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Dedicarsi a lavori extraziendali durante la malattia, non comporta l'automatica legittimità del licenziamento

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03/01/2020

Occorre esaminare attentamente il comportamento del lavoratore, lo afferma la Cassazione

Un operario è stato licenziato per giusta causa dalla società Tasso s.r.l. per avere svolto attività lavorativa in proprio (tinteggiatura di esterni) durante l’ultimo giorno di un periodo di assenza per malattia protrattosi dal 14.7.2015 al 17.7.2015 per asserita gastroenterite; la Corte d’Appello di L’Aquila rigettava il reclamo proposto ex art. 1 comma della legge n. 92 del 2012 e confermava la sentenza del Tribunale di Lanciano che aveva dichiarato l’illegittimità del licenziamento e, in accoglimento della domanda subordinata proposta dalla società, aveva applicato nei confronti del lavoratore la sanzione disciplinare conservativa di tre giorni di sospensione dal lavoro:

La società ha fatto ricorso in Cassazione. La Cassazione, premesso che alcune censure della società avevano ad oggetto la ricostruzione dei fatti, sui quali non aveva il potere di intervenire per legge, ha rigettato il ricorso dichiarando che i giudici nell’emettere la loro sentenza si sono uniformati ai principi affermati dalla Cassazione così sintetizzati:

"lo svolgimento di altra attività lavorativa da parte del dipendente, durante lo stato di malattia, configura la violazione degli specifici obblighi contrattuali di diligenza e fedeltà, nonché dei doveri generali di correttezza e buona fede, oltre che nell’ipotesi in cui tale attività esterna sia, di per sé, sufficiente a far presumere l’inesistenza della malattia, anche nel caso in cui la medesima attività, valutata con giudizio ex ante in relazione alla natura della patologia e delle mansioni svolte, possa pregiudicare o ritardare la guarigione o il rientro in servizio" (da ultimo, Cass. n. 10416 del 27/04/2017). Risulta evidente dunque come non sia sufficiente il mero svolgimento di un’attività lavorativa durante la malattia per configurare una violazione dei principi di buona fede e diligenza, poiché "non sussiste per il lavoratore assente per malattia un divieto assoluto di prestare - durante tale assenza - attività lavorativa in favore di terzi, purché questa non evidenzi una simulazione di infermità, ovvero importi violazione al divieto di concorrenza, ovvero ancora, compromettendo la guarigione del lavoratore, implichi inosservanza al dovere di fedeltà imposto al prestatore d’opera. Pertanto non si configura giusta causa di licenziamento ove non sia stato provato che il lavoratore abbia agito fraudolentemente in danno del datore di lavoro, simulando la malattia per assentarsi in modo da poter espletare un lavoro diverso o lavorando durante l’assenza con altre imprese concorrenti (con quella cui è contrattualmente legato) oppure - anziché collaborare al recupero della salute per riprendere al più presto la propria attività lavorativa -abbia compromesso o ritardato la propria guarigione strumentalizzando così il suo diritto al riposo per trarne un reddito dal lavoro diverso in costanza di malattia ed in danno del proprio datore di lavoro" (v. ancora Cass. n. 4237 del 3/03/2015).

Il licenziamento è stato così definitivamente convertito in una sanzione conservativa del posto di lavoro.Corte di Cassazione, sez. VI Civile – L, ordinanza n. 17424/18; depositata il 4 luglio

 

ART. 2110 malattia. In caso di malattia, se la legge non stabilisce forme equivalenti di previdenza o di assistenza, è dovuta al prestatore di lavoro la retribuzione o una indennità nella misura e per il tempo determinati dalle leggi speciali dagli usi o secondo equità.

Nei casi di malattia, l'imprenditore ha diritto di recedere dal contratto, decorso il periodo stabilito dalla legge dagli usi o secondo equità.


Il periodo di assenza dal lavoro per malattia deve essere computato nell'anzianità di servizio.

Malattia e contratto collettivo. Tutti i contratti collettivi prevedono una disciplina particolareggiata della malattia, che si applica ai lavoratori destinatari di quel contratto collettivo. Per conoscere questa disciplina occorre esaminare lo specifico contratto collettivo che si applica al rapporto di lavoro. I contratti collettivi prevedono il trattamento economico spettante al lavoratore nei giorni di assenza  dal lavoro per malattia. 





Periodo di comporto. Con queste parole si definisce il periodo di tempo durante il quale il lavoratore, assente dal lavoro per malattia, conserva il diritto a non essere licenziato. Superato questo limite temporale, il datore di lavoro ha la facoltà di intimare il licenziamento riconoscendo il preavviso. I contratti collettivi prevedono diverse figure di periodo di comporto. Vi sono contratti collettivi molto garantisti per i lavoratori e altri contratti che, invece, danno una garanzia minima  di durata temporale.