15/03/2018
English version I lavoratori degli Stati membri della Comunità europea, circolano liberamente senza più le vecchie frontiere. Le aziende nazionali possono distaccare i loro lavoratori negli altri Stati membri applicando a quei lavoratori le loro norme nazionali. Il costo del lavoro negli Stati membri non è uguale in tutti i singoli Stati. In alcuni il costo è alto in altri molto basso. Da questa disparità la tentazione dell’imbroglio per scavalcare le regole del mercato e la corretta e leale concorrenza tra le imprese.
Il sistema europeo della libera circolazione per poter funzionare richiede la correttezza gestionale da parte dei singoli Stati membri ma ogni Stato membro comunque ha gli anticorpi giuridici per poter reagire efficacemente a eventuali abusi degli altri Stati membri che possono scegliere di agire in modo disinvolto per favorire le imprese nazionali. Questa sentenza della Corte Europea né è la prova evidente avendo posto nel nulla le autorizzazioni amministrative della Bulgaria e legittimato l’azione delle autorità amministrative belghe.
Il principio generale è quello che le persone che esercitano attività subordinata nel territorio di uno Stato membro sono soggette alla registrazione di tale Stato anche se risiede nel territorio di un altro Stato membro o se l'impresa o il datore di lavoro da cui dipende ha la propria sede o il proprio domicilio nel territorio di un altro Stato membro.
A questa regola generale vi è un'eccezione; l'eccezione è così formulata, secondo le previsioni dell'articolo 14 del regolamento numero 1408/71: "La persona che esercita un'attività subordinata nel territorio di uno Stato membro presso l'impresa dalla quale dipende normalmente ed è distaccata da questa impresa nel territorio di un altro Stato membro per svolgere un lavoro per conto della medesima rimane soggetta alla registrazione del primo Stato membro, a condizione che la durata prevedibile di tale lavoro non superi i 12 mesi e che essa non sia inviata in sostituzione di un'altra persona giunta al termine del suo periodo di distacco".
Il caso specifico: l'ispettorato sociale del Belgio ha svolto un'inchiesta sull'impiego del personale da parte di un'azienda di diritto belga attiva nel settore edilizio. Da questa indagine è emerso che questa società era praticamente sprovvista di personale proprio e affidava tutti i suoi cantieri in subappalto a imprese bulgare che distaccavano lavoratori in Belgio. Questi lavoratori risultavano essere muniti di un il certificato delle autorità bulgare che li autorizzava a svolgere la loro attività lavorativa in Belgio; dalle indagini belghe era emerso che per questi lavoratori i contributi previdenziali non erano pagati in Belgio ma erano versati in Bulgaria (ovviamente in misura inferiore). Dalle indagini svolte in Belgio era emerso inoltre che i certificati autorizzativi dei dei lavoratori che prestavano la loro attività in Belgio erano stati rilasciati dalle autorità bulgare in modo fraudolento. In Belgio i responsabili della società sono stati condannati penalmente. La corte europea chiamata a pronunciarsi sulla questione è giunto alla conclusione che il giudice nazionale può ben ignorare il contenuto dei certificati amministrativi rilasciati dalle competente autorità degli altri Stati membri nel caso in cui le persone utilizzate nei lavori siano stati distaccati servendosi di certificati ottenuti in modo fraudolento.
Corte Europea Grande Sezione Sentenza del 6 febbraio 2018 nella causa c-359/2016.
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La professione di avvocato incide nel campo della libertà, della sicurezza, della giustizia e, in modo più ampio, sulla protezione dello Stato di diritto. Essa si esercita con autonomia e indipendenza, dignità ed onore, segretezza professionale e lealtà, al fine di tutelare i diritti e gli interessi della persona nei confronti tanto dei privati quanto dei pubblici poteri, contribuendo così alla applicazione delle leggi ed alla corretta amministrazione della giustizia. In una società democratica l’Avvocatura rappresenta un baluardo normativo nella difesa dell’interesse pubblico al perseguimento della giustizia. L’avvocato, dunque, non è mero prestatore di servizi, in un’ottica di puro mercato; il suo é un impegno professionale e sociale, perché al di là del singolo caso concreto, che vede protagonisti le parti del processo, vi sono regole e principi generali che compongo l’ordinamento giuridico, sul cui rispetto è fondata la pacifica convivenza di tutti. Come scriveva l’illustre giurista, e Costituente, Piero Calamandrei: “Molte professioni possono farsi col cervello e non col cuore. Ma l’avvocato no. (…) L’avvocato deve essere prima di tutto un cuore: un altruista, uno che sappia comprendere gli altri uomini e farli vivere in sé, assumere i loro dolori e sentire come sue le loro ambasce. L’avvocatura è una professione di comprensione, di dedizione e di carità. Per questo amiamo la toga: per questo vorremmo che, quando il giorno verrà, sulla nostra bara sia posto questo cencio nero: al quale siamo affezionati perché sappiamo che esso ha servito a riasciugare qualche lacrima, a risollevare qualche fronte, a reprimere qualche sopruso: e soprattutto a ravvivare nei cuori umani la fede, senza la quale la vita non merita di essere vissuta, nella vincente giustizia”. L’avvocato è strumento stesso della giustizia, nella misura in cui avvicina chi ha subito un torto al giudice, che è chiamato a fornire il giusto rimedio di legge. Avv. Paolo Gallo