18/05/2018
La casa di cura RERIF s.r.l ha intimato il licenziamento disciplinare ad un medico che si era reso autore di un fatto di inadempienza che i giudici hanno così definitivamente ricostruito: "alla presenza di dipendenti della casa di cura nonché di utenti e loro familiari presenti negli uffici per il disbrigo di pratiche amministrative" il Di Pa. gridò nel corridoio degli uffici amministrativi quindi, spalancata la porta della Direzione, aggredito verbalmente il titolare che era a colloquio con altre persone, proferiva le seguenti parole: "ma tu non hai un c.o da fare. . . cresci una buona volta"; quindi di essere uscito da quella stanza sbattendo la porta e di essere rientrato nell'ufficio amministrativo ove erano ancora presenti gli utenti e le impiegate D’Ad., Mo. e Ma. - e di essersi rivolto all'addetta al personale dicendo con aria minacciosa "vi denuncio tutti alla Procura della Repubblica". Il tribunale ha ritenuto legittimo il licenziamento mentre la corte di appello lo ha dichiarato illegittimo ordinando la reintegrazione nel posto di lavoro, con il risarcimento del danno, riconoscendo al medico lavoratore una tutela piena. La cassazione, chiamata a pronunciarsi ha ritenuto errata la pronuncia della corte d'appello rilevando che il comportamento del medico " non può certamente ritenersi privo del carattere di antigiuridicità" perché quel "comportamento risulta indubbiamente esistente e per di più avvenuto in presenza del personale dell'azienda e degli utenti di essa, nei confronti del dirigente e del personale dell'azienda, e dunque, teoricamente, di particolare gravità." La causa è stata rinviata ad altra corte di appello perché riesamini il caso e lo adegui alle previsioni di legge e del contratto collettivo, secondo i principi giuridici così come ricostruiti dalla corte stessa. Corte di Cassazione, sez. Lavoro, ordinanza n. 12102/18; depositata il 17 maggio.
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La professione di avvocato incide nel campo della libertà, della sicurezza, della giustizia e, in modo più ampio, sulla protezione dello Stato di diritto. Essa si esercita con autonomia e indipendenza, dignità ed onore, segretezza professionale e lealtà, al fine di tutelare i diritti e gli interessi della persona nei confronti tanto dei privati quanto dei pubblici poteri, contribuendo così alla applicazione delle leggi ed alla corretta amministrazione della giustizia. In una società democratica l’Avvocatura rappresenta un baluardo normativo nella difesa dell’interesse pubblico al perseguimento della giustizia. L’avvocato, dunque, non è mero prestatore di servizi, in un’ottica di puro mercato; il suo é un impegno professionale e sociale, perché al di là del singolo caso concreto, che vede protagonisti le parti del processo, vi sono regole e principi generali che compongo l’ordinamento giuridico, sul cui rispetto è fondata la pacifica convivenza di tutti. Come scriveva l’illustre giurista, e Costituente, Piero Calamandrei: “Molte professioni possono farsi col cervello e non col cuore. Ma l’avvocato no. (…) L’avvocato deve essere prima di tutto un cuore: un altruista, uno che sappia comprendere gli altri uomini e farli vivere in sé, assumere i loro dolori e sentire come sue le loro ambasce. L’avvocatura è una professione di comprensione, di dedizione e di carità. Per questo amiamo la toga: per questo vorremmo che, quando il giorno verrà, sulla nostra bara sia posto questo cencio nero: al quale siamo affezionati perché sappiamo che esso ha servito a riasciugare qualche lacrima, a risollevare qualche fronte, a reprimere qualche sopruso: e soprattutto a ravvivare nei cuori umani la fede, senza la quale la vita non merita di essere vissuta, nella vincente giustizia”. L’avvocato è strumento stesso della giustizia, nella misura in cui avvicina chi ha subito un torto al giudice, che è chiamato a fornire il giusto rimedio di legge. Avv. Paolo Gallo