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La Corte Costituzionale colpisce ancora il jobs act del 2015

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26/07/2020

Il risarcimento dei danni del licenziamento illegittimo per vizi di forma da 2 a 12 mensilità ma svincolato dall'anzianità di servizio

Il Jobs act (decreto legislativo 4 marzo 2015 n.23) ha introdotto, per i licenziamenti dei contratti di lavoro a tempo indeterminato alle dipendenze di aziende con più di 15 addetti, le tutele crescenti. Le tutele crescenti prevedevano un risarcimento del danno a favore del lavoratore illegittimamente licenziato che il giudice doveva quantificare, in modo certo e matematico, in base all’anzianità di servizio, tra un minimo ed un massimo. Quella legge ha poi diversificato le tutele prevedendo una diversa quantificazione del risarcimento del danno nel caso in cui il licenziamento fosse dichiarato illegittimo per motivi di merito (originariamente da 4 a 24 mensilità di retribuzione) oppure per vizi di forma (da 2 a 12 mensilità di retribuzione).

La Corte Costituzionale ha già dichiarato con altra sentenza l’illegittimità della norma nella parte in cui aveva fissato aritmeticamente l’entità del risarcimento dovuto in caso di licenziamento illegittimo nel merito statuendo che, tra il minimo e il massimo delle mensilità, dovesse essere il giudice a quantificare il risarcimento effettivamente dovuto nel caso specifico sottoposto al suo esame. Con questa seconda sentenza del mese di luglio 2020 la Corte Costituzionale, coerentemente con la prima pronuncia, ha affermato che, anche per quanto concerne il licenziamento viziato  solo nella forma (difetto di motivazione della lettera di recesso e violazione della procedura di contestazione di addebito nel licenziamento per motivi disciplinari), la misura del risarcimento del danno non può essere parametrata in modo meccanicistico agli anni di servizio prestato dovendo essere rimessa al potere discrezionale del giudice che sceglierà la più appropriata, tra il minimo e il massimo previsto dalla norma. Per la Corte Costituzionale, “nel rispetto dei limiti minimo e massimo oggi fissati dal legislatore”  ( nel nostro caso da 2 a 12 mensilità) deve essere il giudice a determinare l’indennità tenendo conto innanzitutto dell’anzianità di servizio, che rappresenta la base di partenza della valutazione; “In chiave correttiva, con apprezzamento congruamente motivato, il giudice potrà ponderare anche altri criteri desumibile dal sistema, che concorrono a rendere la determinazione dell’indennità aderente alle particolarità del caso concreto. Ben potranno avere rilievo, a tale riguardo, la gravità delle violazioni, il numero degli occupati, le dimensioni dell’impresa, il comportamento e le condizioni delle parti…”.

Sentenza Corte Costituzionale 16 luglio 2020 n.150.