14/02/2016
Il Tribunale e la Corte di appello hanno dichiarato l'illegittimità del licenziamento adottato nei confronti di un lavoratore che aveva dato una "spallata", neppure violenta e, comunque, priva di qualsiasi ulteriore strascico, ad un collega. Nell'occasione nei confronti dello stesso collega era stata pronunciata la frase "ma che cosa ha da guardarmi?". Per la corte di appello e per il tribunale l’episodio non era configurabile come "rissa nel luogo del lavoro, all'interno dei reparti operativi". La frase pronunciata dal lavoratore "ma che cosa ha da guardarmi?", sia pur pronunciata diverse volte, non aveva un contenuto minaccioso, non avendo prospettato al soggetto passivo pericolo di male ingiusto. Il licenziamento in questa situazione si presentava sicuramente sproporzionato tra la condotta contestata e la sanzione applicata. Nell'occasione non vi era stata rissa nel senso giuridico richiamato dal codice penale. Applicando le previsioni del ccnl il licenziamento è stato ritenuto sproporzionato.
La Corte di Cassazione ha confermato la sentenza affermando che: " Nel caso di specie- la Corte territoriale ha invero fatto esatta applicazione dei principio di diritto di cui a Cass. 16 marzo 2004, n. 5372, per il quale "l'elencazione delle ipotesi di giusta causa di licenziamento contenuta nei contratti collettivi, al contrario che per le sanzioni disciplinari con effetto conservativo, ha valenza meramente esemplificativa e non esclude, perciò, la sussistenza della giusta causa per un grave inadempimento o per un grave comportamento del lavoratore contrario alle norme della comune etica o del comune vivere civile alla sola condizione che tale grave inadempimento o tale grave comportamento, con apprezzamento di fatto dei giudice di merito non sindacabile in sede di legittimità se congruamente motivato, abbia fatto venire meno il rapporto fiduciario tra datore di lavoro e lavoratore (nella specie, la sentenza impugnata, confermata dalla S.C. aveva ritenuto sussistente la giusta causa di licenziamento nel comportamento dei lavoratore che aveva percosso un superiore, pur se l'art. 25 dei CCNL per i metalmeccanici dell’ industria privata prevedeva come giusta causa di licenziamento la rissa). Conforme Cass. 18 febbraio 2011, n. 4060.” Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza n. 2830/16; depositata il 12 febbraio.
AI CLIENTI DELLO STUDIO
Per una migliore organizzazione, in termini di efficienza e di assoluta tempestività, per le consultazioni con lo studio, che abbiano carattere di urgenza, vi suggeriamo di usare la videoconferenza. Realizzare un sistema di videoconferenza è estremamente semplice, e a costo zero. Un computer, che abbia un video con le casse incorporate, e il collegamento via internet con banda larga é tutto quello che occorre. Il sistema consente di avere confronti e colloqui in via immediata, con risparmio di tempo e di costi da parte di tutti. Uno strumento eccezionale per il lavoro e per il collegamento tra i vostri uffici e lo studio.
La professione di avvocato incide nel campo della libertà, della sicurezza, della giustizia e, in modo più ampio, sulla protezione dello Stato di diritto. Essa si esercita con autonomia e indipendenza, dignità ed onore, segretezza professionale e lealtà, al fine di tutelare i diritti e gli interessi della persona nei confronti tanto dei privati quanto dei pubblici poteri, contribuendo così alla applicazione delle leggi ed alla corretta amministrazione della giustizia. In una società democratica l’Avvocatura rappresenta un baluardo normativo nella difesa dell’interesse pubblico al perseguimento della giustizia. L’avvocato, dunque, non è mero prestatore di servizi, in un’ottica di puro mercato; il suo é un impegno professionale e sociale, perché al di là del singolo caso concreto, che vede protagonisti le parti del processo, vi sono regole e principi generali che compongo l’ordinamento giuridico, sul cui rispetto è fondata la pacifica convivenza di tutti. Come scriveva l’illustre giurista, e Costituente, Piero Calamandrei: “Molte professioni possono farsi col cervello e non col cuore. Ma l’avvocato no. (…) L’avvocato deve essere prima di tutto un cuore: un altruista, uno che sappia comprendere gli altri uomini e farli vivere in sé, assumere i loro dolori e sentire come sue le loro ambasce. L’avvocatura è una professione di comprensione, di dedizione e di carità. Per questo amiamo la toga: per questo vorremmo che, quando il giorno verrà, sulla nostra bara sia posto questo cencio nero: al quale siamo affezionati perché sappiamo che esso ha servito a riasciugare qualche lacrima, a risollevare qualche fronte, a reprimere qualche sopruso: e soprattutto a ravvivare nei cuori umani la fede, senza la quale la vita non merita di essere vissuta, nella vincente giustizia”. L’avvocato è strumento stesso della giustizia, nella misura in cui avvicina chi ha subito un torto al giudice, che è chiamato a fornire il giusto rimedio di legge. Avv. Paolo Gallo