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Cassiere licenziato per aver abusato della propria carta fedeltà: provvedimento illegittimo se il vantaggio è minimo

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13/05/2016

La vicenda trae origine dalla condotta di un lavoratore addetto alla cassa di un supermercato che, approfittando del suo ruolo, ha utilizzato la propria ‘carta fedeltà’, aumentando il credito di punti a sua disposizione e, allo stesso tempo, attribuendo sconti e promozioni ai clienti impegnati a pagare la propria spesa. Pacifici i fatti oggetto della causa, in quanto non contestati dal lavoratore nelle modalità e nei tempi. La Corte di Appello, in parziale riforma della sentenza di primo grado, aveva dichiarato l’illegittimità del licenziamento, basandosi su due motivi confermati anche in sede di legittimità. La controversia è finita in cassazione.

Innanzitutto, la Cassazione rileva come la tardività della contestazione di addebito, avvenuta 4 mesi dopo il primo utilizzo scorretto della tessera ed immediatamente conoscibile da parte dell’azienda, sia stata ben valutata dalla Corte di Appello, che ha correttamente applicato il principio di diritto secondo cui “l'immediatezza della comunicazione dei licenziamento si configura quale elemento costitutivo del diritto al recesso del datore di lavoro, in quanto la non immediatezza della contestazione o dei provvedimento espulsivo induce ragionevolmente a ritenere che il datore di lavoro abbia soprasseduto al licenziamento ritenendo non grave o comunque non meritevole della massima sanzione la condotta del lavoratore.

E, pur dovendosi intendere il requisito della immediatezza in senso relativo - potendo in concreto essere compatibile con un intervallo di tempo, più o meno lungo, quando l'accertamento e la valutazione dei fatti richieda uno spazio temporale maggiore ovvero quando la complessità della struttura organizzativa dell'impresa possa far ritardare il provvedimento di recesso - resta comunque riservata al giudice del merito la valutazione delle circostanze di fatto che in concreto giustifichino o meno il ritardo (vedi, tra le tante: Cass. 1 luglio 2010, n. 15649; Cass. 10 settembre 2013, n. 20719; Cass. 19 giugno 2014, n. 13955)”.

Inoltre, ed è qui la questione di maggiore interesse, “a fronte dell'irrilevante vantaggio economico procuratosi da parte del lavoratore - pari a soli euro 4,14 (questo essendo il valore dei 414 punti accreditati per mezzo dell'utilizzo anomalo della tessera fedeltà) - e dei vantaggi invece derivati alla società dagli acquisti effettuati, la non immediatezza della intimazione dei licenziamento poteva ragionevolmente indurre a ritenere che la datrice di lavoro avesse soprasseduto al licenziamento, ritenendo non grave o comunque non meritevole della massima sanzione la condotta del lavoratore”.

La Corte di Cassazione, quindi, valutando in modo decisivo l’irrisorietà del vantaggio economico procuratosi da parte del lavoratore, specialmente a fronte dei vantaggi avuti dall’azienda, le cui merci sono state comunque acquistate, ha rigettato il ricorso, confermando definitivamente l’illegittimità del licenziamento.

(Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 23 febbraio – 11 maggio 2016, n. 9680).

 

 

Comunicazione della cessazione del rapporto di lavoro agli enti amministrativi

Entro 5 giorni dalla data risoluzione del rapporto di lavoro, il datore di lavoro è tenuto ad informare il Centro per l’impiego competente della cessazione del rapporto di lavoro (art. 21, comma 1, Legge n. 264/1949).

 La comunicazione di cessazione deve essere eseguita anche in presenza di un rapporto di lavoro a termine, allorché avvenga in data antecedente alla data di fine rapporto comunicata al momento della sua instaurazione, proroga o trasformazione. Va comunicata inoltre anche la risoluzione posticipata nel caso del contratto a tempo determinato che si prolunghi per prosecuzione di fatto.

 L’omessa comunicazione è punita con una sanzione amministrativa da € 100 a € 500, per ciascun lavoratore interessato (art. 19, comma 3, D.lgs.276/2003). 

ARTICOLO 2119 codice civile. Recesso per giusta causa. Il datore di lavoro o il lavoratore  possono recedere dal contratto prima della scadenza del termine, se il contratto è a tempo determinato, o senza preavviso, se il contratto è a tempo indeterminato, qualora si verifichi una causa che non consenta la prosecuzione, anche provvisoria, del rapporto. Se il contratto è a tempo indeterminato, al prestatore di lavoro che recede per giusta causa compete l'indennità sostituiva del preavviso.

ART. 18 dello statuto dei lavoratori. Tutela del lavoratore in caso di licenziamento disciplinare illegittimo. Il giudice, nelle ipotesi in cui accerta che non ricorrono gli estremi del giustificato motivo soggettivo o della giusta causa addotti dal datore di lavoro, per insussistenza del fatto contestato ovvero perche' il fatto rientra tra le condotte punibili con una sanzione conservativa sulla base delle previsioni dei contratti collettivi ovvero dei codici disciplinari applicabili, annulla il licenziamento e condanna il datore di lavoro alla reintegrazione nel posto di lavoro e al pagamento di un'indennita' risarcitoria commisurata all'ultima retribuzione globale di fatto dal giorno del licenziamento sino a quello dell'effettiva reintegrazione, Il datore di lavoro e' condannato, altresi', al versamento dei contributi previdenziali e assistenziali dal giorno del licenziamento fino a quello della effettiva reintegrazione.

ARTICOLO 2118 codice civile. Recesso dal contratto a tempo indeterminato. Ciascuno dei contraenti può recedere dal contratto di lavoro a tempo indeterminato, dando il preavviso nel termine e nei modi stabiliti, dagli usi o secondo equità.

In mancanza di preavviso, il recedente è tenuto verso l'altra parte a un'indennità equivalente all'importo della retribuzione che sarebbe spettata per il periodo di preavviso.

 

Art. 18 dello statuto dei lavoratori : licenziamento illegittimo ma con il solo diritto ad una indennità risarcitoria, senza reintegrazione nel posto di lavoro. Il giudice, nelle altre  ipotesi (il fatto sussiste ed è stato commesso dal lavoratore) ma in cui accerta che non ricorrono comunque gli estremi del giustificato motivo soggettivo o della giusta causa addotti dal datore di lavoro, dichiara risolto il rapporto di lavoro con effetto dalla data del licenziamento e condanna il datore di lavoro al pagamento di un'indennita' risarcitoria onnicomprensiva determinata tra un minimo di dodici e un massimo di ventiquattro mensilita' dell'ultima retribuzione globale di fatto, in relazione all'anzianita' del lavoratore e tenuto conto del numero dei dipendenti occupati, delle dimensioni dell'attivita' economica, del comportamento e delle condizioni delle parti, con onere di specifica motivazione a tale riguardo.