURA STRUMENTO DEI DIRITTI E DELLA LIBERTA' 

La professione di avvocato incide nel campo della libertà, della sicurezza, della giustizia e, in modo più ampio, sulla protezione dello Stato di diritto. Essa si esercita con autonomia e indipendenza, dignità ed onore, segretezza professionale e lealtà, al fine di tutelare i diritti e gli interessi della persona nei confronti tanto dei privati quanto dei pubblici poteri, contribuendo così alla applicazione delle leggi ed alla corretta amministrazione della giustizia. In una società democratica l’Avvocatura rappresenta un baluardo normativo nella difesa dell’interesse pubblico al perseguimento della giustizia. L’avvocato, dunque, non è mero prestatore di servizi, in un’ottica di puro mercato; il suo é un impegno professionale e sociale, perché al di là del singolo caso concreto, che vede protagonisti le parti del processo, vi sono regole e principi generali che compongo l’ordinamento giuridico, sul cui rispetto è fondata la pacifica convivenza di tutti. Come scriveva l’illustre giurista, e Costituente, Piero Calamandrei: “Molte professioni possono farsi col cervello e non col cuore. Ma l’avvocato no. (…) L’avvocato deve essere prima di tutto un cuore: un altruista, uno che sappia comprendere gli altri uomini e farli vivere in sé, assumere i loro dolori e sentire come sue le loro ambasce. L’avvocatura è una professione di comprensione, di dedizione e di caritàPer questo amiamo la toga: per questo vorremmo che, quando il giorno verrà, sulla nostra bara sia posto questo cencio nero: al quale siamo affezionati perché sappiamo che esso ha servito a riasciugare qualche lacrima, a risollevare qualche fronte, a reprimere qualche sopruso: e soprattutto a ravvivare nei cuori umani la fede, senza la quale la vita non merita di essere vissuta, nella vincente giustizia”. L’avvocato è strumento stesso della giustizia, nella misura in cui avvicina chi ha subito un torto al giudice, che è chiamato a fornire il giusto rimedio di legge. Avv. Paolo Gallo