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La mancata partecipazione alle esercitazioni di tiro, non giustifica il licenziamento della guardia giurata

tag  News  esercitazioni  tiro  licenziamento  guardia  giurata 

20/05/2018

Cassazione sentenza n. 12094 resa pubblica il 17 maggio 2018.

La folgorpol srl ha licenziato una guardia giurata; a fondamento del licenziamento vi è stata anche la contestazione di addebito che il lavoratore non avesse eseguito entro il prescritto semestre le esercitazioni di tiro. Il tribunale ha reintegrato la guardia nel suo posto di lavoro ed ha rilevato che quanto alla contestazione relativa alla mancata effettuazione delle esercitazioni di tiro, che ben avrebbe potuto (e dovuto) l'azienda, consapevole del fatto che l'ultima esercitazione del Lavoratore risaliva al 2010, sollecitare o ricordare il tiro semestrale e non piuttosto comunque utilizzare il dipendente nel servizio esponendosi pure ai controlli degli organi di Polizia; la mancanza non era di gravità tale da giustificare il licenziamento. La cassazione ha respinto il ricorso dell’azienda  e esaminando la motivazione della corte di appello ha affermato che “ la Corte territoriale, al di là dell'interpretazione dell'indicato Regolamento e dell'individuazione del termine da cui far decorrere il computo del semestre per le esercitazioni da compiersi, ha incentrato la propria valutazione sulla circostanza che la societa' (unica custode del libretto di tiro) fosse ben consapevole del fatto che l'ultima esercitazione risaliva al 10/10/2010 e cio' nonostante avesse utilizzato il lavoratore  nel servizio, esponendosi a rilievi e contestazioni degli organi di Polizia deputati ai controlli, ed e', per tale via, giunta alla conclusione che anche tale addebito fosse significativo di una mala fede contrattuale, come un pretesto per liberarsi di un dipendente 'scomodo'”.  La guardia giurata è rimasta definitivamente reintegrata nel posto di lavoro e il ricorso dell’azienda è stato duramente respinto. Cassazione n. 12094 resa pubblica il 17 maggio 2018.

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La professione di avvocato incide nel campo della libertà, della sicurezza, della giustizia e, in modo più ampio, sulla protezione dello Stato di diritto. Essa si esercita con autonomia e indipendenza, dignità ed onore, segretezza professionale e lealtà, al fine di tutelare i diritti e gli interessi della persona nei confronti tanto dei privati quanto dei pubblici poteri, contribuendo così alla applicazione delle leggi ed alla corretta amministrazione della giustizia. In una società democratica l’Avvocatura rappresenta un baluardo normativo nella difesa dell’interesse pubblico al perseguimento della giustizia. L’avvocato, dunque, non è mero prestatore di servizi, in un’ottica di puro mercato; il suo é un impegno professionale e sociale, perché al di là del singolo caso concreto, che vede protagonisti le parti del processo, vi sono regole e principi generali che compongo l’ordinamento giuridico, sul cui rispetto è fondata la pacifica convivenza di tutti. Come scriveva l’illustre giurista, e Costituente, Piero Calamandrei: “Molte professioni possono farsi col cervello e non col cuore. Ma l’avvocato no. (…) L’avvocato deve essere prima di tutto un cuore: un altruista, uno che sappia comprendere gli altri uomini e farli vivere in sé, assumere i loro dolori e sentire come sue le loro ambasce. L’avvocatura è una professione di comprensione, di dedizione e di caritàPer questo amiamo la toga: per questo vorremmo che, quando il giorno verrà, sulla nostra bara sia posto questo cencio nero: al quale siamo affezionati perché sappiamo che esso ha servito a riasciugare qualche lacrima, a risollevare qualche fronte, a reprimere qualche sopruso: e soprattutto a ravvivare nei cuori umani la fede, senza la quale la vita non merita di essere vissuta, nella vincente giustizia”. L’avvocato è strumento stesso della giustizia, nella misura in cui avvicina chi ha subito un torto al giudice, che è chiamato a fornire il giusto rimedio di legge. Avv. Paolo Gallo