20/02/2020
Una lavoratrice ha chiesto il risarcimento dei danni contro la Costa crociere S.p.A. e la Cruise Ships Catering and Service International nella loro qualità di datori di lavoro, per le molestie sessuali poste in essere nei suoi confronti da due dipendenti, suoi superiori gerarchici, e seguite, a breve distanza di tempo, dallo stupro perpetrato nei di lei confronti da uno dei due. Il risarcimento dei danni biologici e morali contro il datore di lavoro è stato richiesto per la sussistenza della responsabilità indiretta di cui all'articolo 2049 del codice civile.
Il tribunale di Genova ha accolto la domanda della lavoratrice ma la corte di appello ha aumentato del 50% la misura del risarcimento dei danni biologici , in considerazione della gravità del pregiudizio fisico e psichico riportato dalla parte offesa
Il consulente tecnico d’ufficio aveva riconosciuto alla persona della lavoratrice l'esistenza di danni di carattere permanente, rappresentati dal disturbo post traumatico da stress, con stato depressivo, quantificati in misura pari al 15% con la specificazione che i postumi in questione "incidevano negativamente in misura equivalente al biologico" sulla vita di relazione; la consulenza tecnica evidenziava che erano state determinate due poste, una di danno biologico pari al 15% (secondo le tabelle del risarcimento del danno) e l’altra di danno non patrimoniale alla vita di relazione, riconosciuto in egual misura rispetto al danno biologico, pari anch’esso al 15%.
Contro la sentenza ha proposto ricorso in cassazione la lavoratrice lamentando l'omesso riconoscimento a suo favore dei gravi danni morali subitì. Il danno morale è da identificarsi con il dolore, come in ipotesi della vergogna, della disistima di sé, della paura, ovvero della disperazione. Questo danno si distingue nettamente dagli altri danni.
La cassazione ha accolto il ricorso della lavoratrice perché ha riconosciuto l'autonomia e la rilevanza della voce del danno definito come morale ed ha così rinviato la causa alla corte d'appello che "dovrà provvedere alla liquidazione di una autonoma voce di danno per il pregiudizio intrinseco, personale, connesso alla sofferenza interiore, valutato in considerazione anche della giovane età della danneggiata e della situazione familiare e personale della stessa ma non quantificato dal giudice di merito".
Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza n. 4099/20; depositata il 18 febbraio.
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La professione di avvocato incide nel campo della libertà, della sicurezza, della giustizia e, in modo più ampio, sulla protezione dello Stato di diritto. Essa si esercita con autonomia e indipendenza, dignità ed onore, segretezza professionale e lealtà, al fine di tutelare i diritti e gli interessi della persona nei confronti tanto dei privati quanto dei pubblici poteri, contribuendo così alla applicazione delle leggi ed alla corretta amministrazione della giustizia. In una società democratica l’Avvocatura rappresenta un baluardo normativo nella difesa dell’interesse pubblico al perseguimento della giustizia. L’avvocato, dunque, non è mero prestatore di servizi, in un’ottica di puro mercato; il suo é un impegno professionale e sociale, perché al di là del singolo caso concreto, che vede protagonisti le parti del processo, vi sono regole e principi generali che compongo l’ordinamento giuridico, sul cui rispetto è fondata la pacifica convivenza di tutti. Come scriveva l’illustre giurista, e Costituente, Piero Calamandrei: “Molte professioni possono farsi col cervello e non col cuore. Ma l’avvocato no. (…) L’avvocato deve essere prima di tutto un cuore: un altruista, uno che sappia comprendere gli altri uomini e farli vivere in sé, assumere i loro dolori e sentire come sue le loro ambasce. L’avvocatura è una professione di comprensione, di dedizione e di carità. Per questo amiamo la toga: per questo vorremmo che, quando il giorno verrà, sulla nostra bara sia posto questo cencio nero: al quale siamo affezionati perché sappiamo che esso ha servito a riasciugare qualche lacrima, a risollevare qualche fronte, a reprimere qualche sopruso: e soprattutto a ravvivare nei cuori umani la fede, senza la quale la vita non merita di essere vissuta, nella vincente giustizia”. L’avvocato è strumento stesso della giustizia, nella misura in cui avvicina chi ha subito un torto al giudice, che è chiamato a fornire il giusto rimedio di legge. Avv. Paolo Gallo