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Maltrattava la moglie, l’ATM lo licenzia: la Cassazione conferma la giusta causa.

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24/12/2024

 

Maltrattava la moglie, l’ATM lo licenzia: la Cassazione conferma la giusta causa.

Il lavoratore in questione è stato condannato con sentenza definitiva alla pena di due anni e sei mesi di reclusione per avere commesso, nell’ambito della propria vita familiare, diversi episodi di violenza sessuale ai danni della moglie, maltrattamenti abituali (con umiliazioni e atteggiamenti prevaricatori) e lesioni personali. Le condotte violente si sono protratte per un periodo di tempo prolungato, comprendendo non un singolo episodio isolato, ma una serie di atti gravi e reiterati. L’azienda (ha disposto il licenziamento del lavoratore in seguito alla condanna penale definitiva, ritenendo che le gravi e reiterate condotte commesse  fossero incompatibili con il proseguimento del rapporto di lavoro.

La Corte di Cassazione ha ribadito che i comportamenti illeciti commessi dal lavoratore al di fuori dell’ambito lavorativo (c.d. condotta extralavorativa) possono ugualmente giustificare l’applicazione di sanzioni disciplinari, fino al licenziamento, qualora risultino sufficientemente gravi da ledere il vincolo fiduciario con il datore di lavoro o da esporre lo stesso a conseguenze dannose, anche solo potenziali. Il lavoratore non deve soltanto adempiere correttamente alla propria prestazione, ma ha anche l’obbligo di non tenere, al di fuori del lavoro, comportamenti che possano minare la fiducia del datore o danneggiare l’immagine e gli interessi morali e materiali dell’azienda. Nel caso esaminato, il lavoratore era un conducente di autobus, dunque in costante contatto con il pubblico e tenuto a conservare un elevato autocontrollo.  Le condotte illecite, pur consumate in ambito familiare, erano contraddistinte da violenza abituale e ripetuta, tali da far ritenere compromessa la sua affidabilità. La gravità dei fatti, già accertati in sede penale con condanna irrevocabile, ha inciso sulla prospettiva di un futuro corretto adempimento degli obblighi lavorativi, specie in considerazione della delicatezza delle mansioni. Il datore di lavoro, di fronte a fatti di particolare gravità, non è obbligato a scegliere una sanzione conservativa meno severa: è una facoltà discrezionale che va valutata caso per caso.

Sintetizzando la decisione, il principio affermato dalla Cassazione è che il datore di lavoro può recedere dal rapporto per giusta causa anche se i fatti si sono verificati fuori dell’ufficio o dell’azienda, purché la natura e la gravità di tali fatti compromettano in modo serio la futura correttezza della prestazione e il rapporto fiduciario su cui il contratto di lavoro si fonda.Cassazione civile sez. lav., 11/12/2024, (ud. 06/11/2024, dep. 11/12/2024), n.31866.

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La professione di avvocato incide nel campo della libertà, della sicurezza, della giustizia e, in modo più ampio, sulla protezione dello Stato di diritto. Essa si esercita con autonomia e indipendenza, dignità ed onore, segretezza professionale e lealtà, al fine di tutelare i diritti e gli interessi della persona nei confronti tanto dei privati quanto dei pubblici poteri, contribuendo così alla applicazione delle leggi ed alla corretta amministrazione della giustizia. In una società democratica l’Avvocatura rappresenta un baluardo normativo nella difesa dell’interesse pubblico al perseguimento della giustizia. L’avvocato, dunque, non è mero prestatore di servizi, in un’ottica di puro mercato; il suo é un impegno professionale e sociale, perché al di là del singolo caso concreto, che vede protagonisti le parti del processo, vi sono regole e principi generali che compongo l’ordinamento giuridico, sul cui rispetto è fondata la pacifica convivenza di tutti. Come scriveva l’illustre giurista, e Costituente, Piero Calamandrei: “Molte professioni possono farsi col cervello e non col cuore. Ma l’avvocato no. (…) L’avvocato deve essere prima di tutto un cuore: un altruista, uno che sappia comprendere gli altri uomini e farli vivere in sé, assumere i loro dolori e sentire come sue le loro ambasce. L’avvocatura è una professione di comprensione, di dedizione e di caritàPer questo amiamo la toga: per questo vorremmo che, quando il giorno verrà, sulla nostra bara sia posto questo cencio nero: al quale siamo affezionati perché sappiamo che esso ha servito a riasciugare qualche lacrima, a risollevare qualche fronte, a reprimere qualche sopruso: e soprattutto a ravvivare nei cuori umani la fede, senza la quale la vita non merita di essere vissuta, nella vincente giustizia”. L’avvocato è strumento stesso della giustizia, nella misura in cui avvicina chi ha subito un torto al giudice, che è chiamato a fornire il giusto rimedio di legge. Avv. Paolo Gallo