08/07/2020
Un dipendente, guardia giurata in servizio presso la società Il Notturno s.a.s. di M.T., assegnato ad un turno di lavoro notturno con luogo di piantonamento itinerante su cantiere con l'utilizzo di un'auto di servizio collegata al centro operativo anche mediante sistema satellitare, si era allontanato senza autorizzazione dall'area a lui assegnata per la vigilanza.
Il tribunale, pur riconoscendo veritiera la ricostruzione dei fatti fornita dall'azienda aveva accolto l'impugnazione perché aveva ritenuto i fatti contestati non idonei a ledere il vincolo fiduciario tra lavoratori e datori di lavoro.
La Corte d'appello di Napoli ha ribaltato la sentenza del giudice di primo grado ed ha affermato che il fatto di rilevanza disciplinare contestato al lavoratore è stato l'abbandono del posto di lavoro; il lavoratore nell’occasione aveva avuto un incidente stradale in un luogo, "oltremodo distante" dal luogo dove doveva trovarsi, non aveva chiesto l'autorizzazione ad allontanarsi dal sito che doveva vigilare. La violazione dei doveri connessi dell'abbandono del posto di lavoro è tipizzata dal contratto collettivo tra le cause che legittimano il licenziamento per giusta causa ex art. 140 secondo comma C.C.N.L. dei dipendenti dell'istituto di vigilanza privata. Per l’abbandono del posto di lavoro occorrono due elementi, uno di carattere oggettivo, in base alla quale deve identificarsi il concetto di abbandono nel totale distacco dal bene da proteggere, e un'altra, di carattere soggettivo, consistente nella coscienza e volontà dell'agente di voler realizzare la condotta incriminata, restando irrilevante il motivo dell'allontanamento.
Per la cassazione di tale sentenza la guardia giurata ha proposto ricorso.
La Corte Suprema di C assazione ha rigettato il ricorso perché nel caso sottoposto al suo esame doveva essere richiamato l'orientamento interpretativo già espresso dalla stessa corte in fattispecie analoghe. È stato infatti affermato (Cass. n. 15441 del 2016) che, a norma dell'art. 140 del CCNL Istituti di vigilanza privata, la più grave fattispecie giustificativa del licenziamento rispetto alla ipotesi dell'allontanamento momentaneo non può essere fatta discendere dal fine perseguito dal lavoratore piuttosto che dalla coscienza e volontà di sottrarsi temporaneamente all'adempimento delle proprie obbligazioni. Si è sottolineato che l'abbandono del posto di lavoro presenta una duplice connotazione, soggettiva ed oggettiva. Sotto il profilo oggettivo rileva l'intensità dell'inadempimento agli obblighi di sorveglianza, dovendosi l'abbandono identificare nel totale distacco dal bene da proteggere (o, se si vuole, nella completa dismissione della condotta di protezione).
Costituiscono elementi di valutazione della condotta del dipendente in generale, l'idoneità dell'inadempimento del lavoratore a pregiudicare le esigenze di prevenzione proprie del servizio svolto. La stessa durata nel tempo della condotta contestata deve essere apprezzata non già in senso assoluto, ma in relazione alla sua possibilità di incidere sulle esigenze del servizio (v. sent. cit., nonché Cass. n. 7296 del 1998 e n. 5804 del 1987), dovendosi invece escludere che l'abbandono richieda una durata protratta per l'intero orario residuo del turno di servizio svolto. Tale apprezzamento, poi, deve essere compiuto con giudizio ex ante, relativo al momento dell'inadempimento e non già ex post, alla luce del concreto verificarsi dei fatti, che resta del tutto estraneo alla sfera di intervento e controllo del dipendente. Sotto il profilo soggettivo l'abbandono richiede un elemento volontaristico consistente nella semplice coscienza e volontà della condotta di abbandono (nel senso qui definito), indipendentemente dalle finalità perseguite, e salva la configurabilità di cause scriminanti (v. in tal senso, Cass. n. 15441 del 2016, con cui questa Corte ha cassato con rinvio la sentenza di appello che aveva ritenuto sussistente non l'abbandono del posto di lavoro, ma l'allontanamento da esso, da parte di una guardia giurata che si era recata ad acquistare un giornale a circa cinquecento metri di distanza, lasciando incustodito, in orario diurno e per poco più di cinque minuti, l'ingresso pedonale del perimetro aziendale).”
Nel caso in esame, per la corte di cassazione, la Corte di appello “ha fatto corretta applicazione di tali principi, laddove ha evidenziato il carattere volontario dell'allontanamento senza previa autorizzazione, l'idoneità dello stesso a pregiudicare l'effettività della tutela del bene da proteggere e la sostanziale irrilevanza della durata dell'allontanamento (valutata ex ante e non ex post, per come gli eventi si svolsero in concreto).”
Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 18 febbraio – 1° luglio 2020, n. 13410