A- A A+

La concessione del periodo di aspettativa dopo il superamento del periodo di comporto sana l'eventuale tardività del licenziamento.

Il datore di lavoro di fatto ha rinunciato ad avvalersi del superamento del comporto

Con ricorso al Tribunale una lavoratrice esponeva di essere stata oggetto di comportamenti vessatori da parte del datore del lavoro sin dal 2005; che a causa di ciò si era assentata per malattia dall'aprile 2006; che in data 27.12.06 il suo periodo di comporto era scaduto; che a seguito di nota del datore di lavoro (26.1.07) presentava domanda di aspettativa che veniva accolta; che in data 31.8.07 il datore di lavoro le comunicava che anche il periodo di aspettativa si era esaurito il 28.8.07, sicché veniva invitata a riprendere servizio; che in data 4.9.07 veniva licenziata per superamento del comporto. La ricorrente contestava il licenziamento, chiedendo la reintegra nel posto di lavoro con le conseguenze di cui all'art. 18 L. n. 300\1970, oltre al risarcimento dei danno biologico. Il Tribunale accoglieva la domanda della lavoratrice, ad eccezione di quella risarcitoria. Proponevano appello sia il datore di lavoro che la lavoratrice.

Con sentenza depositata il 15 maggio 2012, la Corte d'appello, riuniti i gravami, li rigettava entrambi, ritenendo in particolare che il licenziamento era stato intimato dopo nove mesi dal superamento del periodo di comporto.

Ha proposto ricorso per cassazione il datore di lavoro.

La Corte di Cassazione decidendo la controversia in modo favorevole al datore di lavoro ha affermato il seguente " principio: in caso di malattia dei dipendente, la concessione, di fatto, da parte del datore di lavoro, del periodo di aspettativa previsto dal c.c.n.l. di categoria, ancorché richiesto allorquando il periodo di comporto sia già esaurito, non elimina l'effetto di giustificare l'assenza sino allo scadere del periodo di aspettativa, restando escluso che il licenziamento intimato pochi giorni dopo l'esaurimento della detta aspettativa, possa considerarsi illegittimo, sia sotto il profilo della rinuncia tacita al recesso per superamento dei comporto, sia sotto il profilo dell'affidamento del dipendente circa la prosecuzione dei rapporto."

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 12 gennaio – 6 aprile 2016, n. 6697

 

ART. 2110 malattia. In caso di malattia, se la legge non stabilisce forme equivalenti di previdenza o di assistenza, è dovuta al prestatore di lavoro la retribuzione o una indennità nella misura e per il tempo determinati dalle leggi speciali dagli usi o secondo equità.

Nei casi di malattia, l'imprenditore ha diritto di recedere dal contratto, decorso il periodo stabilito dalla legge dagli usi o secondo equità.


Il periodo di assenza dal lavoro per malattia deve essere computato nell'anzianità di servizio.

Malattia e contratto collettivo. Tutti i contratti collettivi prevedono una disciplina particolareggiata della malattia, che si applica ai lavoratori destinatari di quel contratto collettivo. Per conoscere questa disciplina occorre esaminare lo specifico contratto collettivo che si applica al rapporto di lavoro. I contratti collettivi prevedono il trattamento economico spettante al lavoratore nei giorni di assenza  dal lavoro per malattia. 





Periodo di comporto. Con queste parole si definisce il periodo di tempo durante il quale il lavoratore, assente dal lavoro per malattia, conserva il diritto a non essere licenziato. Superato questo limite temporale, il datore di lavoro ha la facoltà di intimare il licenziamento riconoscendo il preavviso. I contratti collettivi prevedono diverse figure di periodo di comporto. Vi sono contratti collettivi molto garantisti per i lavoratori e altri contratti che, invece, danno una garanzia minima  di durata temporale.