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I documenti riservati dell'azienda devono rimanere tali, pena il licenziamento del lavoratore infedele.

tag  News  Cassazione  sentenza  3739  2017  informazioni  confidenziali 

15/02/2017

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza n. 3739/17; depositata il 13 febbraio.

L'azienda ha contestato ad un suo dipendente il possesso e la abusiva acquisizione di appunti manoscritti concernenti informazioni confidenziali relative al prodotto denominato copolymer, informazioni che si riferivano alle materie prime, al loro costo, alla identità dei fornitori e dei clienti, alle modalità di produzione e di trasporto. Il tribunale e La corte di appello hanno ritenuto provata, sulla base delle deposizioni rese dai testi, la natura riservata dei documenti, che la società non aveva mai posto a disposizione del ricorrente, in quanto attinenti ad ambiti produttivi e commerciali che esulavano dal ruolo di responsabile della manutenzione; ritenendo la natura riservata dei documenti, hanno dichiarato legittimo il licenziamento disciplinare comunicato al lavoratore.

Contro la decisione il lavoratore ha fatto ricorso in cassazione ma la sentenza sulla legittimità del licenziamento è stata confermata; la corte di cassazione ha affermato che " l’impossessamento di documenti aziendali di natura riservata implica violazione del dovere di fedeltà anche nella ipotesi in cui la divulgazione non avvenga, perché impedita dall’immediato intervento del datore di lavoro."  Sulla idoneità del comportamento del lavoratore a minare la fiducia che il datore di lavoro deve necessariamente riporre nella correttezza e nella diligenza del lavoratore, " va detto  che, sebbene l’art. 2105 c.c. richiami espressamente, oltre al divieto di concorrenza, solo il "divulgare notizie attinenti all’organizzazione e ai metodi di produzione dell’impresa" o il "farne uso in modo da poter recare ad essa pregiudizio", la non ricorrenza di tutti gli elementi costitutivi delle fattispecie delineate dal legislatore non è sufficiente a fare escludere la violazione dell’obbligo di fedeltà, atteso che il contenuto di detto obbligo è più ampio rispetto a quello risultante dal testo del richiamato art. 2105 c.c., integrandosi detta norma con gli artt. 1175 e 1375 c.c., che impongono al lavoratore di improntare la sua condotta al rispetto dei canoni generali di correttezza e buona fede (Cass. 9.1.2015 n. 144)."

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza n. 3739/17; depositata il 13 febbraio.

Comunicazione della cessazione del rapporto di lavoro agli enti amministrativi

Entro 5 giorni dalla data risoluzione del rapporto di lavoro, il datore di lavoro è tenuto ad informare il Centro per l’impiego competente della cessazione del rapporto di lavoro (art. 21, comma 1, Legge n. 264/1949).

 La comunicazione di cessazione deve essere eseguita anche in presenza di un rapporto di lavoro a termine, allorché avvenga in data antecedente alla data di fine rapporto comunicata al momento della sua instaurazione, proroga o trasformazione. Va comunicata inoltre anche la risoluzione posticipata nel caso del contratto a tempo determinato che si prolunghi per prosecuzione di fatto.

 L’omessa comunicazione è punita con una sanzione amministrativa da € 100 a € 500, per ciascun lavoratore interessato (art. 19, comma 3, D.lgs.276/2003). 

ARTICOLO 2119 codice civile. Recesso per giusta causa. Il datore di lavoro o il lavoratore  possono recedere dal contratto prima della scadenza del termine, se il contratto è a tempo determinato, o senza preavviso, se il contratto è a tempo indeterminato, qualora si verifichi una causa che non consenta la prosecuzione, anche provvisoria, del rapporto. Se il contratto è a tempo indeterminato, al prestatore di lavoro che recede per giusta causa compete l'indennità sostituiva del preavviso.

ART. 18 dello statuto dei lavoratori. Tutela del lavoratore in caso di licenziamento disciplinare illegittimo. Il giudice, nelle ipotesi in cui accerta che non ricorrono gli estremi del giustificato motivo soggettivo o della giusta causa addotti dal datore di lavoro, per insussistenza del fatto contestato ovvero perche' il fatto rientra tra le condotte punibili con una sanzione conservativa sulla base delle previsioni dei contratti collettivi ovvero dei codici disciplinari applicabili, annulla il licenziamento e condanna il datore di lavoro alla reintegrazione nel posto di lavoro e al pagamento di un'indennita' risarcitoria commisurata all'ultima retribuzione globale di fatto dal giorno del licenziamento sino a quello dell'effettiva reintegrazione, Il datore di lavoro e' condannato, altresi', al versamento dei contributi previdenziali e assistenziali dal giorno del licenziamento fino a quello della effettiva reintegrazione.

ARTICOLO 2118 codice civile. Recesso dal contratto a tempo indeterminato. Ciascuno dei contraenti può recedere dal contratto di lavoro a tempo indeterminato, dando il preavviso nel termine e nei modi stabiliti, dagli usi o secondo equità.

In mancanza di preavviso, il recedente è tenuto verso l'altra parte a un'indennità equivalente all'importo della retribuzione che sarebbe spettata per il periodo di preavviso.

 

Art. 18 dello statuto dei lavoratori : licenziamento illegittimo ma con il solo diritto ad una indennità risarcitoria, senza reintegrazione nel posto di lavoro. Il giudice, nelle altre  ipotesi (il fatto sussiste ed è stato commesso dal lavoratore) ma in cui accerta che non ricorrono comunque gli estremi del giustificato motivo soggettivo o della giusta causa addotti dal datore di lavoro, dichiara risolto il rapporto di lavoro con effetto dalla data del licenziamento e condanna il datore di lavoro al pagamento di un'indennita' risarcitoria onnicomprensiva determinata tra un minimo di dodici e un massimo di ventiquattro mensilita' dell'ultima retribuzione globale di fatto, in relazione all'anzianita' del lavoratore e tenuto conto del numero dei dipendenti occupati, delle dimensioni dell'attivita' economica, del comportamento e delle condizioni delle parti, con onere di specifica motivazione a tale riguardo.