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Nella procedura di licenziamento collettivo occorre indicare in modo specifico i criteri di scelta del personale che si licenzia

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11/04/2019

Questa indicazione deve consentire la trasparenza della procedura anche nell’interesse del lavoratore licenziato

L’azienda intima il licenziamento nell’ambito di una procedura di riduzione del personale ai sensi della legge sul licenziamento collettivo del 1991. La corte di appello, riformando la sentenza del tribunale, ha condannato il datore di lavoro al pagamento dell’indennità risarcitoria in misura pari a 24 mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto percepita, oltre accessori. La corte di appello ha accolto la domanda del lavoratore perché ha ritenuto non assolto l'obbligo della società, ai sensi dell'art. 9 comma 4, di puntuale indicazione delle modalità di applicazione dei criteri di scelta; la comunicazione finale, anche integrata dai documenti ad essa allegati, risultava inidonea, in relazione al profilo del lavoratore licenziato, di impiegato tecnico, a dare conto degli specifici elementi che avevano, in concreto, orientato la scelta, cosi che risultava impedita la possibilità di controllo della correttezza procedimentale cui la comunicazione stessa era finalizzata.

La Cassazione ha confermato la correttezza della sentenza perché “la comunicazione ex art. 4 comma 9 della legge nr. 223 del 1991, anche in presenza di criteri stabiliti in sede di accordo sindacale, non può limitarsi ad una presa d'atto degli stessi ma deve indicare il modo in cui quei criteri sono stati applicati cosi da soddisfare un livello di adeguatezza idoneo a mettere in grado il lavoratore di comprendere per quale ragione e sulla base di quali criteri di scelta (siano essi legali o convenzionali) lui, e non altri colleghi, sia stato posto in mobilità o licenziato e quindi di poter contestare il recesso datoriale. “

Questa verifica resta un momento centrale della procedura.

La norma per la Cassazione è “finalizzata alla tutela non solo di interessi delle organizzazioni sindacali, ma anche dell'interesse pubblico, correlato alla occupazione in generale ed ai costi della mobilità, e dell'interesse dei lavoratori alla conservazione del posto di lavoro ( così Cass., sez. un. nr. 302 del 2000 : la procedura ex legge nr. 223 del 1991 è posta a «tutela, oltre che degli interessi pubblici e collettivi, soprattutto [...] dei singoli lavoratori coinvolti»); tra le posizioni soggettive in conflitto primeggia, evidentemente, il diritto soggettivo al posto di lavoro dei dipendenti indicati come eccedentari, il cui sacrificio è consentito soltanto nel rispetto di tutte le componenti regolate dalla legge, vuoi sostanziali vuoi procedimentali. “

Cassazione Sentenza . Sez. Lavoro n.. 10047 Anno 2019. Data pubblicazione: 10/04/2019.