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Lo straining (stress forzato) forma attenuata di mobbing: fonte di responsabilità risarcitoria contro il datore di lavoro

tag  News  straining  stress  forzato  azioni  vessatorie  danno 

16/01/2020

Cassazione sez. Lavoro ordinanza n. 3977, 2018

English version  Il tribunale di Brescia ha condannato il  datore di lavoro al risarcimento dei danni subiti dalla dipendente liquidato in euro 11.329. La dipendente era stata dichiarata inidonea all'insegnamento ed era stata assegnata alla segreteria della scuola; dopo questa assegnazione è sorta tensione con la dirigenza scolastica allorquando la lavoratrice aveva rappresentato che occorreva ulteriore personale per l'espletamento dei servizi amministrativi. A queste richieste il dirigente scolastico aveva reagito sottraendole gli strumenti di lavoro, attribuendole mansioni didattiche, sia pur in compresenza con altri docenti, nonostante l'accertata inidoneità; il dirigente scolastico ha infine privato la lavoratrice di ogni mansione lasciando la totalmente inattiva. Il tribunale ha qualificato la condotta del datore di lavoro non mobbizzante ma caratterizzata da straining ossia da stress forzato deliberatamente inflitto alla vittima dal superiore gerarchico con un obiettivo discriminatorio. Il tribunale all'epoca ha ammesso la consulenza medica che ha concluso la sua indagine riconoscendo che la lavoratrice aveva subito dei danni di natura psico-fisica. Nella causa è stato provato il nesso causale tra la condotta del datore di lavoro ed il danno biologico subito dalla lavoratrice. La corte di appello di Brescia ha confermato la sentenza. Il datore di lavoro ha fatto ricorso in cassazione. La cassazione, però, ha riconfermato la sentenza di condanna affermando che "la nozione medico-legale dello straining anziché quella del mobbing" corrisponde ai canoni di legge perché lo Straining "altro non è se non una forma attenuata di mobbing nella quale non si riscontra il carattere della continuità delle azioni vessatorie". Se queste azioni producono danno all'integrità psicofisica del lavoratore, si giustifica la pretesa risarcitoria fondata sull'articolo 2087 codice civile. La corte di cassazione afferma di aver sempre e costantemente accolto il principio secondo il quale l'articolo 2087 del codice civile deve essere interpretato in modo estensivo "costituzionalmente orientato al rispetto dei beni essenziali e primari quali sono il diritto alla salute, la dignità umana e i diritti inviolabili della persona, tutelati dagli articolo 32, 41 e 2 della costituzione". Le azioni ostili del datore di lavoro; puntualmente allegate e provate nella causa avanti il tribunale, consistenti nella privazione ingiustificata degli strumenti di lavoro e nell'assegnazione di mansioni non compatibili con lo stato di salute ed infine la riduzione in una condizione umiliante di totale inoperosità, giustificano pienamente la condanna al risarcimento dei danni. Cassazione sez. Lavoro ordinanza n. 3977, 2018  depositata il 19 febbraio.

 

 

Pandora, la prima donna della mitologia greca che inaugura la discriminazione di genere

 Narra un mito greco che la prima donna mandata sulla terra dagli dei fosse Pandora, e che fosse stata inviata per punire gli uomini della loro superbia. In un tempo lontanissimo, infatti, sulla terra esistevano solo esseri di sesso maschile, quando l’eroe Prometeo (colui che guarda avanti), amico degli uomini, volle portar loro il fuoco e quindi il progresso.  Gli dei, irati per questo atto di disobbedienza, condannarono Prometeo ad una pena atroce e gli uomini ad aver bisogno delle donne.  A Pandora gli dei avevano donato sia un bell’aspetto che un cuore menzognero ed un’indole ambigua. La prima donna era stata definita “un male così bello” che nessuno le poteva sfuggire.   Ora, il fratello di Prometeo,  che si chiamava Epimeteo, un giovane impulsivo che non pensava alle conseguenze delle sue azioni ( il suo nome significa “vedo dopo”), si invaghì di Pandora e la portò nella sua casa. Alla donna era stato detto che non avrebbe dovuto mai aprire un certo vaso: quale migliore raccomandazione per cedere alla tentazione di aprirlo? Il vaso venne aperto. Fu così che tutti i mali, prima sconosciuti agli esseri umani, si diffusero sulla terra. Ma, per fortuna, sul fondo del vaso rimase attaccata solo la speranza, unica consolazione per l’umanità. 

 Il mito greco con questa narrazione ci fornisce la spiegazione sulle ragioni della differenza di genere attribuendo la radice di tutti i mali del mondo alla donna. Nella mitologia greca e nei secoli successivi, la posizione della donna è stata sempre connotata da emarginazione e discriminazione perché nel pensiero filosofico le si è attribuita la causa di tutti i mali del mondo. La donna nella nostra storia meno recente non ha mai avuto ruoli, tranne rarissimi casi. A questa concezione negativa della mitologia greca fa da parallelo, sulla riva opposta del mare Egeo, anche la narrazione del libro della genesi con la figura di Eva che, con il suo comportamento, ha causato la sua definitiva cacciata, insieme a quella di Adamo, dal paradiso terrestre. La cultura occidentale moderna affonda le sue radici nella storia e nei valori greco-giudaico-cristiani. Ben si comprende, quindi, la dura lotta delle donne per conquistare nell'epoca moderna la parità di genere sul lavoro. Pandora ed Eva, anche ai giorni nostri, costituiscono il subconscio e la subcultura con cui occorre confrontarsi nella lotta quotidiana per conquistare la parità di genere nella società, nelle istituzioni e anche sul luogo di lavoro.  

 

Divieto di discriminazione
è vietata la discriminazione fondata sul sesso avente ad oggetto:
l'accesso al lavoro, il trattamento retributivo, i premi, la qualifica,  le mansioni, la carriera e ogni altro aspetto del trattamento economico e normativo.
la discriminazione può essere diretta o indiretta. La discriminazione indiretta si ha quando un comportamento o una condotta che appaiono essere neutri in realtà discriminano in ragione del sesso.

 Dimissioni e maternità

La risoluzione consensuale del rapporto o la richiesta di dimissioni presentate dalla lavoratrice, durante il periodo di gravidanza, e dalla lavoratrice o dal lavoratore durante i primi tre anni di vita del bambino o nei primi tre anni di accoglienza del minore adottato o in affidamento, o, in caso di adozione internazionale, nei primi tre anni, devono essere convalidate dal servizio ispettivo del Ministero del lavoro e delle politiche sociali competente per territorio. A detta convalida e' sospensivamente condizionata l'efficacia della risoluzione del rapporto di lavoro.