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Non è sufficiente la sola chiusura del cantiere edìle perché un licenziamento sia legittimo

tag  News  licenziamento  giustificato  motivo  oggettivo 

14/03/2021

Occorre anche l’impossibilità di attribuire altre mansioni

Un geometra con rapporto di lavoro subordinato è stato licenziato a seguito della chiusura del cantiere edile sul quale stava lavorando. Il Tribunale ha ritenuto legittimo il licenziamento perché “la chiusura del cantiere aveva comportato la soppressione del posto di lavoro, così come di tutti gli altri dipendenti che vi erano addetti, in quanto il completamento dei residui lavori era stato affidato in subappalto ad un'altra società; inoltre, non vi era possibilità di una ricollocazione del lavoratore-geometra, come desumibile dalla grave situazione di crisi che aveva condotto la società al concordato preventivo e alla progressiva chiusura di altri cantieri.”

La Corte di Appello, ribaltando questo giudizio del Tribunale, ha, invece reintegrato il geometra nel posto di lavoro condannando la società al pagamento delle retribuzioni perse. A sostegno della decisione la Corte di Appello ha osservato:

“- che la chiusura del cantiere avrebbe potuto integrare una ragione di ordine organizzativo o produttivo solo se il geometra fosse stato assunto per essere impiegato esclusivamente in quel determinato cantiere, mentre nel caso in esame il geometra era stato assunto per far parte dell'organico permanente dell'impresa, per cui solo l'eventuale abolizione della sua postazione lavorativa con modifica dell'organico avrebbe potuto giustificare il licenziamento;

- che, dall'esame dei documenti, era risultato che il geometra venne assunto per lavorare presso la sede della società, con possibilità di assegnazione di compiti e mansioni fuori sede e che, inoltre, a partire da una certa data il geometra era stato nominato "procuratore speciale" della società per l'espletamento di qualsiasi attività di ordine tecnico, amministrativo e contabile in ordine ai lavori eseguiti o in corso o futuri della società, senza alcuna limitazione al solo cantiere che era stato chiuso.”

La società datrice di lavoro contro questa sentenza del Tribunale, che le dava torto, ha fatto ricorso in Cassazione sostenendo di aver dato la dimostrazione non solo della chiusura del cantiere, ma anche del "licenziamento di tutte le unità", e dello stato di crisi aziendale comprovato dalla procedura di concordato preventivo in continuità, ancora in essere.

Le lagnanze della società datrice di lavoro sono state respinte dalla Cassazione per vizi di forma: i motivi di impugnazione sono stati ritenuti argomentati in modo generico e in parte sono stati ritenuti inammissibili, perché prospettavano delle situazioni in fatto che non erano state oggetto di specifica eccezione difensiva della società nelle cause di merito.

La Cassazione, comunque, ha colto l’occasione per ribadire che nel licenziamento per giustificato motivo oggettivo è necessario “che sia dimostrato il nesso tra la soppressione di una postazione lavorativa e il licenziamento” del lavoratore, prova che nella specie non era stata fornita in quanto il geometra era stato assunto per l'organico permanente dell'azienda. La sentenza ha pure richiamato l'orientamento interpretativo della Corte stessa “secondo cui l'ultimazione delle opere edili non è sufficiente a configurare un giustificato motivo di recesso, salvo che il datore di lavoro non dimostri l'impossibilità di utilizzazione dei lavoratori medesimi in altre mansioni compatibili, con riferimento alla complessità dell'impresa e alla generalità dei cantieri nei quali è dislocata la relativa attività.” Cassazione sez, lavoro Sentenza n.. 6916 Anno 2021, pubblicata l’11/03/2021.

Per la Cassazione, inoltre, “Ulteriore ragione di inammissibilità del ricorso dell’azienda è ravvisabile nella prospettata crisi aziendale che avrebbe determinato un riassetto organizzativo con il licenziamento di "tutte le unità" lavorative e non solo di quelle addette al cantiere dove era adibito il geometra. Per la Cassazione si tratta di un assunto nuovo portato alla attenzione dei giudici: la sentenza ha riferito della prosecuzione dell'attività aziendale e dell'avvenuto licenziamento dei soli addetti a quel cantiere. Il datore di lavoro, per la Cassazione “tenta di introdurre una questione di cui non vi è cenno nella sentenza impugnata”; il motivo è  inammissibile per essere totalmente nuovo rispetto alla precedente materia del contendere tra le parti.

In Cassazione perché i motivi possano essere ritenuti validamente proposti e possano essere esaminati dalla Corte devono essere specifici, e occorre esporli con completezza nell’atto per impedire che i giudici dell’alta Corte debbano andare a scartabellare tra i voluminosi e polverosi fascicoli cartacei delle parti per ricercare i documenti che sono posti a sostegno dei motivi di impugnazione. Si tratta di un principio che si chiama autonomia e completezza dell’atto. Senza questa autonomia, la Corte non entra nel merito dei motivi, non li esamina nemmeno e li rigetta con immediatezza per inammissibilità. È una mannaia che colpisce almeno il 45% dei motivi di ricorso per Cassazione; il dato risulta da un’indagine statistica tratta dalle pronunce della Cassazione eseguita nel 2019 e riportata nella rivista Lavoro Diritti Europa. Nella sentenza che abbiamo esaminato evidentemente il datore di lavoro, fra l’altro, non si è difeso secondo questi canoni espositivi e argomentativi che la Cassazione richiede a chi le si rivolge. Si può perdere rovinosamente anche per motivi solo formali.

 



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