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Lo straining (stress forzato) forma attenuata di mobbing: fonte di responsabilità risarcitoria contro il datore di lavoro

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27/02/2018

Cassazione sez. Lavoro ordinanza n. 3977, 2018

English version  Il tribunale di Brescia ha condannato il  datore di lavoro al risarcimento dei danni subiti dalla dipendente liquidato in euro 11.329. La dipendente era stata dichiarata inidonea all'insegnamento ed era stata assegnata alla segreteria della scuola; dopo questa assegnazione è sorta tensione con la dirigenza scolastica allorquando la lavoratrice aveva rappresentato che occorreva ulteriore personale per l'espletamento dei servizi amministrativi. A queste richieste il dirigente scolastico aveva reagito sottraendole gli strumenti di lavoro, attribuendole mansioni didattiche, sia pur in compresenza con altri docenti, nonostante l'accertata inidoneità; il dirigente scolastico ha infine privato la lavoratrice di ogni mansione lasciando la totalmente inattiva. Il tribunale ha qualificato la condotta del datore di lavoro non mobbizzante ma caratterizzata da straining ossia da stress forzato deliberatamente inflitto alla vittima dal superiore gerarchico con un obiettivo discriminatorio. Il tribunale all'epoca ha ammesso la consulenza medica che ha concluso la sua indagine riconoscendo che la lavoratrice aveva subito dei danni di natura psico-fisica. Nella causa è stato provato il nesso causale tra la condotta del datore di lavoro ed il danno biologico subito dalla lavoratrice. La corte di appello di Brescia ha confermato la sentenza. Il datore di lavoro ha fatto ricorso in cassazione. La cassazione, però, ha riconfermato la sentenza di condanna affermando che "la nozione medico-legale dello straining anziché quella del mobbing" corrisponde ai canoni di legge perché lo Straining "altro non è se non una forma attenuata di mobbing nella quale non si riscontra il carattere della continuità delle azioni vessatorie". Se queste azioni producono danno all'integrità psicofisica del lavoratore, si giustifica la pretesa risarcitoria fondata sull'articolo 2087 codice civile. La corte di cassazione afferma di aver sempre e costantemente accolto il principio secondo il quale l'articolo 2087 del codice civile deve essere interpretato in modo estensivo "costituzionalmente orientato al rispetto dei beni essenziali e primari quali sono il diritto alla salute, la dignità umana e i diritti inviolabili della persona, tutelati dagli articolo 32, 41 e 2 della costituzione". Le azioni ostili del datore di lavoro; puntualmente allegate e provate nella causa avanti il tribunale, consistenti nella privazione ingiustificata degli strumenti di lavoro e nell'assegnazione di mansioni non compatibili con lo stato di salute ed infine la riduzione in una condizione umiliante di totale inoperosità, giustificano pienamente la condanna al risarcimento dei danni. Cassazione sez. Lavoro ordinanza n. 3977, 2018  depositata il 19 febbraio.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

La donna nella Grecia classica e dintorni

Da Ippocrate in poi, molte teorie venivano formulate dalla medicina greca a proposito della capacità riproduttiva della donna, ed alcune erano estremamente fantasiose.

Si pensava infatti che l’utero “vagasse” per il corpo femminile se la donna non aveva rapporti e che quindi l’unico rimedio fosse il matrimonio. 

Nel frattempo, alcuni medici consigliavano di legare la donna su una scala a testa in giù e scuoterla finché l’utero non fosse ritornato nella sua sede naturale; oppure, se era arrivato al cervello, si cercava di farlo scendere facendo annusare alla malcapitata sostanze maleodoranti.  E così via.

La donna nubile era considerata con malevolenza all’interno della famiglia, in cui non aveva un ruolo preciso; solo sposandosi, acquisiva uno status sociale consono.

 Anche il pensiero filosofico non era da meno riguardo alla differenza di genere: lo stesso Platone (considerato impropriamente paladino della parità tra maschio e femmina) riteneva che, per la teoria della reincarnazione, se un essere di sesso maschile operava male nella vita si sarebbe ritrovato dopo la morte ingabbiato in un corpo femminile. 

 Ad Atene, pur essendo il matrimonio monogamico, l’uomo poteva avere ben tre donne: la moglie, che gli assicurava la legittimità dei figli, una concubina ed una etera, che lo accompagnava nei banchetti pubblici ed era in grado di conversare di svariati argomenti.  La moglie, anche se non era relegata in casa, non aveva occasione di intessere relazioni sociali, ma era isolata nell’ambito della famiglia, priva di una vera educazione e di possibilità reali di socializzazione.

Anche ai giorni nostri, le donne devono fronteggiare sul lavoro il mobbing e la discriminazione di genere. Non è difficile comprendere perché ciò possa avvenire, considerati anche questi precedenti storici dei nostri antenati scientifici, letterari e filosofici che, pur nella loro cultura, hanno sempre attribuito alla donna un ruolo marginale e di sottomissione.

 

Nella foto: vaso greco che raffigura la nascita di Bacco dalla coscia di Zeus; aspirazione all'autosufficienza maschile. Opera esposta nel museo nazionale archeologico di Taranto.