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Nei giorni di malattia la procedura di contestazione deve essere sospesa

Se il lavoratore lo richiede per poter approntare le sue difese


Un dipendente di una banca milanese ha ricevuto una lettera di contestazione di addebito avente ad oggetto degli atti di negligenza nell’espletamento delle sue mansioni. L’impiegato ha risposto chiedendo la sospensione della procedura perché per potersi difendere aveva necessità di accedere all’ufficio e di esaminare il suo computer e gli altri dati aziendali. Al momento però per le sue condizioni di salute non poteva rientrare in ufficio. La banca incurante della sua richiesta lo ha licenziato per giusta causa e con effetto immediato. Il tribunale di Milano sez. lavoro, investito tempestivamente della controversia con un ricorso di urgenza, con l’assistenza del nostro studio, ha dichiarato la illegittimità della procedura e ha disposto la reintegrazione nel posto di lavoro. Per il suo interesse si riporta la parte della ordinanza del mese di maggio 2008 nella parte che interessa ai fini dell’affermazione dell’importante principio.

“Nella specie, trattandosi di licenziamento disciplinare (determinato cioè da asseriti inadempimenti da parte del lavoratore), il procedimento da applicare è quello stabilito dall'art. 7 Statuto Lav., il quale prevede l'illegittimità del recesso qualora il datore di lavoro non abbia dato la possibilità al dipendente di presentare le proprie giustificazioni. Si tratta di una garanzia procedimentale il cui mancato rispetto inficia la validità della sanzione. Tale garanzia è finalizzata a rendere possibile ed effettivo il diritto di difesa del lavoratore incolpato, al quale dev'essere consentito di accedere alla documentazione su cui si fonda la contestazione di addebito, nei limiti in cui l'esame dei documenti sia necessario al fine di consentire un'adeguata difesa.
Dagli atti risulta che l'azienda ha contestato al lavoratore una serie specifica di inadempimenti relativi a ritardi, nell'esecuzione di compiti a lui assegnati. Il ricorrente al momento della ricezione della lettera di contestazione era in malattia e, nei cinque giorni successivi, ha chiesto all'azienda di sospendere la procedura disciplinare, facendo presente che per potersi difendere in modo compiuto, avrebbe avuto la necessità - una volta venuto meno l'impedimento determinato dalla malattia- di accedere ai dati dell'ufficio per verificare il lavoro effettuato. Nonostante tale richiesta l'azienda ha ritenuto di procedere comunque al licenziamento.
Orbene, pare allo scrivente giudice che l'esercizio del diritto di difesa accordato al lavoratore debba essere effettivo e pertanto, nel caso in cui il dipendente versi in uno stato a lui non imputabile che gli impedisca di fatto di esercitare il proprio diritto di difendersi dalle contestazioni mossegli dal proprio datore di lavoro, la procedura disciplinare, anche in applicazione dei principi di buona fede e correttezza, dev'essere sospesa in attesa che l'impedimento venga rimosso.
Nella specie, il ricorrente - il quale per rendere le proprie giustificazioni aveva necessità, vista la natura delle contestazioni (incentrate sulla parziale esecuzione di determinate incombenze), di controllare la documentazione aziendale - non è stato in grado di potersi difendere compiutamente atteso lo stato morboso in cui versava che gli ha impedito. di fatto di accedere alla predetta documentazione. Ne consegue, pertanto, che il licenziamento, intimato in violazione del diritto all'effettivo contraddittorio, è irrimediabilmente viziato.” 
(ordinanza tribunale di Milano 30/04/2008, depositata in cancelleria il 06/05/2008).

Milano 12/05/2008

Comunicazione della cessazione del rapporto di lavoro agli enti amministrativi

Entro 5 giorni dalla data risoluzione del rapporto di lavoro, il datore di lavoro è tenuto ad informare il Centro per l’impiego competente della cessazione del rapporto di lavoro (art. 21, comma 1, Legge n. 264/1949).

 La comunicazione di cessazione deve essere eseguita anche in presenza di un rapporto di lavoro a termine, allorché avvenga in data antecedente alla data di fine rapporto comunicata al momento della sua instaurazione, proroga o trasformazione. Va comunicata inoltre anche la risoluzione posticipata nel caso del contratto a tempo determinato che si prolunghi per prosecuzione di fatto.

 L’omessa comunicazione è punita con una sanzione amministrativa da € 100 a € 500, per ciascun lavoratore interessato (art. 19, comma 3, D.lgs.276/2003). 

Termini di decadenza per l'impugnazione del licenziamento

Il licenziamento deve essere impugnato a pena di decadenza entro sessanta giorni dalla ricezione della sua comunicazione in forma scritta, ovvero dalla comunicazione, anch' essa in forma scritta, dei motivi, ove non contestuale, con qualsiasi atto scritto, anche extragiudiziale, idoneo a rendere nota la volonta' del lavoratore anche attraverso l'intervento dell'organizzazione sindacale diretto ad impugnare il licenziamento stesso. L'impugnazione e' inefficace se non e' seguita, entro il successivo termine di centottanta giorni, dal deposito del ricorso nella cancelleria del tribunale in funzione di giudice del lavoro o dalla comunicazione alla controparte della richiesta di tentativo di conciliazione o arbitrato. Qualora la conciliazione o l'arbitrato richiesti siano rifiutati o non sia raggiunto l'accordo necessario al relativo espletamento, il ricorso al giudice deve essere depositato a pena di decadenza entro sessanta giorni dal rifiuto o dal mancato accordo. Legge 604/1966

Tentativo preventivo di conciliazione

Il licenziamento per giustificato motivo oggettivo, qualora disposto da un datore di lavoro che occupi più di 15 addetti, deve essere preceduto da una comunicazione effettuata dal datore di lavoro alla Direzione territoriale del lavoro del luogo dove il lavoratore presta la sua opera, e trasmessa per conoscenza al lavoratore. Nella comunicazione il datore di lavoro deve dichiarare l'intenzione di procedere al licenziamento per motivo oggettivo e indicare i motivi del licenziamento medesimo nonche' le eventuali misure di assistenza alla ricollocazione del lavoratore interessato. La Direzione territoriale del lavoro trasmette la convocazione al datore di lavoro e al lavoratore nel termine perentorio di sette giorni dalla ricezione della richiesta: l'incontro si svolge dinanzi alla commissione provinciale di conciliazione. La comunicazione contenente l'invito si considera validamente effettuata quando e' recapitata al domicilio del lavoratore indicato nel contratto di lavoro o ad altro domicilio formalmente comunicato dal lavoratore al datore di lavoro, ovvero e' consegnata al lavoratore che ne sottoscrive copia per ricevuta. Le parti possono essere assistite dalle organizzazioni di rappresentanza cui sono iscritte o conferiscono mandato oppure da un componente della rappresentanza sindacale dei lavoratori, ovvero da un avvocato o un consulente del lavoro. La procedura si conclude entro venti giorni dal momento in cui la Direzione territoriale del lavoro ha trasmesso la convocazione per l'incontro. La mancata presentazione di una o entrambe le parti al tentativo di conciliazione e' valutata dal giudice nel successivo ed eventuale contenzioso giudiziario. Legge 604/1966 art. 7.

Durante la prova si può licenziare anche verbalmente

Il licenziamento deve essere comunicato per iscritto e devono essere indicati i motivi. I lavoratori assunti in prova  possono essere licenziati anche oralmente. Ma è consigliabile usare anche per essi la forma scritta con la motivazione del mancato superamento della prova. Legge 604/1966