A- A A+

Il licenziamento che gode della stabilita' obbligatoria si decide nella stessa causa sulla stabilità reale

Lo riafferma la Cassazione, risolvendo una questione processuale molto controversa

Con la riforma Fornero del 2012, sull’impugnazione del licenziamento, si sono introdotte due procedure diverse. Se si dovesse rivendicare la reintegrazione nel posto di lavoro occorre procedere con il rito sommario, privilegiato sugli altri riti, che ha 4 gradi di giudizio e regole ferree sui tempi di impugnazione, se si dovesse chiedere solo il risarcimento dei danni si procede con il classico e tradizionale rito ordinario, cadenzato sui tre gradi del giudizio, con i tempi normali sulle impugnazioni del rito ordinario. Tempi ben noti a tutti.

In questi 6 anni che ci separano dalla riforma Fornero, è regnata sovranauna grande confusione interpretativa sulle nuove norme processuali da applicare in quelle situazioni di mezzo o ambigue dove non era chiaro se si fosse in presenza di stabilita obbligatoria o di stabilità reale. Gli indirizzi processuali si sono sbizzarriti, normalmente a danno dei lavoratori. In questi tempi è noto che a rimetterci sonosempre i più deboli. C’è una specie di accanimento interpretativo revanscista da parte di certa magistratura.

La cassazione con questa pronuncia, mette le cose nel loro giusto posto e afferma che nella stessa procedura del rito Fornero, promosso con la richiesta della reintegrazione nel posto di lavoro, ben possono essere proposte in via subordinata le domande tipiche della stabilita obbligatoria, senza incorrere in decadenze e senza dover sottostare alla moltiplicazione delle cause. Il principio giuridico è stato cosi formulato:

"Questa Corte intende aderire al più recente orientamento costituito da Cass. 13 giugno 2016, n. 12094 che, discostandosi da Cass., 10 agosto 2015, n. 16662, ha optato per un’interpretazione dell’art. 1, co. 48, della c.d. legge Fornero "utile che dia senso e contenuto alla disposizione", alla luce dei principi generali di strumentalità del processo, di economia processuale e di conservazione dell’efficacia degli atti processuali. Ha così innanzitutto chiarito che non si può condividere l’opinione di chi sostiene che la domanda di impugnativa dei licenziamenti nelle ipotesi regolate dalla L. n. 604/1966 sia fondata su fatti costitutivi diversi da quella fondata sull’art. 18 dello Statuto, in quanto il requisito dimensionale dell’impresa non è un elemento costitutivo della domanda del lavoratore (v. Cass., sez. un., 10 gennaio 2016, n. 141). Ha così affermato che la domanda di tutela avverso il licenziamento nelle ipotesi regolate dall’art. 18 St. lav. e quella avente ad oggetto l’impugnativa del medesimo recesso cui possa essere, in via subordinata, riconosciuta la tutela di cui all’art. 8 della L. n. 604/1966, possano essere proposte in unico ricorso, con rito ex art. 1, co. 48, della L. n. 92/2012, in quanto fondate sugli stessi fatti costitutivi, poiché la dimensione dell’impresa non è un elemento costitutivo della domanda del lavoratore, e, la prospettata interpretazione estensiva della disciplina di cui alla L. n. 92/2012, consente di evitare la parcellizzazione dei giudizi in modo che da un’unica vicenda estintiva del rapporto di lavoro possa scaturire un unico processo."   Sentenza Cassazione, Sezione Lavoro, n. 15084 dell'11 giugno 2018.pdf

 La sentenza merita sicura approvazione perché corrisponde ai principi del nostro ordinamento. La cassazione questa volta ha assunto la funzione del giudice di Berlino di Brecht che narra la storia di un mugnaio che lotta duramente contro l' imperatore per vedere riparato un abuso, fino a quando a Berlino trova il giusto giudice che lo ascolta e accoglie la sua domanda contro l’imperatore.ma questo mi piace questo se