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Sottrae dal bancone gomme e caramelle per un valore di 9,80 euro: licenziato in tronco, senza se e senza ma.

Leso in modo irreversibile il rapporto di fiducia

Il fatto. Nel mese di aprile del 2009 alle ore 13.10, Un lavoratore, scattato l'allarme antitaccheggio al momento del suo passaggio nella portineria del Supermercato ove prestava servizio, era stato trovato in possesso di confezioni di gomme e di caramelle del valore complessivo di Euro 9.80; né nella immediatezza dei fatti né in sede disciplinare il lavoratore aveva spiegato le ragioni del possesso dei beni rivenuti nel "giacchetto" e nei pantaloni; non era stata provata l'esistenza di dissapori tra il lavoratore ed il capo della sicurezza; era rimasta indimostrata l'esistenza di un piano volto ad "incastrare"  il lavoratore,  in quanto la merce era stata rinvenuta non solo nel giacchetto, che il lavoratore aveva riferito di avere lasciato incustodito, ma anche nei pantaloni che il ricorrente indossava; l'elemento intenzionale era desumibile dalla circostanza che il lavoratore, al pari degli altri dipendenti, non era a conoscenza del fatto che sui prodotti esposti negli scaffali erano stati apposti dispositivi antitaccheggio non visibili (adesivi); la gravità della condotta e la proporzione della sanzione espulsiva non potevano ritenersi escluse dal valore esiguo dei beni sottratti, avuto riguardo alla organizzazione del lavoro (esposizione delle merci alla pubblica fede), alle mansioni affidate al lavoratore, (sino al 2008 addetto alla sicurezza; al momento di commissione dei fatti sottesi al licenziamento addetto rifornimento degli scaffali); l'inesistenza di precedenti disciplinari non costituiva elemento sufficiente per escludere la lesione del vincolo fiduciario in ragione della oggettiva gravità del comportamento e dell'elemento soggettivo, compendiatosi nella negazione dei doveri fondamentali che incombono sul lavoratore e su qualsiasi cittadino.

La Corte di Cassazione, chiamata a pronunciarsi in modo definitivo sul licenziamento, lo ha dichiarato pienamente legittimo, affermando che:

“ Va, al riguardo, osservato che secondo il consolidato orientamento giurisprudenziale di questa Corte, la valutazione in ordine alla ricorrenza della giusta causa e al giudizio di proporzionalità della sanzione espulsiva deve essere operata con riferimento agli aspetti concreti afferenti alla natura e alla utilità del singolo rapporto, alla posizione delle parti, al grado di affidamento richiesto dalle specifiche mansioni del dipendente, al nocumento eventualmente arrecato, alla portata soggettiva dei fatti stessi, ossia alle circostanze del loro verificarsi, ai motivi e all'intensità dell'elemento intenzionale o di quello colposo (tra le più recenti, Cass. 1977/2016, 1351/2016, 12059/2015 25608/2014). Con la precisazione, quanto a quest'ultimo che, al fine di ritenere integrata la giusta causa di licenziamento, non è necessario che l'elemento soggettivo della condotta del lavoratore si presenti come intenzionale o doloso, nelle sue possibili e diverse articolazioni, posto che anche un comportamento di natura colposa, per le caratteristiche sue proprie e nel convergere degli altri indici della fattispecie, può risultare idoneo a determinare una lesione del vincolo fiduciario così grave ed irrimediabile da non consentire l'ulteriore prosecuzione del rapporto. (Cass. 13512/2016, 5548/2010).
 Con riguardo ai casi nei quali siffatta indagine debba compiersi, come nel caso concreto, in relazione ad una contestazione di "asportazione di beni" dell'azienda, questa Corte ha sottolineato (Cass. 3122/2015, 19684/2014, 6219/2014, 6447/2005, 15320/2004, 14507/2003, 6609/2003, 7462/2002, 5633/2001, 11806/1997) che la modesta entità del fatto può essere ritenuta non tanto con riferimento alla tenuità del danno patrimoniale, quanto in relazione all'eventuale tenuità del fatto oggettivo, sotto il profilo del valore sintomatico che lo stesso può assumere rispetto ai futuri comportamenti del lavoratore e, quindi, alla fiducia che nello stesso può nutrire l'azienda, essendo necessario al riguardo che i fatti addebitati rivestano il carattere di grave negazione degli elementi del rapporto di lavoro e, specialmente, dell'elemento essenziale della fiducia, cosicché la condotta del dipendente sia idonea a porre in dubbio la futura correttezza del suo adempimento.  Alla luce di tali principi deve, quindi, essere condiviso il giudizio valoriale di gravità della condotta contestata e di proporzionalità della sanzione espulsiva, formulato dalla Corte territoriale in corretta applicazione dei principi innanzi richiamati.

 La Corte territoriale ha, infatti, tenuto conto della peculiarità della organizzazione aziendale caratterizzata dalla esposizione della merce esposta nei banchi di vendita, del fatto che le mansioni affidate al lavoratore comportavano diretto contatto con la merce (il ricorrente fino al settembre 2008 aveva svolto mansioni di addetto alla sicurezza ed all'epoca della commissione dell'illecito era addetto al rifornimento degli scaffali) e del carattere fraudolento della condotta, desunto dalla convinzione del lavoratore che la sottrazione non sarebbe stata scoperta perché le confezioni di gomme e di caramelle trovate nelle tasche del "giacchetto" e dei pantaloni erano prive dei tradizionali visibili dispostivi antitaccheggio (di recente e all'insaputa dei lavoratori erano stati apposti sulla merce adesivi idonei a far scattare l'allarme antifurto). Proprio il dimostrato carattere fraudolento, nella specie palesemente doloso e premeditato, della condotta del lavoratore è stato ritenuto sintomatico della sua, anche prospettica, inaffidabilità e, come tale, idoneo ad incidere in maniera grave ed irreversibile sull'elemento fiduciario, nonostante la modesta entità del danno patrimoniale e la mancanza di precedenti disciplinari.
14. Sulla scorta delle considerazioni svolte il ricorso va rigettato.”

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza n. 24014/17; depositata il 12 ottobre.

Commento

I giudici hanno mostrato grande severità contro i peccati di gola del dipendente, che non si sa frenare  di fronte alle caramelle  e alla gomma da masticare.  Non rubare costituisce uno dei dieci comandamenti delle tavole di Mosè, il settimo. il comandamento non si discute. Quel comandamento, però, sembra non valere per i  banchieri, i politici e i grand commis di Stato  ma è applicato, quando se ne presenta l'occassione, con rigore estremo contro chi lavorando compie una leggerezza; in questo caso di gola. Forse, con un po’ di buon senso e senza ricorrere ai massimi sistemi giuridici con i combinati disposti, si sarebbe ben punito quel lavoratore dandogli una sanzione di 5 o anche 10 giorni  di sospensione dal lavoro e non l’espulsione dal posto con ignominia. Con un po’ di innovativa fantasia giuridica gli si sarebbe potuto imporre, con la legge del contrappasso dantesco,  anche  il divieto di mangiare caramelle e masticare gomma per un anno intero. Il criterio della proporzione sarebbe stato pienamente rispettato e con quello anche il senso di giustizia. 

Nella foto: opera di Luca Vernizzi, pittore milanese, per il nsotro sito.

Comunicazione della cessazione del rapporto di lavoro agli enti amministrativi

Entro 5 giorni dalla data risoluzione del rapporto di lavoro, il datore di lavoro è tenuto ad informare il Centro per l’impiego competente della cessazione del rapporto di lavoro (art. 21, comma 1, Legge n. 264/1949).

 La comunicazione di cessazione deve essere eseguita anche in presenza di un rapporto di lavoro a termine, allorché avvenga in data antecedente alla data di fine rapporto comunicata al momento della sua instaurazione, proroga o trasformazione. Va comunicata inoltre anche la risoluzione posticipata nel caso del contratto a tempo determinato che si prolunghi per prosecuzione di fatto.

 L’omessa comunicazione è punita con una sanzione amministrativa da € 100 a € 500, per ciascun lavoratore interessato (art. 19, comma 3, D.lgs.276/2003). 

ARTICOLO 2119 codice civile. Recesso per giusta causa. Il datore di lavoro o il lavoratore  possono recedere dal contratto prima della scadenza del termine, se il contratto è a tempo determinato, o senza preavviso, se il contratto è a tempo indeterminato, qualora si verifichi una causa che non consenta la prosecuzione, anche provvisoria, del rapporto. Se il contratto è a tempo indeterminato, al prestatore di lavoro che recede per giusta causa compete l'indennità sostituiva del preavviso.

ART. 18 dello statuto dei lavoratori. Tutela del lavoratore in caso di licenziamento disciplinare illegittimo. Il giudice, nelle ipotesi in cui accerta che non ricorrono gli estremi del giustificato motivo soggettivo o della giusta causa addotti dal datore di lavoro, per insussistenza del fatto contestato ovvero perche' il fatto rientra tra le condotte punibili con una sanzione conservativa sulla base delle previsioni dei contratti collettivi ovvero dei codici disciplinari applicabili, annulla il licenziamento e condanna il datore di lavoro alla reintegrazione nel posto di lavoro e al pagamento di un'indennita' risarcitoria commisurata all'ultima retribuzione globale di fatto dal giorno del licenziamento sino a quello dell'effettiva reintegrazione, Il datore di lavoro e' condannato, altresi', al versamento dei contributi previdenziali e assistenziali dal giorno del licenziamento fino a quello della effettiva reintegrazione.

ARTICOLO 2118 codice civile. Recesso dal contratto a tempo indeterminato. Ciascuno dei contraenti può recedere dal contratto di lavoro a tempo indeterminato, dando il preavviso nel termine e nei modi stabiliti, dagli usi o secondo equità.

In mancanza di preavviso, il recedente è tenuto verso l'altra parte a un'indennità equivalente all'importo della retribuzione che sarebbe spettata per il periodo di preavviso.

 

Art. 18 dello statuto dei lavoratori : licenziamento illegittimo ma con il solo diritto ad una indennità risarcitoria, senza reintegrazione nel posto di lavoro. Il giudice, nelle altre  ipotesi (il fatto sussiste ed è stato commesso dal lavoratore) ma in cui accerta che non ricorrono comunque gli estremi del giustificato motivo soggettivo o della giusta causa addotti dal datore di lavoro, dichiara risolto il rapporto di lavoro con effetto dalla data del licenziamento e condanna il datore di lavoro al pagamento di un'indennita' risarcitoria onnicomprensiva determinata tra un minimo di dodici e un massimo di ventiquattro mensilita' dell'ultima retribuzione globale di fatto, in relazione all'anzianita' del lavoratore e tenuto conto del numero dei dipendenti occupati, delle dimensioni dell'attivita' economica, del comportamento e delle condizioni delle parti, con onere di specifica motivazione a tale riguardo.