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Inaugurazione anno giudiziario

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16/04/2025

A VOI TUTTI

Nel nome del Popolo Italiano: buon anno giudiziario 2025!

 S’apre l’anno, rituale immutato:

propositi nuovi, promesse sentite,

liturgia composita e parole appassite,

tocchi e guanti, del tempo andato.

 

Il processo civile promette fulgore,

e vecchio rimane, con schema già noto,

sei atti per parte, senza riscatto,

così svanite speranze ed onore.

 

Marziale non siede giammai in Parlamento:

un unico atto basterebbe per parte,

stretto, essenziale, con concetti d'arte,

per ottener dell'azione riconoscimento.

 

Si vuole il penale senza carte né penne,

il sistema si perde tra nebbie lontane,

con un digitale che sulla sabbia rimane,

per incertezza trista e perenne.

 

Un nativo digitale al timone servirebbe,

guidato da giurista, sapiente e sicuro,

per un sistema affidabile e maturo,

ché informatica e diritto fonderebbe.

 

L'A.I., ultima scoperta virtuale,

irrompe nella vita, abbatte ogni muro,

strumento eccezionale, speranza di futuro,

per uomini di Giustizia, risorsa speciale.

 

Gli avvocati temon che il digitale,

portando innovazioni, tolga il mestiere,

ma invece amplia sapere e piacere,

e rende il lavoro gioioso e geniale.

 

Separar vie s'invoca, la lotta s'è accesa,

l'Aventin si minaccia, confronto forte,

tra chi lo combatte e chi ne teme la morte,

parole infuocate, ragione è contesa.

 

Gli avvocati alzano la voce garbata;

fra le istituzioni torni rispetto,

confronto duro ma corretto:

no a Giustizia in conflitto e isolata.

 

Nel chiaroscuro, una luce sincera:

la Sezione Lavoro di Milano si innalza,

tempi brevi con diritto che calza,

virtù e dedizione, isola vera.

 

Pochi mesi: sentenza è pronunciata,

per tutte le parti ascolto imparziale,

su scienza giuridica, autorità leale;

da capaci giudici sempre onorata.

 

Con egual pregio d'Appello la Corte,

efficiente nei tempi e nel fare,

approdo sicuro per diritti da affermare.

per torti e ragioni, è risolutiva sorte;

 

segno dei tempi presenti è constatare:

sezione al femminile ormai composta,

una vittoria sulla storia da celebrare.

 

Dal nostro studio, auguri sinceri,

ché la Giustizia sia indipendenza,

faro di legalità, di tutta evidenza,

e il diritto trionfi senza misteri.

Il patto di prova, contenuti e forma

In occasione della stipulazione di un contratto di lavoro subordinato, le parti possono ben convenire che l’assunzione avvenga con il patto di prova. Inserire in un contratto di lavoro questo patto significa che il datore di lavoro e il lavoratore prima della scadenza del termine finale della prova, possono decidere di sciogliersi liberamente dal contratto. Lo scioglimento può avvenire dall’oggi al domani, senza alcuna conseguenza negativa per il soggetto che assume l’iniziativa di farlo. Chi si scioglie dal rapporto di lavoro non deve dare alcun preavviso e non deve pagare alcuna indennità sostitutiva. Il datore di lavoro non deve dare la prova della sussistenza di un  giustificato motivo o di una giusta causa per poter intimare il licenziamento.

Il patto di prova, però, per essere valido e produrre gli effetti che abbiamo indicato, richiede dei requisiti di forma e di sostanza che possiamo così sintetizzare. Innanzitutto, il patto di prova deve essere concluso in forma scritta. Questa forma è un elemento essenziale. Se le parti dovessero stipulare il patto in forma verbale quel patto sarebbe semplicemente nullo. Non vale niente, come se non fosse mai stato concluso e voluto dalle parti. La nullità del patto di prova significa che il rapporto di lavoro è diventato definitivo e per essere risolto per iniziativa dell’azienda occorrono i rigorosi requisiti previsti dalla legge sulla giustificazione del licenziamento.

Un ulteriore requisito essenziale per la validità del patto di prova è costituito dalla indicazione delle mansioni che dovranno essere oggetto della prova. Le mansioni devono essere ben individuate e specificate nella lettera di assunzione. Le mansioni possono essere individuate anche con il semplice richiamo al contratto collettivo e all’inquadramento. Ma il contratto collettivo così richiamato  deve fornire una conoscenza certa delle specifiche mansioni che dovranno essere oggetto della prova e che il lavoratore è chiamato a svolgere. Se il contratto collettivo in quel livello dovesse prevedere diversi profili professionali, la validità del patto di prova è seriamente compromessa.

Nei mesi o nei giorni della prestazione lavorativa, il lavoratore deve essere effettivamente adibito alle mansioni indicate nella lettera di assunzione. Lealtà esige che le mansioni svolte per provarsi reciprocamente debbano essere quelle volute e indicate nell’atto sottoscritto dalle parti.

La durata della prova varia da contratto collettivo a contratto collettivo e con riferimento al livello di inquadramento attribuito al lavoratore. Più alto è il livello più lungo può essere il patto di prova. La prova di un quadro ha necessità di un periodo di reciproca osservazione più lungo rispetto ad un operaio chiamato a svolgere mansioni semplici e ripetitive. La durata massima non può superare i sei mesi. La durata della prova può essere inferiore rispetto a quella indicata dal contratto collettivo ma non può superare la durata massima prevista dal contratto collettivo.

Il patto di prova può essere inserito anche in un contratto a tempo determinato oppure in un contratto a part time o anche in un contratto a part time e a tempo determinato. La durata della prova in un contratto a tempo determinato può essere più contenuto temporalmente rispetto a un contratto a tempo indeterminato. Per conoscere l’effettiva disciplina bisogna sempre far riferimento al contratto collettivo che si applica al rapporto di lavoro e attenersi scrupolosamente alle sue indicazioni.

Concluso il contratto le parti hanno l’obbligo di esperire la prova per un congruo termine di reciproca osservazione. Lo esige la buona fede nell’esecuzione del contratto.

Un patto di prova ben fatto non fa sorgere problemi nel caso in cui l’azienda prima della scadenza del termine decida di risolvere il rapporto di lavoro. Nel caso in cui il patto dovesse essere nullo e l’impresa dovesse occupare più di 15 addetti, al lavoratore illegittimamente licenziato spetta un risarcimento del danno che va da un minimo di 6 a un massimo di 36 mensilità. Se l’impresa è di dimensioni più contenute il risarcimento va da due a sei mensilità della retribuzione. In tutti i casi la retribuzione mensile si calcola facendo riferimento alla retribuzione utile per il calcolo del tfr. Nella realtà sono frequenti i casi di nullità del patto di prova per assenza dei requisiti che abbiamo indicato. I principi sono chiari ma la loro esistenza non sempre è ben conosciuta da chi nell’azienda gestisce le assunzioni e conclude i contratti di lavoro.