17/01/2014
Nel caso in cui il rapporto di lavoro si risolva in modo diverso dal licenziamento intimato dal datore di lavoro, la pretesa del risarcimento del danno avanzata dal lavoratore per la Corte di Cassazione " deve essere valutata in base alle regole generali sull'inadempimento delle obbligazioni contrattuali, non risultando applicabile la normativa di carattere generale in materia di licenziamenti di cui alla legge n. 604 del 1966 ed all'art. 18 della legge n. 300 del 1970."
Per la Corte di Cassazione così " rimane a carico del lavoratore, in qualità di attore, l'onere di allegare e di provare il danno conseguito all'interruzione del rapporto e che tale danno può equivalere alle retribuzioni perdute a causa della mancata esecuzione delle prestazioni lavorative, ma presuppone che queste siano state offerte dal lavoratore e che il datore le abbia illegittimamente rifiutate, configurandosi la costituzione in mora del datore di lavoro come elemento costitutivo della domanda (cfr, ex plurimis, Cass., nn. 22342/2006; 13292/2007)."
La richiesta di reintegrazione nel posto di lavoro, svolta con il ricorso giudiziario avanti al tribunale, configura effettivamente offerta della prestazione lavorativa e, come tale, è astrattamente idonea a costituire in mora la parte datoriale, ma operando soltanto a far tempo dal momento in cui sia stata portata a conoscenza di quest'ultima, può esplicare i propri effetti ai fini risarcitori.
Questi principi sono stati ribaditi dalla Corte di Cassazione nella sentenza n. 2900/12008.
Milano 03/01/2009
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La professione di avvocato incide nel campo della libertà, della sicurezza, della giustizia e, in modo più ampio, sulla protezione dello Stato di diritto. Essa si esercita con autonomia e indipendenza, dignità ed onore, segretezza professionale e lealtà, al fine di tutelare i diritti e gli interessi della persona nei confronti tanto dei privati quanto dei pubblici poteri, contribuendo così alla applicazione delle leggi ed alla corretta amministrazione della giustizia. In una società democratica l’Avvocatura rappresenta un baluardo normativo nella difesa dell’interesse pubblico al perseguimento della giustizia. L’avvocato, dunque, non è mero prestatore di servizi, in un’ottica di puro mercato; il suo é un impegno professionale e sociale, perché al di là del singolo caso concreto, che vede protagonisti le parti del processo, vi sono regole e principi generali che compongo l’ordinamento giuridico, sul cui rispetto è fondata la pacifica convivenza di tutti. Come scriveva l’illustre giurista, e Costituente, Piero Calamandrei: “Molte professioni possono farsi col cervello e non col cuore. Ma l’avvocato no. (…) L’avvocato deve essere prima di tutto un cuore: un altruista, uno che sappia comprendere gli altri uomini e farli vivere in sé, assumere i loro dolori e sentire come sue le loro ambasce. L’avvocatura è una professione di comprensione, di dedizione e di carità. Per questo amiamo la toga: per questo vorremmo che, quando il giorno verrà, sulla nostra bara sia posto questo cencio nero: al quale siamo affezionati perché sappiamo che esso ha servito a riasciugare qualche lacrima, a risollevare qualche fronte, a reprimere qualche sopruso: e soprattutto a ravvivare nei cuori umani la fede, senza la quale la vita non merita di essere vissuta, nella vincente giustizia”. L’avvocato è strumento stesso della giustizia, nella misura in cui avvicina chi ha subito un torto al giudice, che è chiamato a fornire il giusto rimedio di legge. Avv. Paolo Gallo