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SELEZIONE DELLE CANDIDATURE ED ELEZIONI PRIMARIE

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23/12/2013


Il problema della selezione delle candidature per le cariche elettive è il tema più rilevante, in materia di organizzazione e funzionamento delle organizzazioni partitiche. Infatti, oltre ad avere evidenti risvolti relativi alla democrazia interna dei partiti, soprattutto in relazione alle possibilità di partecipazione da parte dei cittadini iscritti, questa importante attività ha importanti conseguenze sulle modalità di realizzazione della stessa democrazia a livello istituzionale e statale: i candidati selezionati, infatti, sono destinati, se eletti, a ricoprire fondamentali compiti di rappresentanza delle diverse istanze presenti all’interno della società italiana, soprattutto per quanto riguarda la gestione dell’attività politica all’interno degli organi elettivi ed esecutivi, sia a livello nazionale, sia a livello locale.
Proprio a questo proposito, dottrina e giurisprudenza costituzionale hanno chiarito come la selezione delle candidature sia il fondamentale compito pubblico, attribuito dalla Costituzione ai partiti politici. Proprio con la realizzazione di questa attività, infatti, si potrebbe realizzare compiutamente la loro finalità di intermediazione fra società e istituzioni: in questo modo, infatti, le associazioni politiche possono rappresentare, attraverso il personale scelto, le diverse componenti ideologiche della società; possono, inoltre, permettere ai cittadini di partecipare attivamente e permanentemente alla vita politica del paese. Questo, perlomeno, è il modello delineato dalla Costituzione, secondo la prevalente linea interpretativa proposta da dottrina e giurisprudenza.
La realtà è ben diversa. I partiti, infatti, utilizzano la selezione delle candidature per affermare fortemente la propria oligarchia. Infatti, non lasciando spazio alla partecipazione della “base” dell’organizzazione a questa attività ed esercitando un forte controllo sulle azioni del personale scelto, le associazioni partitiche dominano la scena politica, in modo sostanzialmente incontrastato.
Tutto ciò pone, evidentemente, un importante problema democratico all’interno delle istituzioni.
Dunque, pare opportuno interrogarsi su quali siano, nello specifico, tutte le problematiche relative alla selezione delle candidature e le possibili modalità di intervento per risolverle. In particolare, alla luce di quanto è già stato affermato in questa breve introduzione al tema, sembra utile porre l’attenzione sull’esigenza di ricercare strumenti per una maggiore partecipazione dei cittadini all’individuazione dei soggetti, da cui dovranno essere rappresentati a livello istituzionale: probabilmente, infatti, solo in questo modo potrà essere in parte attenuata la tanto vituperata partitocrazia, permettendo agli elettori di esercitare compiutamente i loro diritti politici e di influenzare più incisivamente la gestione della politica nazionale.
Le elezioni primarie sono considerate il principale strumento per il raggiungimento dell’obiettivo di una maggiore democratizzazione delle operazioni di scelta delle candidature. Infatti, esse sono state definite come “procedimenti finalizzati ad influenzare e a determinare la selezione dei candidati a successive elezioni, ai quali in via di principio partecipi, ancorché con alcune limitazioni e ad alcune condizioni, lo stesso corpo elettorale di queste ultime, e che siano promossi da quanti intendano presentare candidati per l’elezione di cariche esecutive monocratiche, ovvero per l’elezione a cariche rappresentative in assemblee, a qualsiasi livello di governo” (FUSARO).
La partecipazione alle elezioni primarie può essere un decisivo strumento di apertura della selezione del personale politico alla partecipazione di una quota decisamente più ampia dei cittadini: esse possono, infatti, essere potenzialmente aperte a tutti i cittadini, senza essere necessariamente limitate agli iscritti ai partiti che le organizzano. Ciò, evidentemente, può contribuire al miglioramento della democraticità del sistema partitico italiano e alla riduzione della profonda distanza tra popolo sovrano e politica, che si è creata negli ultimi decenni.
Nonostante il fatto che l’introduzione di un tale sistema di partecipazione popolare alle dinamiche interne alle associazioni partitiche non possa che essere considerato un fatto positivo, per i motivi appena citati, non si possono, però, disconoscere le importanti problematiche pubblicistiche e strutturali che questo istituto pone. Tali questioni sono prepotentemente emerse nelle applicazioni di tale istituto nel sistema politico italiano.
Si può addirittura sostenere che le Elezioni Primarie siano ormai entrate a far parte compiutamente del nostro ordinamento politico-istituzionale, essendo state utilizzate ripetutamente dalla coalizione di centrosinistra per selezionare le candidature sia a livello locale sia a livello nazionale ed essendo in procinto di essere utilizzate dalla coalizione di centrodestra per selezionare il candidato “premier” alle prossime elezioni del 2013. Non si può, però, nascondere che ogni convocazione delle Elezioni Primarie abbia scatenato profonde discussioni e dissidi relativamente alla loro adozione e, soprattutto, alla regolazione della loro organizzazione, del loro funzionamento e delle candidature.
Da questi dibattiti, può essere ricavata l’opportunità di una riflessione sulla possibilità di introdurre nell’ordinamento italiano di una regolazione delle Elezioni Primarie a livello di legge ordinaria, che possa porre principi e norme fondamentali per ogni applicazione dell’istituto da parte di qualsiasi formazione politica.
In realtà, per comprendere esattamente l’istituto delle Elezioni Primarie e per individuare una loro possibile regolazione a livello pubblicistico, è necessario analizzare la loro origine, nonché la loro organizzazione e regolazione nello stato che ha dato loro vita, ovvero gli Stati Uniti d’America.
Le Elezioni Primarie negli Stati Uniti d’America
Le elezioni primarie sono un istituto di ispirazione statunitense. Gli Stati Uniti, infatti, le hanno adottate per primi e le utilizzano tuttora per selezionare la quasi totalità dei candidati a cariche politico-istituzionali. Negli USA le primarie sono uno strumento ormai decisamente consolidato: si può dire, infatti, che siano entrate nella coscienza civile dei cittadini, che vi partecipano costantemente, seppur con affluenza e risultati piuttosto alterni.
Dunque, l’esperienza americana relativa a questo istituto risulta essere il metro di paragone più rilevante per ogni ipotesi di introduzione del medesimo all’interno del sistema politico di altri paesi.
Innanzitutto, occorre evidenziare la forte somiglianza del contesto politico italiano, attualmente presente, e quello statunitense, in cui furono introdotte le elezioni primarie. Entrambi, infatti, sono caratterizzati, da un lato da un forte distacco tra partiti e base elettorale, dall’altro da forti oligarchie, presenti all’interno di queste associazioni, interessate più al consolidamento del potere che all’apertura nei confronti delle nuove domande sociali; inoltre, all’interno dei due diversi “background” storico-politici, il sistema di selezione del personale politico risulta prevalentemente controllato dalle dirigenze dei partiti, senza possibilità di partecipazione dei cittadini e della base delle stesse associazioni politiche.
Dunque, come avviene attualmente in Italia, anche negli Stati Uniti degli anni ’10 del ‘900 si sviluppò un movimento di riforma, che mirava all’introduzione di meccanismi di scelta dei candidati, maggiormente improntati ai principi di democraticità e più aperti alla partecipazione degli elettori. Questo passaggio, infatti, era ritenuto fondamentale all’interno di un ampio progetto di riforma dei modelli e delle dinamiche di partito, che aveva come obiettivo il raggiungimento di livelli di maggiore partecipazione popolare nel sistema politico-istituzionale americano.
Inoltre, i sostenitori americani dell’istituto delle elezioni primarie ritenevano che “i candidati migliori” potessero emergere solamente attraverso una competizione su larga scala: all’interno di una consultazione preliminare degli elettori, infatti, sarebbero state possibili sia la partecipazione di “outsiders” non vicini alle nomenclature di partito, sia la valorizzazione delle caratteristiche di competenza e professionalità dei soggetti.
Non sorprende che, anche nel contesto americano, l’ipotesi di introdurre un sistema di elezioni primarie abbia subito forti opposizioni da parte delle organizzazioni di partito. Infatti, questo meccanismo fu subito considerato un efficace strumento all’interno dei processi di mutamento nei rapporti interni alle diverse associazioni: questo poteva, dunque, portare ad una vera e propria rivoluzione dei modelli di partito, imponendo loro una maggiore apertura nei confronti di elettori, militanti e semplici sostenitori, a discapito delle forti oligarchie, precedentemente consolidatesi. Come si può notare, effettivamente, sono forti le assonanze fra il sistema italiano attuale e quello statunitense dell’epoca. In realtà, non si possono dimenticare le forti differenze, che dividono nettamente i due contesti politici. Innanzitutto, il sistema istituzionale americano, di tipo federale e presidenziale, era ed è caratterizzato dalla presenza molte cariche a carattere monocratico e, ove gli organi risultino a carattere collegiale, da sistemi elettorali di natura maggioritaria. Inoltre, la dialettica partitica era ed è caratterizzata da un forte bipartitismo e da una forte decentralizzazione delle organizzazioni, con la conseguente emersione della fondamentale importanza che la personalità dei candidati possiede all’interno del confronto politico: dunque, in un simile contesto, molto diverso da quello italiano, caratterizzato da forte contrapposizione ideologica e da grande frammentazione fra le forze politiche, risultava decisamente più agevole l’introduzione di meccanismi di maggiore partecipazione dei cittadini alla selezione delle candidature e di strumenti di maggiore collegamento fra candidati, base del partito ed istanze territoriali.
Decisamente peculiari sono, inoltre, le modalità di realizzazione pratica delle elezioni primarie americane, che si connettono alle caratteristiche particolari del relativo sistema politico-istituzionale.
Innanzitutto, sono previste elezioni primarie per la quasi totalità delle candidature a cariche istituzionali, sia a livello nazionale, sia a livello locale. Infatti, esse sono utilizzate per la scelta dei candidati per la Presidenza degli Stati Uniti, per il Congresso e per gli organi monocratici e collegiali, presenti nell’organizzazione istituzionale dei vari Stati, fra cui il Governatore e il Congresso statali.
La regolazione di questo istituto risulta essere di impronta pubblicistica, essendo generalmente regolati da leggi Statali, con interventi del Congresso e della Corte Suprema per chiarire, in modo più preciso, i principi fondamentali cui queste regolazioni devono ispirarsi.
In generale, le primarie statunitensi si svolgono in un arco temporale piuttosto ampio: ad esempio quelle per la designazione dei candidati alla Presidenza si apre a gennaio per chiudersi in agosto, con le “Conventions” di partito, che designano ufficialmente i contendenti.
Questo elemento è, decisamente, una particolarità del sistema statunitense di elezioni primarie; infatti, la distribuzione temporale delle consultazioni delle diverse aree della federazione ricopre un importanza fondamentale, in quanto gli Stati che svolgono le elezioni per primi risultano decisamente avvantaggiati, rispetto agli altri. Essi possono, infatti, ottenere una visibilità mediatica molto superiore e dare indicazioni importanti sul generale consenso, di cui gode un candidato. Invece, gli stati consultati in momenti successivi sono sottoposti ad una notevole serie di penalizzazioni e rischi: possono essere fortemente influenzati dai risultati delle precedenti votazioni; possono partecipare ad elezioni con un numero ridotto di candidati, in quanto alcuni potrebbero essersi ritirati per gli insuccessi precedenti; rischiano, addirittura, di compiere le procedure elettorali a primaria ormai decisa, senza possibilità di influire seriamente sul risultato: il candidato prevalente potrebbe, infatti, aver già ottenuto i voti necessari per ottenere la designazione.
Anche le modalità di realizzazione delle consultazioni sono molto diverse tra i vari Stati. Essi, infatti, sono liberi di adottare vere e proprie elezioni primarie, o “caucuses”. Questi ultimi sono originali assemblee di cittadini, perlopiù sostenitori, o di delegati di questi ultimi; in esse, si realizza un vero e proprio confronto fisico: i partecipanti si dividono in gruppi, cercano di convincere gli indecisi e alla fine si contano, risultando prevalente il candidato avente il gruppo di sostenitori più folto. Le stesse elezioni primarie sono disciplinate in modo molto vario, all’interno dei diversi Stati.
In generale, però, negli USA, il problema soggettivo dell’elettorato passivo all’interno della consultazione, è risolto dal fatto che gli elettori si registrano volontariamente e possono dichiarare il proprio sostegno ad un partito o iscriversi come indipendenti: non si presentano, dunque, tutti i problemi di rispetto della segretezza del voto e della “privacy” degli elettori, che le primarie pongono in relazione al caso italiano. In ogni caso, prevalgono le primarie chiuse, cioè limitate agli elettori registrati come sostenitori del partito, ma sono presenti anche primarie semiaperte, cui partecipano sostenitori ed indipendenti, ed aperte, cui potenzialmente possono partecipare tutti i cittadini registrati come elettori.
Gli stessi sistemi elettorali variano da Stato a Stato: possono comprendere anche doppi turni e le consultazioni possono riguardare contemporaneamente entrambi i partiti che svolgono le consultazioni.
Come si può notare, il sistema delle primarie americane risulta molto complesso ed articolato; ormai, si può sostenere che esso sia una vera e propria parte essenziale del sistema elettorale americano.
Questo non significa che, all’interno della dottrina americana non si sollevino opinioni decisamente contrarie. Non sono mancate, infatti, osservazioni critiche relativamente all’istituto delle elezioni primarie. Specificamente, esse hanno rilevato alcuni effetti negativi, che, nel tempo, questo strumento di partecipazione hanno avuto sulla morfologia e sulla fisiologia dell’intero sistema politico americano. In particolare, i principali nodi problematici sono stati individuati nei processi di divisione determinati all’interno dei partiti politici e nei fenomeni di eccessiva personalizzazione della politica.
In generale, comunque, la dottrina prevalente tende ad evidenziare gli effetti positivi dell’istituto, soprattutto in relazione alla maggiore legittimazione del candidato e alla superiore trasparenza dell’intero il procedimento di selezione delle candidature. Tutto ciò ha avuto effetti sicuramente positivi sull’intero sistema partitico americano. Infatti, i partiti sono stati costretti a rispettare maggiormente i principi di trasparenza e di democraticità al loro interno, ponendo al centro delle proprie organizzazioni il cittadino.
Elezioni Primarie per tutti?
Gli effetti positivi, che l’introduzione delle elezioni primarie ha avuto nell’ambito statunitense, soprattutto a livello sistematico, possono far pensare alla possibilità che l’adozione di un sistema simile possa avere le medesime conseguenze, anche in relazione al contesto italiano: infatti, esso necessita proprio di una maggiore apertura verso la base e di una maggiore partecipazione da parte dei cittadini elettori.
In realtà, occorre osservare che le profonde differenze, che sussistono fra i due sistemi politici, impediscono l’introduzione pedissequa di un meccanismo così particolare e complesso, quali sono le elezioni primarie statunitensi.
Ciò non toglie che sia possibile ipotizzare il consolidamento e la regolazione di un sistema di elezioni primarie: ciò dovrà, comunque avvenire con discipline correttamente adattate alle caratteristiche peculiari della realtà italiana. Considerate le caratteristiche positive dell’istituto, soprattutto in relazione alla partecipazione politica dei cittadini, alla trasparenza e alla legittimazione dei candidati, questo intervento potrebbe favorire il processo di riforma dell’intero sistema partitico italiano, che mira ad un suo traghettamento verso lidi di maggiore democraticità.
Le applicazioni, anche recenti, delle Elezioni Primarie in Italia paiono confermare questa tendenza.
Ciò non significa affermare che le Elezioni Primarie siano una panacea o sostenere che esse non presentino problematiche, sia dal punto di vista politico, sia dal punto di vista giuridico.
Le elezioni primarie, infatti, sono una fattispecie complessa, che consta di una notevole quantità di varianti regolative e organizzative; l’adozione di una modalità di realizzazione di questo istituto, piuttosto che un’altra, pone problematiche molto differenti, che devono essere adeguatamente considerate al momento della valutazione delle diverse prospettive regolative. Sarà, dunque, opportuno operare delle distinzioni e delle specificazioni all’interno della categoria delle elezioni primarie, per meglio comprendere le possibilità di strutturazione dell’istituto, con particolare riferimento alle specifiche peculiarità del caso italiano.
Innanzitutto, bisogna distinguere fra primarie private e primarie pubbliche. Le prime sono quelle disciplinate esclusivamente da regolamenti interni dei partiti; i principali esempi di elezioni primarie che si sono verificate in Italia sono di questo tipo. Le seconde, invece, sono regolate da norme legislative, che, dunque, disciplinano specificamente l’istituto, ponendone i principi ispiratori e, in dettaglio, i principali meccanismi di funzionamento; in questo ambito, rientra le Legge della Regione Toscana n. 70 del 2004.
A riguardo, si deve osservare che gran parte della dottrina propende per primarie semplicemente private, al massimo favorite attraverso la cosiddetta “legislazione di contorno”: ciò sarebbe motivato dal rischio che una disciplina legislativa in materia possa tendere ad un eccessiva uniformazione dei modelli di partito e ad una lesione dei principi di autoregolazione dei partiti. Bisogna, però, valutare la difficoltà di riforma che la politica subisce negli ultimi decenni e l’assoluta incertezza delle modalità di regolazione che i partiti adotterebbero nella loro autonoma disciplina, con rischio di grandi difformità all’interno del panorama politico italiano.
A questo punto, però, pare opportuno sottolineare che una disciplina pubblica delle primarie non è affatto esclusa dalla Costituzione e dalla giurisprudenza della Corte Costituzionale, che ha chiarito la legittimità di interventi che tendano alla limitazione della discrezionalità degli organi dirigenti delle associazioni partitiche in relazione alla selezione delle candidature, purché non si risolvano nell’eliminazione dell’importante ruolo, che tali organizzazioni svolgono in questa attività. La regolazione legislativa, inoltre, avrebbe il sicuro pregio di realizzare una disciplina unica, cui i partiti potrebbero ispirarsi, qualora decidessero di utilizzare questi strumenti di consultazione popolare relativa alla selezione delle candidature: tutto questo potrebbe accadere senza creare possibili discriminazioni o svantaggi a seconda di come l’istituto è regolato dall’autonomia privata delle diverse forze politiche.
Inoltre, non necessariamente una regolazione legislativa delle primarie può risolversi in una lesione dell’autonoma delle associazioni partitiche o in un’imposizione di uno specifico schema organizzativo. Infatti, la disciplina può essere concepita come non obbligatoria: la legge porrebbe solamente i principi e le norme regolative della consultazione, senza imporre ai partiti l’adozione dell’istituto. Solo nel caso in cui questi ultimi decidessero autonomamente e liberamente l’indizione di elezioni primarie, la legge troverebbe applicazione. Questa ipotesi regolativa ha il vantaggio di garantire pari condizioni di svolgimento della partecipazione popolare, senza, però, limitare eccessivamente l’autonomia organizzativa delle associazioni partitiche, che resterebbe ampiamente tutelata, essendo queste organizzazioni sempre libere di non svolgere la consultazione: pare, dunque, in grado di superare le critiche che parte della dottrina ha proposto.
Proprio nella direzione considerata sembrano porsi l’unico esempio regolativo delle primarie esistente in Italia, la citata legge della Regione Toscana, e i diversi progetti di legge che sono stati presentati nelle ultime legislature, che mirano all’introduzione dell’istituto, di cui si tratta. Tali schemi normativi propongono regole dettagliate in relazione ai principi e alle modalità, che regolino lo svolgimento delle elezioni primarie: sono, infatti, previste norme relative ai metodi di partecipazione, alla candidabilità, all’individuazione dei seggi e all’istituzione di comitati di garanti, con compiti di vigilanza sull’intero svolgimento della consultazione. La normativa, però, è applicabile solo ove le diverse associazioni volontariamente scelgano di adottare questo metodo per la scelta del personale politico; in questo modo, la disciplina è posta a disposizione delle organizzazioni che se ne vogliano avvalere, ma nel rispetto totale della loro libertà decisionale. Un altro aspetto importante della questione è rappresentato dall’individuazione dell’elettorato, sia dal punto di vista attivo, sia dal punto di vista passivo.
Riguardo al primo, le elezioni primarie possono distinguersi in aperte, cui partecipano tendenzialmente tutti gli elettori, e chiuse, cui partecipano solo gli iscritti al partito. Secondo la dottrina, risulterebbe preferibile che una disciplina pubblicistica conformasse queste consultazioni come aperte. La questione centrale, a riguardo, è il “trade off” tra il rispetto della “privacy” dell’elettore e della segretezza del suo voto e il rischio di “crossing over voting”, cioè della possibilità che i risultati siano falsati dal voto di sostenitori di altre associazioni partitiche. In realtà, esistono molti altri eventi in cui il cittadino esprime delle preferenze politiche al di fuori del momento elettorale, come i finanziamenti privati o la firma a sostegno di candidature. Si può ipotizzare, dunque, una soluzione intermedia tra le primarie chiuse e quelle aperte, le consultazioni semiaperte, che consentirebbero la partecipazione dei soggetti iscritti all’organizzazione e di altri individui, che abbiano espresso in qualche altro modo il sostegno, ad esempio finanziario, al partito o accettino di essere registrati in appositi elenchi, dimostrando di non aver partecipato ad altre consultazioni e di non essere membri di altre associazioni. Questa è la soluzione adottata negli esempi di primarie private che si sono svolte in Italia, in tempi recenti: è probabilmente l’ipotesi regolativa preferibile.
Per quanto riguarda la presentazione delle candidature alle elezioni primarie, invece, si può dire che “un filtro da parte di chi legittimamente detiene il controllo del simbolo e il controllo dell’indirizzo politico del partito paiono ineludibili” (FUSARO). Comunque, è possibile ipotizzare meccanismi diversi, che prevedano la presentazione delle candidature “dal basso” e da soggetti esterni al gruppo dei presentatori, magari prevedendo la necessità del sostegno di un adeguato numero di firme.
In conclusione di questa argomentazione, si può notare come il sistema delle elezioni primarie rappresenti realmente un’importante novità per il sistema partitico italiano, in particolare, relativamente ai processi di elezione di cariche monocratiche, come quelli relativi ai Sindaci e ai Presidenti di Regioni o Province. Sembra, però, che una disciplina elettorale per le Camere, come quella attuale, prevedendo liste bloccate decise abitualmente dalle segreterie di partito e circoscrizioni molto ampie, lasci spazio ad interventi di democratizzazione e di maggiore apertura nella compilazione degli elenchi elettorali.
Dunque, può essere individuato uno spazio per l’introduzione e la regolazione pubblica delle elezioni primarie, con la finalità di raggiungere gli obiettivi appena considerati; sarà, però, necessario il rispetto del ruolo che, comunque, i partiti possiedono nell’attività di scelta del personale politico: la normativa, dunque, non dovrà porre forme di vincoli eccessivi a queste associazioni. Solo una regolazione con queste caratteristiche, infatti, pare essere conforme ai principi posti dalla Costituzione e confermati dalla Corte Costituzionale.
Una simile prospettiva regolativa può essere considerata, in un certo senso, auspicabile. Infatti, la reale valorizzazione degli strumenti di partecipazione dei cittadini alla vita politica del paese, pur nel rispetto dell’autonomia dei partiti, potrebbe essere efficace per avvicinare nuovamente il popolo sovrano ai partiti e alle istituzioni, sconfiggendo quel sentimento antipolitico, che troppe volte è emerso nella ultracentenaria storia dello Stato Italiano e che, molto spesso, è stato causa delle peggiori tragedie che l’hanno caratterizzata.
Milano 20/11/2012
Avv. Edoardo Benassi

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