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Il gps costituisce una modalità indebita di controllo a distanza, licenziamento ingiustificato

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza n. 19922/16; depositata il 5 ottobre

Joan Miró | Fondation BeyelerSpesso accade che le aziende installino sui veicoli aziendali dei gps che consentono di verificare, in modo invasivo il tragitto e le soste del prestatore d’opera nel rendere la sua prestazione lavorativa. In questo caso sottoposto alla Corte di Cassazione, che tratta della prestazione lavorativa di una guardia giurata nei suoi servizi di sorveglianza, si addebitava al lavoratore di avere registrato nel rapporto di giro alcune ispezioni che in realtà non erano state da lui effettuate perché il veicolo risultava altrove nell’orario Indicato come rilevato dal sistema satellitare gps installato nella vettura; in altri casi era stato punzonata una sola posizione mentre i punti che il lavoratore doveva controllare erano più di uno.

L’azienda ha intimato il licenziamento disciplinare. Il tribunale e la corte di appello hanno ritenuto il licenziamento illegittimo. La questione è finita, per ricorso del datore di lavoro, avanti la Corte di Cassazione che ha confermato la sentenza con l’argomentazione  che vi riportiamo sui controlli a distanza e sui controlli difensivi. 

Argomenta la Corte di Cassazione: “Il motivo non appare fondato per tre, concomitanti, ragioni che escludono che si possamp ritenere legittimi i controlli effettuati in quanto "a carattere difensivo". In primo luogo perché il sistema di controllo attraverso gps istallato sulle vetture in uso ai dipendenti della azienda è stato predisposto ex ante ed in via generale ben prima che si potessero avere sospetti su una eventuale violazione da parte del lavoratore M. ; si tratta invece di un meccanismo generalizzato di controllo, come emerge anche dal ricorso, che unitamente al sistema patrol manager che era in uso nell’azienda indipendentemente da sospetti o reclami di clienti; i sindacati avevano autorizzato tale sistema per ragioni di sicurezza in quanto richiesto dalla Questura di Rovigo presumibilmente anche nell’Interesse dell’incolumità dei lavoratori, ma si era escluso che lo stesso potesse essere utilizzato per controllare la loro attività lavorativa. In secondo luogo questa Corte ha già affermato il principio che si condivide e cui si intende dare continuità secondo il quale "l’effettività del divieto di controllo a distanza dell’attività dei lavoratori richiede che anche per in cosiddetti controlli difensivi trovino applicazione le garanzie dell’art. 4 secondo comma legge n 300/70; ne consegue che, se per l’esigenza di evitare attività illecite o per motivi organizzativi o produttivi, il datore di lavoro può installare impianti o apparecchi di controllo che rilevino anche dati relativi alla attività lavorativa dei dipendenti, tali dati non possono essere utilizzati per provare l’inadempimento contrattuale del lavoratori medesimi" (Cass. n 16622/2012; cfr. nonché in senso conforme Cass. n. 4375/2010). In terzo luogo appare evidente che il controllo permesso dal sistema gps sulle autovetture della società permetteva un controllo a distanza dell’ordinaria prestazione lavorativa, non la tutela di beni estranei al rapporto di lavoro; non si può, infatti accedere, alla tesi per cui fossero in gioco il patrimonio e l’immagine dell’azienda posto che eventuali pregiudizi agli stessi sarebbero in realtà derivati solo dalla non corretta esecuzione degli obblighi contrattuali e non già da una condotta specifica quale appropriazioni indebite del patrimonio aziendale, furti, lesione della riservatezza di dati societari etc. Diversamente opinando si finirebbe per estendere senza ogni ragionevole limite il concetto di controlli "difensivi" perché quasi sempre la violazione degli obblighi contrattuali dei dipendenti può generare danni alla società (ed alla sua reputazione) che però costituiscono il "rischio naturale" correlato all’attività Imprenditoriale che la legge non consente di limitare attraverso sistemi invasivi della dignità dei lavoratori e comunque senza autorizzazione sindacale.”

(Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza n. 19922/16; depositata il 5 ottobre).

 

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