A- A A+

Estorsione se il datore di lavoro minaccia il licenziamento per ottenere condizioni contrattuali inique

tag  News 

25/02/2022

Imporre trattamenti deteriori poggiando sulla leva della conservazione del posto di lavoro, costituisce comportamento penalmente rilevante

Nel nostro codice penale esiste il reato di estorsione che il codice penale all’articolo 629 così definisce: Chiunque, mediante violenza o minaccia), costringendo taluno a fare o ad omettere qualche cosa, procura a sé o ad altri un ingiusto profitto con altrui danno, è punito con la reclusione da cinque a dieci anni e con la multa da euro 1.000 a euro 4.000.“ In presenza del aggravanti che il codice penale indica espressamente, la pena è fortemente aumentata.

 Più volte la Corte di Cassazione ha affermato il principio di diritto che ravvisa gli estremi dell'estorsione nella condotta del datore di lavoro che, approfittando delle condizioni del mercato del lavoro, costringa il lavoratore subordinato, con minaccia anche larvata di licenziamento, ad accettare trattamenti retributivi deteriori. Il lavoratore richiamando questo principio giurisprudenziale della Corte di legittimità ha fatto ricorso contro la sentenza, sia del Gup che della Corte di appello che aveva assolto il datore di lavoro dal reato di estorsione.

 Il fatto di rilevanza penale è stato ricostruito dal giudice delle indagini preliminari nel seguente modo: il dipendente prestava attività lavorativa oltre l'orario di lavoro, in maniera sostanzialmente ininterrotta (anche per 20 ore al giorno), espletando compiti non inerenti alle sue mansioni, subendo le continue vessazioni aziendali senza che gli fosse corrisposta la retribuzione delle ore lavorative effettivamente espletata. È emerso processualmente che il datore di lavoro aveva posto al lavoratore la seguente alternativa: accettazione dell'esecuzione di ore di lavoro non retribuite o "libertà" di lasciare l'impiego. I giudici di merito avevano ritenuto che questa impostazione datoriale non avesse alcun connotato minaccioso perché il tutto era rimesso definitivamente alla libertà decisionale del lavoratore che poteva o non poteva accettare l’alternativa a lui posta. Per la Corte di appello, che aveva assolto il datore di lavoro, L'alternativa posta dal datore di lavoro,-esecuzione di ore non retribuite a fronte del diritto di andar via- rassegnando le dimissioni, non poteva interpretarsi come minaccia di licenziamento, neppure larvata. La Corte di appello ha così escluso la sussistenza della minaccia "facendo leva sulla possibilità di scelta lasciata al lavoratore dal datore di lavoro, quanto alla possibilità di proseguire nel rapporto di lavoro o di rispettare le (ingiuste) condizione di lavoro, siccome descritte" .

La Corte di Cassazione ha criticato duramente questa decisione della Corte di appello perché "l'argomentazione spesa dai magistrati del gravame non considera che la stessa nozione di minaccia implica proprio che sia rimessa alla vittima del reato la scelta della condotta ultima da adottare, ma nella consapevolezza che ove questa dovesse essere una di quelle rappresentate e pretese del soggetto attivo, si avrebbe la conseguenza del male ingiusto prospettato. Proprio da tale caratteristica, propria della minaccia, discende che l'estorsione è il tipico reato per la cui perpetrazione è richiesta la cooperazione della vittima mediante la coartazione della sua libertà". Il ragionamento della Corte di appello che ha portato all’assoluzione del datore di lavoro imputato è stato ritenuto dalla Corte di Cassazione semplicemente "fallace".

Per la Cassazione è del tutto irrilevante che nelle comunicazioni del datore di lavoro non si minacci esplicitamente il licenziamento ma si dica solo che il lavoratore "è libero di andar via".

La Corte di Cassazione ha ribadito che "integra il delitto di estorsione la condotta del datore di lavoro che approfittando della situazione del mercato a lui favorevole per la prevalenza dell'offerta sulla domanda, costringe il lavoratore, con la minaccia larvata di licenziamento, ad accettare la corresponsione di trattamenti retributivi deteriori e non adeguate alle prestazione effettuate". Il reato si realizza nel "momento in cui il datore di lavoro prospetta la perdita del lavoro, approfittando della naturale condizione di prevalenza che riveste rispetto al lavoratore subordinato e alla strutturale condizione a lui sfavorevole della prevalenza dell'offerta sulla domanda di lavoro".

 Si è in presenza del reato di estorsione per il "fatto che il datore di lavoro coarti il lavoratore nel senso di accettare condizioni di lavoro inique e deteriori dietro la minaccia dell'interruzione del rapporto di lavoro, restando indifferente il contesto socio ambientale e familiare in cui tale coartazione viene attuata". (Cassazione, seconda sezione penale sentenza numero 3724 pubblicata il 2 febbraio 2022).

La Corte di Cassazione ha così annullato la sentenza di assoluzione del datore di lavoro rinviando la causa alla Corte di appello competente in sede civile poiché l'annullamento della sentenza aveva ad oggetto soltanto l'azione civile, rimanendo fermi gli effetti penali della sentenza di assoluzione.

Con questi principi affermati dalla Cassazione, mutate le cose che sono da mutare, non è difficile configurare in tanti comportamenti datoriali che prima facie appaiono essere neutri, il reato di estorsione. Il datore di lavoro occorre che usi cautela nella gestione del personale e nell'assunzione delle sue decisioni sulla gestione dei rapporti di lavoro avendo cura di non porre il suo prestatore d'opera nell'alternativa di dover subire ingiustamente comportamenti ingiusti e di prevaricazione.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Rotonda della Besana, Milano | Hotel St. George Milano

Lo studio.

Lo studio è ubicato nel centro storico di Milano, di fronte alla Rotonda della Besana, ed è adiacente al palazzo di giustizia.
Lo studio é aperto dalle 9.00 alle 13.00 e dalle 14.30 alle 18.30, dal lunedì al venerdì.
L'ubicazione dello studio é utile per le attività avanti tutti gli uffici giudiziari milanesi ( Giudice di Pace, Tribunale, Corte di Appello, Tar Lombardia). 

ACCESSO DAL VOSTRO DOMICILIO AI DATI DELLA VOSTRA PRATICA, OVUNQUE VOI SIATE

17/11/2015    Il nostro studio per rendere sempre più efficienti i suoi servizi, ha attivato a favore dei propri assistiti un sistema di accesso ai dati in remoto. Questo accesso consente al cliente, dalla propria sede o abitazione di consultare il fascicolo con i documenti e i dati giudiziari che si riferiscono alla controversia. In questo modo si  consente al cliente... [Leggi tutto]

AI CLIENTI DELLO STUDIO

  Videoconferenza, piattaforma per videochiamate e chat a distanza ...Per una migliore organizzazione, in termini di efficienza e di assoluta tempestività, per le consultazioni con lo studio, che abbiano carattere di urgenza, vi suggeriamo di usare la videoconferenza. Realizzare un sistema di videoconferenza è estremamente semplice, e a costo zero. Un computer, che abbia un video con le casse incorporate, e il collegamento via internet con banda larga  é tutto quello che occorre. Il sistema consente di avere confronti e colloqui in via immediata, con risparmio di tempo e di costi da parte di tutti. Uno strumento eccezionale per il lavoro e  per il collegamento tra i vostri uffici e lo studio.

L'AVVOCATURA STRUMENTO DEI DIRITTI E DELLA LIBERTA' 

La professione di avvocato incide nel campo della libertà, della sicurezza, della giustizia e, in modo più ampio, sulla protezione dello Stato di diritto. Essa si esercita con autonomia e indipendenza, dignità ed onore, segretezza professionale e lealtà, al fine di tutelare i diritti e gli interessi della persona nei confronti tanto dei privati quanto dei pubblici poteri, contribuendo così alla applicazione delle leggi ed alla corretta amministrazione della giustizia. In una società democratica l’Avvocatura rappresenta un baluardo normativo nella difesa dell’interesse pubblico al perseguimento della giustizia. L’avvocato, dunque, non è mero prestatore di servizi, in un’ottica di puro mercato; il suo é un impegno professionale e sociale, perché al di là del singolo caso concreto, che vede protagonisti le parti del processo, vi sono regole e principi generali che compongo l’ordinamento giuridico, sul cui rispetto è fondata la pacifica convivenza di tutti. Come scriveva l’illustre giurista, e Costituente, Piero Calamandrei: “Molte professioni possono farsi col cervello e non col cuore. Ma l’avvocato no. (…) L’avvocato deve essere prima di tutto un cuore: un altruista, uno che sappia comprendere gli altri uomini e farli vivere in sé, assumere i loro dolori e sentire come sue le loro ambasce. L’avvocatura è una professione di comprensione, di dedizione e di caritàPer questo amiamo la toga: per questo vorremmo che, quando il giorno verrà, sulla nostra bara sia posto questo cencio nero: al quale siamo affezionati perché sappiamo che esso ha servito a riasciugare qualche lacrima, a risollevare qualche fronte, a reprimere qualche sopruso: e soprattutto a ravvivare nei cuori umani la fede, senza la quale la vita non merita di essere vissuta, nella vincente giustizia”. L’avvocato è strumento stesso della giustizia, nella misura in cui avvicina chi ha subito un torto al giudice, che è chiamato a fornire il giusto rimedio di legge. Avv. Paolo Gallo