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il fatto disciplinare sussistente ma privo di illiceità dà diritto alla reintegrazione nel posto di lavoro

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22/06/2017

Tutela fortisssima del psoto di lavoro

Un dipendente pubblica sulle sue pagine di Facebook delle frasi denigratorie nei confronti del suo datore di lavoro. Dopo aver espletato la procedura di contestazione disciplinare, il dipendente è stato licenziato per giusta causa. Il licenziamento è stato impugnato in tribunale. Il tribunale, nella fase sommaria, accoglieva il ricorso del lavoratore e ordibava la reintegrazione nel posto di lavoro con il risarcimento dei dati. In sede di opposizione, il tribunale, invece, accoglieva l'opposizione del datore di lavoro e dichiarava la legittimità del licenziamento. Contro la sentenza è stato proposto reclamo; la corte di appello ha accolto l'impugnazione del lavoratore e ha ordinato la reintegrazione nel posto di lavoro.
Ricorre in cassazione il datore di lavoro lamentando la erroneità della sentenza perché ha riconosciuto la tutela reintegratoria nonostante che fosse sussistente il fatto materiale posto a fondamento del licenziamento: ogni valutazione che attenga al profilo della proporzionalità della sanzione rispetto alla gravità della condotta contestata non è idonea a determinare la condanna del datore di lavoro alla reintegrazione del lavoratore nel posto di lavoro. In presenza di questa violazione il lavoratore ha solo diritto al risarcimento indennitario e non anche alla reintegrazione nel posto di lavoro.
La Corte di Cassazione ha rigettato questo argomentare perché:

"l'insussistenza del fatto contestato, di cui all'art. 18 stat.lav., come modificato dalla L. n. 92 del 2012, art. 1, comma 42, comprende l'ipotesi del fatto sussistente ma privo del carattere di illiceità, sicchè (anche) in tale ipotesi si applica la tutela reintegratoria, senza che rilevi la diversa questione della proporzionalità tra sanzione espulsiva e fatto di modesta illiceità (Cass. n. 20540/15 ).
Con la successiva Cass. n. 18418/16 si è al riguardo chiarito che l'assenza di illiceità di un fatto materiale pur sussistente, deve essere ricondotto all'ipotesi, che prevede la reintegra nel posto di lavoro, dell'insussistenza del fatto contestato, mentre la minore o maggiore gravità (o lievità) del fatto contestato e ritenuto sussistente, implicando un giudizio di proporzionalità, non consente l'applicazione della tutela cd. reale.
Nella specie la sentenza impugnata ha accertato la sostanziale non illiceità dei fatti addebitati, e tale accertamento non ha formato oggetto di adeguata censura ad opera della ricorrente.
Deve peraltro chiarirsi che non può ritenersi relegato nell'ambito del giudizio di proporzionalità qualunque fatto (accertato) teoricamente censurabile ma in concreto privo del requisito di antigiuridicità, non potendo ammettersi che per tale via possa essere sempre soggetto alla sola tutela indennitaria un licenziamento basato su fatti (pur sussistenti, ma) di rilievo disciplinare nullo o sostanzialmente inapprezzabile." Cassazione civile, sez. lav., 31/05/2017, (ud. 18/01/2017, dep.31/05/2017), n. 13799". 
Il fatto per la cassazione è sussistente ma non è giuridicamente rilevante; quel che importa ai fini della reintegrazione nel posto di lavoro è l'antigiuridicità del fatto che nel nostro caso non sussiste.

 

 

 

Comunicazione della cessazione del rapporto di lavoro agli enti amministrativi

Entro 5 giorni dalla data risoluzione del rapporto di lavoro, il datore di lavoro è tenuto ad informare il Centro per l’impiego competente della cessazione del rapporto di lavoro (art. 21, comma 1, Legge n. 264/1949).

 La comunicazione di cessazione deve essere eseguita anche in presenza di un rapporto di lavoro a termine, allorché avvenga in data antecedente alla data di fine rapporto comunicata al momento della sua instaurazione, proroga o trasformazione. Va comunicata inoltre anche la risoluzione posticipata nel caso del contratto a tempo determinato che si prolunghi per prosecuzione di fatto.

 L’omessa comunicazione è punita con una sanzione amministrativa da € 100 a € 500, per ciascun lavoratore interessato (art. 19, comma 3, D.lgs.276/2003). 

ARTICOLO 2119 codice civile. Recesso per giusta causa. Il datore di lavoro o il lavoratore  possono recedere dal contratto prima della scadenza del termine, se il contratto è a tempo determinato, o senza preavviso, se il contratto è a tempo indeterminato, qualora si verifichi una causa che non consenta la prosecuzione, anche provvisoria, del rapporto. Se il contratto è a tempo indeterminato, al prestatore di lavoro che recede per giusta causa compete l'indennità sostituiva del preavviso.

ART. 18 dello statuto dei lavoratori. Tutela del lavoratore in caso di licenziamento disciplinare illegittimo. Il giudice, nelle ipotesi in cui accerta che non ricorrono gli estremi del giustificato motivo soggettivo o della giusta causa addotti dal datore di lavoro, per insussistenza del fatto contestato ovvero perche' il fatto rientra tra le condotte punibili con una sanzione conservativa sulla base delle previsioni dei contratti collettivi ovvero dei codici disciplinari applicabili, annulla il licenziamento e condanna il datore di lavoro alla reintegrazione nel posto di lavoro e al pagamento di un'indennita' risarcitoria commisurata all'ultima retribuzione globale di fatto dal giorno del licenziamento sino a quello dell'effettiva reintegrazione, Il datore di lavoro e' condannato, altresi', al versamento dei contributi previdenziali e assistenziali dal giorno del licenziamento fino a quello della effettiva reintegrazione.

ARTICOLO 2118 codice civile. Recesso dal contratto a tempo indeterminato. Ciascuno dei contraenti può recedere dal contratto di lavoro a tempo indeterminato, dando il preavviso nel termine e nei modi stabiliti, dagli usi o secondo equità.

In mancanza di preavviso, il recedente è tenuto verso l'altra parte a un'indennità equivalente all'importo della retribuzione che sarebbe spettata per il periodo di preavviso.

 

Art. 18 dello statuto dei lavoratori : licenziamento illegittimo ma con il solo diritto ad una indennità risarcitoria, senza reintegrazione nel posto di lavoro. Il giudice, nelle altre  ipotesi (il fatto sussiste ed è stato commesso dal lavoratore) ma in cui accerta che non ricorrono comunque gli estremi del giustificato motivo soggettivo o della giusta causa addotti dal datore di lavoro, dichiara risolto il rapporto di lavoro con effetto dalla data del licenziamento e condanna il datore di lavoro al pagamento di un'indennita' risarcitoria onnicomprensiva determinata tra un minimo di dodici e un massimo di ventiquattro mensilita' dell'ultima retribuzione globale di fatto, in relazione all'anzianita' del lavoratore e tenuto conto del numero dei dipendenti occupati, delle dimensioni dell'attivita' economica, del comportamento e delle condizioni delle parti, con onere di specifica motivazione a tale riguardo.