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Il pedinamento del lavoratore non può essere troppo invasivo

Lo dice il tribunale di Milano, giudice dott. Locati

Il fatto:

un lavoratore è assente dal lavoro per malattia; il  datore di lavoro dubitando della genuinità della malattia e avuto sentore che svolgesse attività concorrenziale, ha chiesto ad  un'agenzia di investigazione di effettuare delle indagini sulla vita del lavoratore nei giorni di assenza. L'accertamento investigativo è stato effettuato per un mese intero, seguendo il lavoratore dalla mattina alla sera. Dalle attività investigative è emerso che il lavoratore era andato ad abitare presso la madre che gestiva un bend end breakfast, era stato visto comprare del pane, un semplice sacchetto di pane e non rifornimenti per un ristorante, aiutare la mamma anziana a caricare la macchina, occuparsi di una doccia malfunzionante, prendere dei soldi di clienti in partenza. All'esito di questo accertamneto  il  lavoratore è stato licenziato per giusta causa; il lavoratore ha impugnato il licenziamento ed il giudice ne ha ordinato la reintegrazione nel posto di lavoro. L'assenza per malattia non era dovuta a problemi fisici ma di sofferenza psichica.

 Il tribunale di Milano nella persona del giudice Locati, in questa sentenza, esaminando le prove raccolte attraverso le attività investigative del datore di lavoro, ha affermato il diritto, in astratto, del datore di lavoro di poter far ricorso a questro strumento di indagine ma con dei paletti che ne devono limitare l'arbitrarietà assoluta.

Il tribunale ha rilevato  che il  controllo sul lavoratore, operato dalle agenzie investigative, nel caso sottoposto al suo esame, era avvenuto  sulla vita intera, a 360°, del lavoratore con la registrazione di attività personalissime che  qualsiasi persona ha il diritto di tenere riservati, escludendovi anche il datore di lavoro. Il datore di lavoro con il pedinamento del lavoratore fuori dall'azienda, viene "potenzialmente a conoscenza non solo di attività politiche, sindacali, religiose (espressamente vietate dalla norma) ma anche di quelle relative agli orientamenti sessuali o più in generale di qualsiasi altro fatto la cui valutazione rientra nella sfera morale dell'individuo". Per il tribunale a tutela della privacy del lavoratore non è ammissibile "un controllo sulla persona che avviene per circa un mese  ad iniziare anche dalle sette del mattino e a finire oltre alle 19,45 di sera e con una registrazione capillare di tutte le attività a fronte di un obiettivo che nel caso di specie non era nemmeno ben individuato prima di iniziare detta osservazione."

Il tribunale, esaminando la normativa sui controlli a distanza dell'attività lavorativa, individua il problema nell'eccesso del mezzo investigativo rispetto allo scopo che si voleva raggiungere. " A fronte di dubbi sullo svolgimento da parte di un dipendente di attività concorrenziale, l' attività investigativa che si può porre in essere deve sempre potersi  confrontare con: le modalità del controllo e della sua invasività; la sua assoluta inevitabilità, non essendo consentito strumenti diversi; un incipit che ne giustifichi l'uso".

Tribunale di Milano, sezione lavoro, Sentenza n. 2500/2016 giudice dott. Locati.

 

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