23/01/2017
Solo nel 2016 lo Stato ha pagato ben 42 milioni di euro per risarcire le ingiuste detenzione e cioè per risarcire coloro che sono stati oggetto di arresti che non andavano eseguiti e per risarcire gli errori giudiziari. Questi errori nell'esercizio della potestà punitiva dello Stato, hanno dei costi non indifferenti. Se la giustizia penale è stata ingiusta occorre risarcire il danno subito riparando l'atto di questa ingiustizia. Dal 1992 ad oggi lo Stato ha speso ben 648 milioni di euro per l'ingiusta detenzione e 43 milione per gli errori giudiziari. Ottenere il risarcimento dei danni da parte dello Stato, però, non è cosa semplice perché i tempi occorrenti per ottenere la sentenza di condanna in genere sono molto lunghi. A volte la procedura richiede anche 10 anni. Al danno dell'ingiusta detenzione si aggiunge così l'ulteriore danno dell'ingiusto ritardo con cui si riesce ad ottenere giustizia. Gli errori giudiziari dei giudici coinvolgono l'intero territorio nazionale ma vi è qualche ufficio giudiziario che incorre più facilmente in questi errori rispetto ad altri.
L'errore giudiziario è risarcito e pagato dallo Stato e non dal giudice personalmente che ne è stato il responsabile. Quella della responsabilità personale del giudice per il risarcimento dei danni da lui procurati nell'esercizio delle sue attività giudiziaria, è un tema molto dibattuto e contrastato. Il giusto equilibrio non è stato ancora trovato.
Pandora, la prima donna della mitologia greca che inaugura la discriminazione di genere
Narra un mito greco che la prima donna mandata sulla terra dagli dei fosse Pandora, e che fosse stata inviata per punire gli uomini della loro superbia. In un tempo lontanissimo, infatti, sulla terra esistevano solo esseri di sesso maschile, quando l’eroe Prometeo (colui che guarda avanti), amico degli uomini, volle portar loro il fuoco e quindi il progresso. Gli dei, irati per questo atto di disobbedienza, condannarono Prometeo ad una pena atroce e gli uomini ad aver bisogno delle donne. A Pandora gli dei avevano donato sia un bell’aspetto che un cuore menzognero ed un’indole ambigua. La prima donna era stata definita “un male così bello” che nessuno le poteva sfuggire. Ora, il fratello di Prometeo, che si chiamava Epimeteo, un giovane impulsivo che non pensava alle conseguenze delle sue azioni ( il suo nome significa “vedo dopo”), si invaghì di Pandora e la portò nella sua casa. Alla donna era stato detto che non avrebbe dovuto mai aprire un certo vaso: quale migliore raccomandazione per cedere alla tentazione di aprirlo? Il vaso venne aperto. Fu così che tutti i mali, prima sconosciuti agli esseri umani, si diffusero sulla terra. Ma, per fortuna, sul fondo del vaso rimase attaccata solo la speranza, unica consolazione per l’umanità.
Il mito greco con questa narrazione ci fornisce la spiegazione sulle ragioni della differenza di genere attribuendo la radice di tutti i mali del mondo alla donna. Nella mitologia greca e nei secoli successivi, la posizione della donna è stata sempre connotata da emarginazione e discriminazione perché nel pensiero filosofico le si è attribuita la causa di tutti i mali del mondo. La donna nella nostra storia meno recente non ha mai avuto ruoli, tranne rarissimi casi. A questa concezione negativa della mitologia greca fa da parallelo, sulla riva opposta del mare Egeo, anche la narrazione del libro della genesi con la figura di Eva che, con il suo comportamento, ha causato la sua definitiva cacciata, insieme a quella di Adamo, dal paradiso terrestre. La cultura occidentale moderna affonda le sue radici nella storia e nei valori greco-giudaico-cristiani. Ben si comprende, quindi, la dura lotta delle donne per conquistare nell'epoca moderna la parità di genere sul lavoro. Pandora ed Eva, anche ai giorni nostri, costituiscono il subconscio e la subcultura con cui occorre confrontarsi nella lotta quotidiana per conquistare la parità di genere nella società, nelle istituzioni e anche sul luogo di lavoro.
Divieto di discriminazioneè vietata la discriminazione fondata sul sesso avente ad oggetto:
l'accesso al lavoro, il trattamento retributivo, i premi, la qualifica, le mansioni, la carriera e ogni altro aspetto del trattamento economico e normativo.
la discriminazione può essere diretta o indiretta. La discriminazione indiretta si ha quando un comportamento o una condotta che appaiono essere neutri in realtà discriminano in ragione del sesso.
Dimissioni e maternità
La risoluzione consensuale del rapporto o la richiesta di dimissioni presentate dalla lavoratrice, durante il periodo di gravidanza, e dalla lavoratrice o dal lavoratore durante i primi tre anni di vita del bambino o nei primi tre anni di accoglienza del minore adottato o in affidamento, o, in caso di adozione internazionale, nei primi tre anni, devono essere convalidate dal servizio ispettivo del Ministero del lavoro e delle politiche sociali competente per territorio. A detta convalida e' sospensivamente condizionata l'efficacia della risoluzione del rapporto di lavoro.