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SE L’AZIENDA CHIUDE, LA GRAVIDANZA NON SOSPENDE L’EFFICACIA DEL LICENZIAMENTO.

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29/06/2020

IL RAPPORTO DI LAVORO SI RISOLVE CON IL SEMPLICE PREAVVISO

Con ricorso depositato presso la Cancelleria del tribunale di Milano una lavoratrice chiamare in causa il suo datore di lavoro per far dichiarare la nullità del licenziamento con la condanna a reintegrarla nel posto di lavoro nonché a corrisponderle un’indennità mensile corrispondente alla retribuzione globale di fatto di € 1.700,83 , dalla data del licenziamento a quella di sua effettiva reintegrazione nel posto di lavoro; il datore di lavoro si è costituito in  giudizio, contestando  le deduzioni e le domande avversarie e ha concluso per il loro rigetto.

Il giudice esperiva inutilmente il tentativo di conciliazione e dopo aver sentito il testimone indicato dall’azienda ha respinto la domanda della lavoratrice con la seguente motivazione: La ricorrente è stata licenziata con lettera in data 6 novembre 2015 (con effetto dal successivo 30 novembre) all'esito della procedura di licenziamento collettivo espletata, avendo la società deciso la cessazione totale dell'attività. La ricorrente dubita della legittimità del licenziamento evidenziandone la nullità a causa del suo stato di gravidanza con conseguente violazione dell'articolo 54 decreto legislativo numero 151 del 2001. Peraltro, ha evidenziato come fosse non veritiera la motivazione della cessazione dell'attività, tenuto conto che dalla misura camerale non emerge alcuna cessazione di attività né alla data del licenziamento né in data successiva; ed ha dedotto che la società cooperativa continua a svolgere la propria attività presso la RSA Il Gelso di Vittuone.

Com’è noto l’art. 54 D.lgs. 15/2001 dispone:

Le lavoratrici non possono essere licenziate dall'inizio del periodo di gravidanza fino al termine dei periodi di interdizione dal lavoro previsti dal Capo III, nonché fino al compimento di un anno di età del bambino.

Il divieto di licenziamento opera in connessione con lo stato oggettivo di gravidanza.        

Il divieto di licenziamento non si applica nel caso:            

b) di cessazione dell'attività dell'azienda cui essa è addetta;

Ebbene, è documentale che la società ha esperito la procedura di licenziamento collettivo finalizzata al licenziamento di tutti i dipendenti in funzione della disposta cessazione dell’attività aziendale.

Ed ha provato con i testimoni che alla data del licenziamento l’attività aziendale era effettivamente cessata.

Da quanto precede si ricava pertanto che la convenuta ha sconfessato le deduzioni della ricorrente sia sotto il profilo - da lei dedotto - che la società avrebbe proseguito l’attività gestendo l’appalto per il Gelso di Vittuone sia sotto l’altro profilo, più generale, che l’attività aziendale è del tutto venuta meno”.

Decreto di rigetto n.  28878/2016 del 02/11/2016.

 Il Giudice del lavoro Dr. Riccardo Atanasio.

Pandora, la prima donna della mitologia greca che inaugura la discriminazione di genere

 Narra un mito greco che la prima donna mandata sulla terra dagli dei fosse Pandora, e che fosse stata inviata per punire gli uomini della loro superbia. In un tempo lontanissimo, infatti, sulla terra esistevano solo esseri di sesso maschile, quando l’eroe Prometeo (colui che guarda avanti), amico degli uomini, volle portar loro il fuoco e quindi il progresso.  Gli dei, irati per questo atto di disobbedienza, condannarono Prometeo ad una pena atroce e gli uomini ad aver bisogno delle donne.  A Pandora gli dei avevano donato sia un bell’aspetto che un cuore menzognero ed un’indole ambigua. La prima donna era stata definita “un male così bello” che nessuno le poteva sfuggire.   Ora, il fratello di Prometeo,  che si chiamava Epimeteo, un giovane impulsivo che non pensava alle conseguenze delle sue azioni ( il suo nome significa “vedo dopo”), si invaghì di Pandora e la portò nella sua casa. Alla donna era stato detto che non avrebbe dovuto mai aprire un certo vaso: quale migliore raccomandazione per cedere alla tentazione di aprirlo? Il vaso venne aperto. Fu così che tutti i mali, prima sconosciuti agli esseri umani, si diffusero sulla terra. Ma, per fortuna, sul fondo del vaso rimase attaccata solo la speranza, unica consolazione per l’umanità. 

 Il mito greco con questa narrazione ci fornisce la spiegazione sulle ragioni della differenza di genere attribuendo la radice di tutti i mali del mondo alla donna. Nella mitologia greca e nei secoli successivi, la posizione della donna è stata sempre connotata da emarginazione e discriminazione perché nel pensiero filosofico le si è attribuita la causa di tutti i mali del mondo. La donna nella nostra storia meno recente non ha mai avuto ruoli, tranne rarissimi casi. A questa concezione negativa della mitologia greca fa da parallelo, sulla riva opposta del mare Egeo, anche la narrazione del libro della genesi con la figura di Eva che, con il suo comportamento, ha causato la sua definitiva cacciata, insieme a quella di Adamo, dal paradiso terrestre. La cultura occidentale moderna affonda le sue radici nella storia e nei valori greco-giudaico-cristiani. Ben si comprende, quindi, la dura lotta delle donne per conquistare nell'epoca moderna la parità di genere sul lavoro. Pandora ed Eva, anche ai giorni nostri, costituiscono il subconscio e la subcultura con cui occorre confrontarsi nella lotta quotidiana per conquistare la parità di genere nella società, nelle istituzioni e anche sul luogo di lavoro.  

 

Divieto di discriminazione
è vietata la discriminazione fondata sul sesso avente ad oggetto:
l'accesso al lavoro, il trattamento retributivo, i premi, la qualifica,  le mansioni, la carriera e ogni altro aspetto del trattamento economico e normativo.
la discriminazione può essere diretta o indiretta. La discriminazione indiretta si ha quando un comportamento o una condotta che appaiono essere neutri in realtà discriminano in ragione del sesso.

 Dimissioni e maternità

La risoluzione consensuale del rapporto o la richiesta di dimissioni presentate dalla lavoratrice, durante il periodo di gravidanza, e dalla lavoratrice o dal lavoratore durante i primi tre anni di vita del bambino o nei primi tre anni di accoglienza del minore adottato o in affidamento, o, in caso di adozione internazionale, nei primi tre anni, devono essere convalidate dal servizio ispettivo del Ministero del lavoro e delle politiche sociali competente per territorio. A detta convalida e' sospensivamente condizionata l'efficacia della risoluzione del rapporto di lavoro.