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Donna dorme nel deposito in cambio di favori sessuali ai dipendenti: licenziamento per giusta causa può non essere legittimo.

tag  News  licenziamento  disciplinare 

02/02/2016

 

Nessun dubbio per i giudici di merito: il Tribunale e la Corte d’Appello hanno considerato legittimo il licenziamento per giusta causa intimato ad un lavoratore, che permetteva ad una donna, in “evidente stato di bisogno e con gravi problemi psichici”, di dormire nel deposito dell’azienda, di fatto, coprendola in cambio di favori sessuali. Il lavoratore, tuttavia, ha proposto ricorso per cassazione, e la Suprema Corte ha pronunciato una sentenza che, di primo impatto, può risultare per molti versi inaspettata.

La Cassazione, cercando di approfondire ed individuare i nodi più critici del ragionamento, forse arrestatosi troppo in superficie, dei giudici di prime cure, ha enunciato i tre seguenti principi di diritto, riformando la sentenza d’appello:

1. Non integra violazione dei dovere di diligenza, di cui all'art. 2104 c.c., l'omissione, da parte del lavoratore, di una condotta che non sia prevista tra quelle contrattualmente dovute né comunque risulti, ai fini della esecuzione più utile della prestazione di lavoro, ad esse complementare o accessoria.

2. Non integra violazione dell'obbligo di fedeltà, di cui all'art. 2105 c.c., anche inteso come generale dovere di leale cooperazione nei confronti del datore di lavoro a tutela degli interessi dell'impresa, l'omissione da parte del lavoratore di condotte che, oltre a non rientrare nell'ambito delle prestazioni contrattualmente dovute, siano connesse a superiori livelli di controllo e di responsabilità, in presenza di un assetto dell'impresa caratterizzato da accentuata complessità e articolazione organizzativa.

3. In tema di licenziamento per giusta causa, deve aversi riguardo, nella valutazione dell'idoneità della condotta extra-lavorativa del dipendente ad incidere sulla persistenza dell'elemento fiduciario, anche alla natura e alla qualità del rapporto, al vincolo che esso comporta e al grado di affidamento che sia richiesto dalle mansioni espletate".

Per i giudici di legittimità non può essere “sufficiente, ai fini in esame, una generica correlazione tra il fatto e la qualità di prestatore di lavoro o (come nella specie) tra un fatto extra-lavorativo e la idoneità professionale del prestatore alla prosecuzione del rapporto”, e ciò anche in quanto tale obbligo di informare il datore di lavoro della presenza di un soggetto estraneo, in stato di disagio psichico, che durante l’orario di servizio si intratteneva con i dipendenti, appare comunque, per la Suprema Corte, estraneo alle mansioni di un operaio generico quale era il lavoratore.

La Cassazione ha ritenuto, quindi, necessario un nuovo esame sulla base degli enunciati principi di diritto da parte della Corte d’Appello, aprendo la strada, quindi, alla possibile reintegrazione del lavoratore con l'annullamento del licenziamento. (Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza n. 1978/16; depositata il 2 febbraio).

Nella foto: opera di Pablo Picasso. Les mademoiselles d'Avignon.

 

Comunicazione della cessazione del rapporto di lavoro agli enti amministrativi

Entro 5 giorni dalla data risoluzione del rapporto di lavoro, il datore di lavoro è tenuto ad informare il Centro per l’impiego competente della cessazione del rapporto di lavoro (art. 21, comma 1, Legge n. 264/1949).

 La comunicazione di cessazione deve essere eseguita anche in presenza di un rapporto di lavoro a termine, allorché avvenga in data antecedente alla data di fine rapporto comunicata al momento della sua instaurazione, proroga o trasformazione. Va comunicata inoltre anche la risoluzione posticipata nel caso del contratto a tempo determinato che si prolunghi per prosecuzione di fatto.

 L’omessa comunicazione è punita con una sanzione amministrativa da € 100 a € 500, per ciascun lavoratore interessato (art. 19, comma 3, D.lgs.276/2003). 

ARTICOLO 2119 codice civile. Recesso per giusta causa. Il datore di lavoro o il lavoratore  possono recedere dal contratto prima della scadenza del termine, se il contratto è a tempo determinato, o senza preavviso, se il contratto è a tempo indeterminato, qualora si verifichi una causa che non consenta la prosecuzione, anche provvisoria, del rapporto. Se il contratto è a tempo indeterminato, al prestatore di lavoro che recede per giusta causa compete l'indennità sostituiva del preavviso.

ART. 18 dello statuto dei lavoratori. Tutela del lavoratore in caso di licenziamento disciplinare illegittimo. Il giudice, nelle ipotesi in cui accerta che non ricorrono gli estremi del giustificato motivo soggettivo o della giusta causa addotti dal datore di lavoro, per insussistenza del fatto contestato ovvero perche' il fatto rientra tra le condotte punibili con una sanzione conservativa sulla base delle previsioni dei contratti collettivi ovvero dei codici disciplinari applicabili, annulla il licenziamento e condanna il datore di lavoro alla reintegrazione nel posto di lavoro e al pagamento di un'indennita' risarcitoria commisurata all'ultima retribuzione globale di fatto dal giorno del licenziamento sino a quello dell'effettiva reintegrazione, Il datore di lavoro e' condannato, altresi', al versamento dei contributi previdenziali e assistenziali dal giorno del licenziamento fino a quello della effettiva reintegrazione.

ARTICOLO 2118 codice civile. Recesso dal contratto a tempo indeterminato. Ciascuno dei contraenti può recedere dal contratto di lavoro a tempo indeterminato, dando il preavviso nel termine e nei modi stabiliti, dagli usi o secondo equità.

In mancanza di preavviso, il recedente è tenuto verso l'altra parte a un'indennità equivalente all'importo della retribuzione che sarebbe spettata per il periodo di preavviso.

 

Art. 18 dello statuto dei lavoratori : licenziamento illegittimo ma con il solo diritto ad una indennità risarcitoria, senza reintegrazione nel posto di lavoro. Il giudice, nelle altre  ipotesi (il fatto sussiste ed è stato commesso dal lavoratore) ma in cui accerta che non ricorrono comunque gli estremi del giustificato motivo soggettivo o della giusta causa addotti dal datore di lavoro, dichiara risolto il rapporto di lavoro con effetto dalla data del licenziamento e condanna il datore di lavoro al pagamento di un'indennita' risarcitoria onnicomprensiva determinata tra un minimo di dodici e un massimo di ventiquattro mensilita' dell'ultima retribuzione globale di fatto, in relazione all'anzianita' del lavoratore e tenuto conto del numero dei dipendenti occupati, delle dimensioni dell'attivita' economica, del comportamento e delle condizioni delle parti, con onere di specifica motivazione a tale riguardo.