28/04/2017
Un lavoratore, licenziato per giusta causa, si rivolge alla Corte di Cassazione deducendo che l’esser stato sottoposto, per motivi legati ad accertamenti sanitari, ad un pedinamento da parte di una agenzia investigativa integrava un comportamento in contrasto con il dettato dell'art. 5 dello statuto dei lavoratori.¨Comunque, qualora non avesse potuto trovare applicazione l’articolo 5 dello statuto dei lavoratori, avrebbe dovuto farsi applicazione dell'art. 8 della medesima legge, secondo cui è vietato al datore di lavoro nel corso dello svolgimento del rapporto di lavoro, di effettuare indagini, anche a mezzo di terzi, su fatti non rilevanti ai fini della valutazione dell'attitudine professionale del lavoratore.
La Corte di Cassazione, esaminando questo profilo dedotto dal lavoratore, lo ha respinto affermando che “... va esaminata la censura relativa alla violazione degli artt. 5 e 8 dello statuto dei lavoratori, atteso che le contestazioni formulate nei confronti del C. traevano origine dagli accertamenti effettuati dalla società datrice di lavoro tramite agenzia investigativa. Questa Corte ha affermato, con orientamento al quale si intende dare continuità (Cass., n. 6236 del 2001), che le disposizioni dell'art. 5 della legge n. 300 del 1970, non precludono che le risultanze delle certificazioni mediche prodotte dal lavoratore, e in genere degli accertamenti di carattere sanitario, possano essere contestate anche valorizzando ogni circostanza di fatto - pur non risultante da un accertamento sanitario - atta a dimostrare l'insussistenza della malattia o la non idoneità di quest'ultima a determinare uno stato di incapacità lavorativa, e quindi a giustificare l'assenza.¨È, altresì, naturalmente insito in tale giurisprudenza il riconoscimento della facoltà del datore di lavoro di prendere conoscenza di comportamenti del lavoratore, che, pur estranei allo svolgimento dell'attività lavorativa, sono rilevanti sotto il profilo del corretto adempimento delle obbligazioni derivanti dal rapporto di lavoro. In particolare, questa Corte si è già pronunciata in relazione a un caso in cui, di fatto, la ricerca degli elementi utili a verificare l'attendibilità della certificazione medica inviata dal lavoratore era stata compiuta da un'agenzia investigativa incaricata dal datore di lavoro (Cass. n. 3704/1987, cit.).Né, nel caso di specie, l'agenzia investigativa sconfinava nella vigilanza dell'attività lavorativa vera e propria, riservata, dall'art. 3 dello Statuto, direttamente al datore di lavoro e ai suoi collaboratori (cfr., Cass., n. 4984 del 2014), e la fattispecie esula dall'ambito di cui all'art. 8 della legge n. 300 del 1970”. (Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza n. 25162/14; depositata il 26 novembre).
Dalla lettura della sentenza si evince con tutta evidenza che la certificazione medica prodotta dal lavoratore non è una certificazione assolutamente inattaccabile. In situazioni che presentano una certa criticità il datore di lavoro ben può ricorrere ad attività di controllo esterno ricorrendo anche ad agenzie investigative.
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