20/01/2014
La Corte di Cassazione ha costantemente affermato che per "attività giornalistica deve intendersi quella prestazione di lavoro intellettuale volta alla raccolta, al commento ed alla elaborazione di notizie, destinate a formare oggetto di comunicazione interpersonale attraverso gli organi di informazione. Il giornalista viene in tal modo a porsi come “mediatore intellettuale” fra il fatto e la diffusione della conoscenza dello stesso, nel senso cioè che sua funzione è quella di acquisire esso stesso la conoscenza dell’evento, valutarne la rilevanza in funzione della cerchia dei destinatari dell’informazione e confezionare, quindi, il messaggio con apporto soggettivo ed inventivo (Cass. n. 2166/1992, Cass. n. 4547/1990, Cass. n. 3291/1990, Cass. n. 6574/1981).
Per la Corte di Cassazione l'attuale normativa giuridica consente che la realizzazione di periodici o riviste a carattere tecnico, professionale o scientifico possa avvenire senza l'ausilio di personale giornalistico e quindi senza che al personale dipendente debba applicarsi il contratto collettivo giornalistico.
In questo contesto la questione vera è quella di individuare i criteri utili per l'identificazione degli elementi che determinano il carattere "tecnico, professionale o scientifico" del periodico dove è prestata l'attività lavorativa.
La natura tecnica della rivista è stata individuata dalla corte di appello di Milano, che la Cassazione ha ritenuto immune da vizi logici e giuridici , nei seguenti elementi:
- monotematicità degli argomenti,
- modo approfondito e specialistico della trattazione degli argomenti,
- semplicità del linguaggio,
- presenza di una limitata categoria di utenti interessata agli argomenti trattati,
- assenza di diffusione in edicola,
- diffusione in regime di abbonamento.
Par l'approfondimento dell'interessante argomento si veda: Cassazione - Sezione lavoro - sentenza 18 settembre - 1 dicembre 2008, n. 28519.
Milano 06 gennaio 2009.
Il potere disciplinare del datore di lavoro
Le norme disciplinari relative alle sanzioni, alle infrazioni in relazione alle quali ciascuna di esse può essere applicata ed alle procedure di contestazione delle stesse, devono essere portate a conoscenza dei lavoratori mediante affissione in luogo accessibile a tutti. Il datore di lavoro non può adottare alcun provvedimento disciplinare nei confronti del lavoratore senza avergli preventivamente contestato l'addebito e senza averlo sentito a sua difesa. Il lavoratore potrà farsi assistere da un rappresentante dell'associazione sindacale cui aderisce o conferisce mandato. La multa non può essere disposta per un importo superiore a quattro ore della retribuzione base e la sospensione dal servizio e dalla retribuzione per più di dieci giorni. In ogni caso, i provvedimenti disciplinari più gravi del rimprovero verbale non possono essere applicati prima che siano trascorsi cinque giorni dalla contestazione per iscritto del fatto che vi ha dato causa. Articolo 7 dello statuto dei lavoratori
La contestazione non può essere ripetuta.
Si deve escludere che il datore di lavoro, una volta esercitato validamente il potere disciplinare nei confronti del prestatore di lavoro in relazione a determinati fatti costituenti infrazioni disciplinari, lo possa esercitare una seconda volta per quegli stessi fatti, in quanto ormai consumato: essendogli consentito soltanto di tener conto delle sanzioni eventualmente applicate, entro il biennio, ai fini della recidiva, nonché dei fatti non tempestivamente contestati o contestati ma non sanzionati per la globale valutazione, anche sotto il profilo psicologico, del comportamento del lavoratore e della gravità degli specifici episodi addebitati. Sentenza Cassazione del 30 gennaio 2018.
Impugnazione della sanzione. Ferma restando la facoltà di adire l'autorità giudiziaria, il lavoratore al quale sia stata applicata una sanzione disciplinare può promuovere, nei venti giorni successivi la costituzione, tramite l'ufficio provinciale del lavoro e della massima occupazione, di un collegio di conciliazione ed arbitrato, composto da un rappresentante di ciascuna delle parti e da un terzo membro scelto di comune accordo o, in difetto di accordo, nominato dal direttore dell'ufficio del lavoro. La sanzione disciplinare resta sospesa fino alla pronuncia da parte del collegio. Qualora il datore di lavoro non provveda, entro dieci giorni dall'invito rivoltogli dall'ufficio del lavoro, a nominare il proprio rappresentante in seno al collegio, la sanzione disciplinare non ha effetto. Se il datore di lavoro adisce l'autorità giudiziaria, la sanzione disciplinare resta sospesa fino alla definizione del giudizio. Non può tenersi conto ad alcun effetto delle sanzioni disciplinari decorsi due anni dalla loro applicazione. Art 7 dello Statuto dei lavoratori