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RISARCIMENTO DANNI DA MORTE A FAVORE DEI SOPRAVVISSUTI

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08/01/2014




In questo scritto esaminiamo la posizione giuridica di chi, da un fatto altrui illecito, subisce la perdita definitiva di un congiunto, di un convivente, di un parente in genere. Tragedie di questo tipo (per incidente stradale, per infortunio sul lavoro, per omicidio volontario) sono di frequenza quotidiana. La cronaca, locale e nazionale, è ricca di episodi. Il decesso di un congiunto, di un convivente o di un parente, oltre il dolore per il lutto, comporta anche delle conseguenze giuridiche.

La morte di un parente costituisce un evento che può, in determinate circostanze, far venir meno il sostegno economico-assistenziale fornito al danneggiato dal defunto. Gli esempi, che si possono avere nella realtà di tutti i giorni, sono molteplici: si pensi al mantenimento di un figlio minore gravemente compromesso dal sopraggiungere della morte di uno dei genitori, all’obbligo assistenziale che i figli hanno verso un genitore, agli obblighi di assistenza materiale e morale derivanti dal matrimonio, ai rapporti di convivenza etc. Il defunto, che di volta in volta può ricoprire la veste del marito o della moglie, del figlio o del genitore, del nipote o del nonno, del fratello o della sorella, con la sua scomparsa non può, ovviamente, più contribuire con il suo reddito al mantenimento di quelle persone che, con lui avevano, un particolare rapporto parentale o di convivenza affettiva. 

Il responsabile del decesso deve risarcire i danni patrimoniali e non patrimoniali subiti da questi soggetti, per averli ingiustamente procurati. Il risarcimento del danno patrimoniale, subito dal superstite, è rappresentato da quella quota di reddito, prodotto dal defunto, che adesso il superstite non può più utilizzare per le sue personali esigenze, mentre, quando era in vita il congiunto o convivente, normalmente usava e su di esso faceva pieno affidamento. Questa quota di reddito del defunto, di cui il superstite godeva, può variare da caso a caso.

La perdita patrimoniale del superstite può essere per una durata determinata (come nel caso del mantenimento di un figlio minore, destinato per legge a cessare con il conseguimento dell’autonomia economica) o per tutta la vita del danneggiato (come nel caso della morte di un coniuge che non potrà più usufruire del reddito prodotto in vita dal congiunto).

Il risarcimento del danno patrimoniale dovuto al parente superstite, si ottiene combinando tra loro il reddito del defunto, la quota del reddito del defunto attribuibile al danneggiato prima della morte, gli anni di durata dell’obbligo giuridico di assistenza che il defunto aveva nei confronti del danneggiato, l’età del defunto e l’età del danneggiato. Nella quantificazione del risarcimento, possono anche concorrere altri utili elementi, che possono essere desunti dal fatto concreto.

Il reddito del defunto da prendere in considerazione è rappresentato dalla sua dichiarazione dei redditi. Se il defunto, all’epoca del decesso, era privo di redditi la legge supplisce, stabilendo che si possa ricorrere al criterio rappresentato dall’ammontare del triplo della pensione sociale. Il valore della pensione sociale deve essere quello relativo all’epoca dell’evento dannoso. Il giudice può anche considerare redditi diversi e maggiori, ma è onere di chi li assume dare la prova della loro effettiva esistenza. Se il defunto era un evasore fiscale, che in vita non ha presentato dichiarazioni fiscali o le ha presentate in modo omissivo e insufficiente, evadendo così il fisco, il parente superstite può dare la prova del reddito maggiore ed effettivamente goduto dal defunto, al fine di ottenere un più alto risarcimento del danno patrimoniale subito. Ma, in questo caso, dovrà sopportare il pregiudizio di essere chiamato, in qualità di erede, a pagare le imposte evase dal suo parente defunto. Occorre sempre fare bene i conti, e vedere se vi è convenienza e se il gioco vale la candela.

Per calcolare il danno patrimoniale subito dal parente superstite, il reddito del defunto non può essere considerato nella sua interezza, perché occorre necessariamente detrarre quella quota naturale di reddito che, in ogni caso, in vita sarebbe servita al defunto per le sue esigenze di mantenimento e di vita. 

I congiunti e i conviventi sopravvissuti hanno diritto anche al risarcimento dell’eventuale danno biologico, subito in proprio e in conseguenza immediata e diretta della morte del loro congiunto. Se il congiunto o il convivente sopravvissuto, per le sue particolari condizioni soggettive, lamenta di aver subito, oltre al danno patrimoniale sopra indicato, un danno di natura psico-fisico alla sua persona, egli ha diritto al risarcimento di questo ulteriore danno, secondo i normali criteri risarcitori previsti dalla vigente normativa. Il risarcimento comprende anche, se effettivamente esistenti, i danni per l’invalidità temporanea, assoluta e relativa. Non è raro il caso della madre che, in conseguenza della morte del figlio, subisca un trauma profondo che incide enormemente sulla sua salute fisica e psichica. Questo danno è pienamente risarcibile, avendo una sua autonoma configurazione.

Un’ulteriore e basilare voce di risarcimento è rappresentata dal danno morale patito dai superstiti.

Il danno morale è stato definito, dal diritto romano, come pecunia doloris (i soldi del dolore). Molti Tribunali, nel risarcire questo danno, applicano criteri predeterminati e individuati, con rimando al grado di parentela esistente tra il sopravvissuto e il defunto e dalla eventuale convivenza. Più il grado di parentela è intimo, maggiore è il risarcimento dovuto. Il parente convivente, inoltre, ha diritto ad un risarcimento più alto, rispetto a un parente sopravvissuto ma non convivente. 

Vi sono Tribunali che, nel liquidare il danno morale, adottano delle cifre predefinite per ogni tipo di danneggiato. Altro criterio adottato è quello di ripartire, tra i superstiti, il risarcimento del danno morale, che sarebbe stato liquidato al defunto nel caso in cui, invece di morire avesse riportato in conseguenza dell’evento disastroso un danno biologico pari al 100%. 

Come esempio, si riporta di seguito il risarcimento del danno, nelle varie voci esaminate, che il Tribunale di Milano liquiderebbe ad una moglie di 30 anni, in conseguenza del decesso del marito di 33 anni, con un reddito annuo netto di euro 15.000, che in conseguenza della morte del marito ha subito un danno psico-fisico, imputabile ad un esaurimento nervoso, che le ha procurato un danno biologico nella misura del 12% e una inabilità temporanea al lavoro assoluta di giorni 40. 

Il risarcimento, che sarebbe verosimilmente riconosciuto alla moglie, è il seguente: 

-danno biologico nella misura del 12%, € 20.208;

-danno per inabilità temporanea di giorni 40, € 2.066;

-danno patrimoniale per la perdita di parte del reddito prodotto dal marito, € 188.270. (Si è assunto il 50% del reddito del marito che la moglie avrebbe direttamente goduto, per una durata di quarant’anni di vita coniugale presunta, con la capitalizzazione al tasso annuo del 2,50%);

-danno morale, in assenza di altri congiunti del marito, € 277.822 (pari all’intero danno morale nella misura di 1/2 che sarebbe spettato al defunto qualora fosse sopravvissuto con un danno biologico nella misura del 100%).

Di seguito si riportano alcune pronunce della Corte di Cassazione e dei Giudici di merito, che contribuiscono a chiarire ulteriormente le problematiche esaminate e connesse al risarcimento dei danni dei superstiti.

Cass., sez. III, 14-07-2003, n. 11007
Con riferimento al risarcimento del danno morale per la morte di un congiunto, il giudice di merito nell’effettuare la quantificazione del danno deve tener conto delle effettive sofferenze patite dall’offeso, nella gravità dell’illecito di rilevo penale e di tutti gli elementi della fattispecie concreta, tra i quali assume rilevanza primaria il patema d’animo, ovvero l’entità oggettiva della sofferenza morale, e deve rispettare l’esigenza di una razionale correlazione tra l’entità oggettiva del danno e l’equivalente pecuniario di esso, in modo da rendere il risarcimento adeguato al caso concreto, evitando che la liquidazione del danno morale si riduca ad una somma meramente simbolica (nel caso di specie la suprema corte ha ritenuto che il giudice di merito avesse fatto corretta applicazione di tale principio di diritto, essendosi solo limitato ad affermare - a fronte di una liquidazione del danno morale per quaranta milioni - che la scomparsa di una persona avanti negli anni è meno traumatica della scomparsa di un congiunto giovane, e che il trauma psichico è inferiore per la scomparsa di un congiunto con il quale non si convive più). 

Cass., sez. III, 17-07-2002, n. 10393
Il danno morale, tradizionalmente definito come pretium doloris viene generalmente ravvisato nell’ingiusto turbamento dello stato d’animo del danneggiato o anche nel patema d’animo o stato d’angoscia transeunte generato dall’illecito; detto risarcimento può essere accordato anche al coniuge separato per la morte dell’altro coniuge, in quanto lo stato di separazione personale non è incompatibile, di per sé, con tale ristoro, dovendo aversi riguardo, oltre che alla sua tendenziale temporaneità ed alla possibilità di una riconciliazione che ristabilisca la comunione materiale e spirituale tra i coniugi e l’unità della famiglia, anche alle ragioni che l’hanno determinato e a ogni altra utile circostanza idonea a manifestare se e in quale misura l’evento luttuoso, dovuto all’altrui fatto illecito, abbia procurato al coniuge superstite quelle sofferenze morali che di solito si accompagnano alla morte di una persona più o meno cara. 

Tribunale di Napoli, 12-02-2002
La morte di un figlio a seguito di sinistro stradale, determinando un’infinita serie di pregiudizi che si riflettono negativamente sull’esistenza dei prossimi congiunti successivamente alla morte del parente e che fanno sì che la loro vita di relazione non sia più la stessa, è risarcibile a titolo di danno esistenziale. 

Corte di appello di Torino, 04-10-2001
Il soggetto, che abbia perso il padre in conseguenza di un fatto illecito verificatosi prima della sua nascita, ha subito un danno ingiusto essendo ravvisabile in capo al concepito una situazione tutelata dall’ordinamento giuridico, costituita dal diritto alla vita ed a condizioni di vita tali che la personalità dell’individuo si estrinsechi nel miglior modo possibile; conseguentemente il figlio rimasto privato del padre prima della nascita ha diritto ad essere risarcito per le privazioni economiche sotto il profilo del diritto al mantenimento, per la sofferenza morale e per il danno esistenziale inteso come alterazione negativa di prospettiva di vita futura. 

Tribunale di Palermo, 08-06-2001
La risarcibilità dei danni morali per la morte di un congiunto presuppone, oltre al rapporto di parentela, anche la perdita, in concreto, di un effettivo e valido sostegno morale, non riscontrabile in mancanza di una situazione di convivenza, ove si tratti di soggetto che, per il tipo di parentela, non abbia diritto di essere assistito anche moralmente dalla vittima; in particolare, devono senz’altro considerarsi come aventi diritto al risarcimento il coniuge, i figli, i genitori, i fratelli e le sorelle (in breve, tutti i componenti della c.d. famiglia nucleare, per i quali appare irrilevante anche la cessazione della convivenza); quanto agli altri parenti ed affini (nonni, nipoti, zii, cugini, cognati ecc.), la legittimazione attiva può esser loro riconosciuta soltanto se, oltre all’esistenza del rapporto di parentela o di affinità, concorrano ulteriori circostanze atte a far ritenere che la morte del familiare abbia comportato la perdita di un effettivo e valido sostegno morale. Cass., sez. III, 14-07-2003, n. 11007
In una causa di risarcimento danni da incidente stradale, le dichiarazioni dei redditi hanno efficacia probatoria privilegiata, ai sensi dell’art. 4 l. 26 febbraio 1977 n. 39. 

Cass., sez. III, 07-11-2002, n. 15641
I genitori di persona minore d’età, deceduta in conseguenza dell’altrui atto illecito, ai fini della liquidazione del danno patrimoniale futuro provocato dal venir meno della aspettativa degli stretti congiunti ad un contributo economico da parte del familiare prematuramente scomparso, hanno l’onere di allegare e provare che il figlio deceduto avrebbe verosimilmente contribuito ai bisogni della famiglia. 

Cass., sez. III, 25-07-2002, n. 10898
I figli che a seguito della morte dei genitori sono stati accolti dai nonni materni, da questi mantenuti, educati e istruiti sino al raggiungimento del venticinquesimo anno di età, non hanno subito alcun pregiudizio di carattere patrimoniale, per effetto della perdita del padre, della madre e dei contributi economici da questi dati per il loro mantenimento. La morte dei genitori ha provocato un pregiudizio patrimoniale non a carico dei figli (le cui esigenze di vita sono state completamente assicurate dai nonni materni), ma dei detti nonni materni che hanno dovuto far fronte a tutte le spese del caso. 

Cass., sez. III, 28-02-2002, n. 2962
Il diritto al risarcimento del danno patrimoniale subito dai genitori di un minore deceduto in conseguenza di un fatto illecito si sostanzia nel venir meno delle aspettative di un contributo economico che, secondo un criterio di normalità, la vittima avrebbe destinato a loro beneficio; a tal fine non rileva che i genitori stessi dispongano, al momento dell’evento, di fonti di reddito tali da rendere inutile qualsiasi contributo del figlio, salvo che la valutazione complessiva non consenta di presumere, al riguardo, l’assenza di mutamenti del quadro nel corso degli anni. 

Corte di appello di Torino, 04-10-2001
Il figlio rimasto privato del padre prima della nascita ha diritto ad essere risarcito per le privazioni economiche sotto il profilo del diritto al mantenimento, per la sofferenza morale e per il danno esistenziale inteso come alterazione negativa di prospettiva di vita futura. 

Cass., sez. III, 13-02-2002, n. 2082
È configurabile un danno biologico risarcibile per gli stretti congiunti della persona deceduta per effetto di illecita condotta altrui solo se le sofferenze causate a costoro da detta perdita abbiano determinato una lesione della integrità psico-fisica degli stessi. 

Tribunale di Bolzano, 27-11-2000
I prossimi congiunti di persona deceduta in conseguenza dell’altrui atto illecito hanno diritto al risarcimento del danno psichico, ove si accerti che l’evento luttuoso ha determinato una patologia psichica, con conseguente radicale mutamento dello stile e delle condizioni di vita.

30/06/2006 

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